Vittorio D’Onofrio ha 22 anni, vive nel nord della Sardegna, in un posto bello ma che “devi vederlo d’estate, altrimenti ti prende la tristezza”. Quattro anni fa si è inventato un lavoro che in Italia praticamente non esisteva, ha iniziato a farlo e adesso vive di quello. E vive decisamente bene.
D’Onofrio è quello che si definisce un dropshipper: semplificando (molto), acquista e rivende oggetti online. E visto che di dropshipping si parla ormai moltissimo, su Internet, sui social network, fra giovani e giovanissimi, e che sembra una strada sicura e relativamente semplice verso il successo e la ricchezza, dopo averne scritto (qui) abbiamo pensato di chiedere a lui come funziona, quali sono i rischi, quali sono i trucchi per farcela e le cose cui stare attenti. Anche per capire se sia davvero facile come appare. Cosa che decisamente non è: “Dai social si ha questa percezione, ma servono molto impegno e tanto sacrificio”.


Come hai iniziato a fare dropshipping?
"Dopo il diploma da perito tecnico-industriale, la strada che avevo davanti era una: studiare Economia all’università e seguire le orme di mio padre. Però non è che mi piacesse molto, volevo qualcosa di diverso e soprattutto volevo trovare un lavoro che non mi costringesse a fare sempre le stesse cose tutto il giorno e tutti i giorni. Era il 2018, mi sono guardato intorno e ho notato che online si iniziava a parlare di dropshipping: negli Stati Uniti c’erano ragazzi della mia età che compravano cose su AliExpress e poi le rivendevano su eBay, magari con un ricarico del 200%. E quindi ho deciso di provarci, di monetizzare la mia passione per l’economia e la tecnologia".
È stato facile iniziare?
"Non tanto: ho chiesto ai miei genitori un anno di tempo per vedere se ce l’avrei fatta, spiegandogli che volevo creare un mio business ma senza chiedere soldi a loro. Ho trovato un socio che mi ha aiutato con l’investimento iniziale, poco più di un migliaio di euro per pagare Shopify (per creare il negozio online, ndr) e per avviare le prime campagne di marketing".
Serve la Partita IVA, tu l’avevi già?
"No, perché all’epoca le regole erano molto diverse, più blande: il mercato stava nascendo e in Italia se ne sapeva ancora poco e non si sapeva come regolamentarlo. Adesso non sarebbe più possibile, e questa è una cosa importante da sottolineare: senza Partita IVA, questo lavoro non si può fare".
Dici così perché serve per pagare le tasse?
"Ovviamente per quello, ma anche per un altro motivo: oggi ci sono due regimi fiscali cui è necessario iscriversi, si chiamano IOSS e OSS (l’Agenzia delle Entrate li spiega qui, ndr), si distinguono a seconda che si vendano beni d’importazione oppure no. Se non ci si iscrive, la merce proprio non viaggia, resta bloccata in dogana o comunque non viene consegnata al cliente. Rendendo vano lo scopo dell’attività".
C’è un modo legale di fare dropshipping senza Partita IVA?
"Ce n’è uno, e lo usiamo con alcuni dei nostri collaboratori: si appoggiano a quella della mia società (che si chiama Web Agency Plus, ndr), vendono attraverso di noi con ritenuta d’acconto e l’attività figura come lavoro occasionale. Ovviamente noi tratteniamo parte dei profitti per offrire questo servizio".
Hai detto collaboratori, ma intendevi studenti del tuo corso?
"Sì e no: diversamente da altri attivi in questo settore, non abbiamo un vero e proprio corso ma ho creato quella che mi piace chiamare accademia, dove cerchiamo di formare le persone che vogliono entrare in questo campo, iniziando con lo spiegare loro che non è una passeggiata e non è tutto facile. Alcuni li tengo con me per vendere in qualche modo insieme".
Quanti studenti avete?
"Circa 600, di cui un centinaio che collaborano con la formula della ritenuta d’acconto: hanno seguito le lezioni online partendo da Ecommerce Formula e in caso di necessità sono assistiti da me e da 4 tutor".

Qualche consiglio pratico: per i fornitori, quale piattaforma scegliere?
"I siti cui ci si appoggia sono fondamentali per semplificare il lavoro, e quindi anche la vita: per esempio, ce ne sono alcuni in cui la spedizione dev’essere fatta manualmente dopo l’ordine e altri che la fanno partire in automatico, prelevando i soldi necessari da un wallet prepagato. Il mio consiglio è di evitare AliExpress, che è una piattaforma rivolta ai consumatori e non alle imprese e da cui è praticamente impossibile avere le fatture di quello che si acquista, e invece puntare su siti come CJ Dropshipping o Yakkyofy, che fra l’altro ha l’opzione per il pagamento della merce in contrassegno alla consegna. Che in Italia è una cosa rassicurante".
E per allestire il sito, quali strumenti usare?
"Il bello di questo lavoro è anche essere liberi, non dover stare sempre online, davanti al computer, a gestire gli ordini e a risolvere problemi. Dunque, meglio scegliere piattaforme che semplifichino la vita: lascerei perdere Amazon, sia perché è più complicato partire sia perché tendono a pagare dopo 3-4 settimane, riducendo il flusso di cassa, che per questo business è fondamentale. Sarebbe meglio avere un sito proprio, ma per iniziare vanno benissimo WooCommerce, la sezione di WordPress dedicata all’ecommerce, oppure Shopify, che è davvero facile da usare e con appena 5 euro al mese permette di avere un sito ben fatto, con tanti template da cui scegliere e anche l’integrazione con i social e WhatsApp".
Ma quanto ci si può aspettare di guadagnare?
"Se si pensa iniziare e fatturare subito 5mila euro al giorno, si parte col piede sbagliato: non è così che funziona e non sono questi i risultati che ci si può realisticamente attendere. La prima cosa da capire è che non si riduce tutto a compro una cosa qui, la rivendo lì al doppio del prezzo e guadagno: serve una mentalità imprenditoriale, è necessario stare attenti a tutto, capire bene le entrate e le uscite che ogni prodotto genererà e causerà, farsi bene i conti. Ed essere in regola dal punto di vista normativo. Questo intendo, quando dico che “servono molto impegno e tanto sacrificio”, e questo spiego alle persone che lavorano con me, a chi muove i primi passi, ai chi ascolta le mie lezioni e ai collaboratori".
Va bene, ma tu quanto guadagni?
"Fatturo circa 100mila euro al mese, alcuni mesi di più e altri poco di meno. La cosa importante è che ho un margine del 40% circa, parecchio più alto rispetto alla media di chi fa dropshipping. Riesco a farlo per varie ragione: ho ridotto al minimo i costi pubblicitari, uso fornitori quasi tutti italiani, cosa che ha tagliato decisamente le spese di spedizione, e permetto il pagamento in contrassegno, che da un lato rende le persone più disposte a spendere e dall’altro mi evita di lasciare fette delle entrate a PayPal o ai circuiti delle carte di credito. Magari sono pochi centesimi per ordine, ma messi tutti insieme sono soldi che se ne vanno".

Hai tanti dipendenti?
"Nessuno, perché le persone che lavorano a più stretto contatto con me preferiscono essere a Partita IVA e venire pagate a prestazione: i tutor a seconda delle ore che passano con gli studenti, i venditori in base alle vendite. Guadagnano di più che se avessero uno stipendio fisso mensile".
Insomma: sei come Aranzulla…
"Magari. In realtà a breve assumerò, perché sto per aprire un’altra società, sempre in questo campo, in cui mi servirà aiuto fisso e continuativo. Ma per ora va bene così".