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Il caso

Cos’è Post.news, il social anti Twitter finanziato dai big della Silicon Valley

Cos’è Post.news, il social anti Twitter finanziato dai big della Silicon Valley
Una nuova piattaforma, creata dall’ex numero uno di Waze. Per chi ha visto la sua versione beta, sembra simile a Twitter. Ma con un focus sui media e sui micropagamenti.
3 minuti di lettura

Un nuovo social. Un nuovo concorrente nel Risiko degli anti Twitter. È nato da poche settimane ma si è presentato con le carte in regola per ritagliarsi uno spazio nella nuova geografia delle reti sociali. Si chiama Post.news (o Post). Lo ha fondato l’ex amministratore delegato di Waze, Noam Bardin, 51 anni, che ha guidato l’app per muoversi nel traffico tra il 2009 e il 2021. Un imprenditore di lungo corso del panorama della digital economy mondiale.

Post.news al momento è un sito. Meglio, è una lista d’attesa per poter scaricare un’app in versione beta che al momento hanno visto in poche decine di migliaia di persone. Ma ciò che ha attirato l’attenzione dei media statunitensi è che come primo finanziatore ha Andreessen Horowitz. Uno dei fondi di venture capital più importanti della Silicon Valley. Per intendersi, è il primo fondo ad aver investito in Facebook, Instagram, Pinterest, Slack e Coinbase. L’impressione è che quando Andreessen Horowitz (o A16z) si muove, qualcosa sta per succedere. E l’investimento (segreto) in Post.news stuzzica le fantasie degli esperti del settore.

 

Un’app lanciata in fretta: focus sui media e i micropagamenti

Secondo Techcrunch, Post.news sarebbe stato lanciato in fretta e furia in versione beta a metà novembre. Chi ha avuto modo di vedere il suo funzionamento lo descrive come una piattaforma simile a Twitter - e quindi a Mastodon, il suo principale alter ego al momento: ci sono i like, i retweet, si possono seguire gli account che si ritengono più interessanti. Non avrebbe funzioni come i messaggi diretti, o la possibilità di inserire immagini nei post. Ma si tratta sempre di una versione beta.

Ma ciò che fa la differenza tra Post, Twitter, Mastodon, o Hive, è che questo social (non è nemmeno del tutto sicuro si tratti effettivamente di un social, ma per ora lo si può definire così) è strettamente legato al mondo delle notizie, dei media e dei contenuti premium offerti dalle testate giornalistiche.

Post.news nasce come piattaforma per “accedere ai contenuti giornalistici premium, senza abbonamenti o pubblicità”. Chi vi accede, potrà comprare quindi singoli articoli invece che abbonamenti. Per poi discuterli, commentarli, interagire con chi ha scritto l’articolo o con la testata che lo ha pubblicato. Un’alternativa all’abbonamento. Un modo per accedere a contenuti che si ritengono interessanti, senza legarsi alla testata con abbonamenti mensili o annuali. Una vecchia sfida dell’editoria mondiale, finora esplorata con qualche difficoltà.

 

Opinioni discordanti, tra entusiasmo e scetticismo

Non sono in molti ad aver usato l’app. Chi lo ha fatto si divide tra entusiasmo e scetticismo, come spesso accade in questi casi. Al momento per iscriversi tocca mettersi in lista d’attesa (200 mila le richieste, al momento, circa 400 mila gli iscritti secondo quanto riportato dai media americani). Gli entusiasti dicono che si tratta di un bel prodotto, che va al di là dell’idea stessa di app. Gli scettici sostengono si tratti della vecchia idea di applicare i micropagamenti al mondo dell’editoria, un progetto già tentato, e più volte fallito.

Sul sito Post.news c’è un messaggio del suo fondatore. Scrive Bardin: “Credo che il giornale del futuro sia un feed. Voglio che sia di facile accesso per gli utenti. E remunerativo per gli editori”.

Poi, quello che sembra un manifesto del suo social: “Post sarà un luogo civile per discutere di idee, imparare da esperti, giornalisti, creatori individuali e gli uni dagli altri, conversare liberamente e divertirsi. Molte delle piattaforme odierne basate sugli annunci pubblicitari si basano sulla cattura dell'attenzione ad ogni costo, seminando il caos nella nostra società, amplificando gli estremi e mettendo a tacere i moderati. Post è stato progettato per ridare voce alla maggioranza emarginata; ci sono abbastanza piattaforme per gli estremisti, e non possiamo cedere loro la piazza della città”. Il che suona come una candidatura a essere davvero un anti Twitter. O, più in generale, un anti social.

 

L’attenzione non va più catturata costi quel che costi

I social per come li conosciamo sono stati costruiti per attirare l’attenzione. Tenere gli utenti più a lungo possibile sulla piattaforma, farli interagire, incollarli allo schermo se è possibile. È una vecchia accusa nei confronti dei loro algoritmi, sintetizzata nel celebre “Dieci ragioni per cancellare subito i tuoi account social” di Jaron Lanier. I social sono così dal loro primo giorno.

E sono così anche nell’epoca di TikTok, il cui merito più grande è quello di aver creato un algoritmo di raccomandazione (il motore che ci suggerisce cosa guardare, e cosa guardare dopo quello che si è guardato) perfetto. Superiore a tutti quelli finora in possesso dai colossi dei social media.

È piuttosto prematuro giudicare Post. Bisognerà attendere che la parte di sviluppo dell’app sia terminata. E poi vederla all’opera. Ma il progetto merita attenzione. In primo luogo per chi lo ha creato, che è un imprenditore di lungo corso della digital economy mondiale. Ma anche per chi lo ha finanziato.

A16z, Andreessen Horowitz, è anche finanziatore dell’operazione Twitter da parte di Elon Musk (400 milioni messi sul piatto dal fondo). Venture capital del suo calibro se ne contano sulle dita di una mano. A livello globale. L’interesse per i social e il loro futuro (la loro evoluzione) è stato sempre un marchio di fabbrica di Andreessen Horowitz. Hanno investito in Facebook quando nessuno ci credeva.

L’ultimo in ordine di tempo è l’investimento in Clubhouse. Che può risultare quello più azzardato di tutti nel settore, ma comunque è stato capace di individuare un’evoluzione dei social, che si avviavano ad aprirsi alla voce, ai podcast, alla condivisione di messaggi vocali. Il futuro dell’informazione è una delle direttrici di sviluppo delle piattaforme. È quello che in qualche modo sta già facendo Elon Musk con la sua Twitter 2.0. Ed è quello che farà Post.news. Qualunque sarà l’effetto nel breve, traccia una strada nel medio e lungo periodo.