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Manovra

La sanatoria sulle criptovalute può valere tre miliardi. Ma sarà difficile ottenerli

La sanatoria sulle criptovalute può valere tre miliardi. Ma sarà difficile ottenerli
Secondo Chainanalysis in Italia ci sono 90 miliardi di euro in asset digitali. 2,7 i ricavi nel 2021. Un settore finora che è prosperato senza troppe regole né fisco
2 minuti di lettura

Tre miliardi. Uno e mezzo dalla sanatoria. Il resto tra plusvalenze, anni da regolarizzare per il possesso e la compravendita di criptovalute. È quanto potrebbe arrivare nelle casse dell’erario con la sanatoria sugli asset digitali. “Cripto-attività”, come vengono definiti in manovra. Cappello sotto il quale finisce un po’ tutto ciò che riguarda il mondo degli asset digitali, dalle criptovalute agli Nft, o collezionabili digitali.

 

Le criptovalute in Italia

Tre miliardi sono uno scenario ottimistico. Forse il migliore possibile. Ma usare il condizionale è d'obbligo. Anche perché nel mondo delle criptovalute non esistono dati certi. Tutto è affidato ai report. Tra i più autorevoli c’è quello di Chainanalysis che stima in 90 miliardi il valore delle “cripto-attività” possedute in Italia al 31 dicembre 2021. Per ricavi solo riferiti all’anno scorso pari a 2,7 miliardi.

Patrimoni su cui ora il governo prova a intervenire. Introducendo una sanatoria per chi possiede criptovalute. Indicando anche una soglia oltre la quale si può fare richiesta: 2.000 euro. Soglia decisa probabilmente per aprire la pratica anche ai piccoli e piccolissimi possessori di asset digitali.

La sanatoria in manovra. I dubbi sull'efficacia

La legge dà la possibili di sanare il possesso non dichiarato di criptovalute al 31 dicembre 2021 versando una sanzione dello 0,5% del valore posseduto per ogni anno che si vuole dichiarare. Ma si potranno regolarizzare i redditi ottenuti dalla “detenzione” di criptovalute versando un’imposta sostitutiva pari al 3,5% di quanto realizzato.

Non è un tema facile. E al momento ci sono più domande aperte che risposte. Per reddito il legislatore intende tutto ciò che è individuato come incremento patrimoniale. E ad averlo ottenuto potrebbero essere alcuni milioni di italiani. Quei 90 miliardi di asset digitali sono una fotografia al loro valore alla fine del 2021. Valore che con buona probabilità è passato negli anni da zero a cento, spinto dall’aumento del prezzo delle criptovalute (e oggi comprensibilmente ridimensionato visto il crollo del comparto che ha perso quasi il 50% del proprio valore da allora).

L’idea del governo è provare a fare cassa facendo emergere un segmento dell’economia del paese che da oltre un decennio vive senza regole, né fisco. Obiettivo ambizioso, ma per nulla semplice. Perché parte da un presupposto: indurre i possessori di criptovalute a palesarsi. Ma finora non hanno violato alcuna legge. Il possesso di cripto-attività non è normato.

Capaccioli: "Difficile dire su chi impatterà e se avrà successo"

“L’aspetto positivo è che si comincia a parlare di questo settore. Ma letta così non mi pare una legge molto attrattiva per i possessori di criptoattività. Difficile dire su chi impatterà. Ancora più difficile dire se avrà successo”, spiega Stefano Capaccioli, dottore commercialista, of counsel di 42 Law firm, e esperto di criptovalute. “Il mondo delle criptoattività non è facile da comprendere. Normarlo lo è ancora meno”, aggiunge. Anche Capaccioli ha provato a stimare quanto potrebbe arrivare all'erario dalla sanatoria. La sua previsione, inviata al Senato come memoria richiesta in forma scritta, era pari a 5 miliardi. 

Ma l’Italia non si muove da sola. Lo scorso ottobre l’Unione europea ha approvato una risoluzione sull’impatto delle nuove tecnologie sulla tassazione. Nel testo si sottolinea la necessità di tassare in modo “equo, trasparente ed efficace” le cripto-attività. Oltre a quella di dare al settore un quadro normativo che tuteli chi investe nel settore, che nel 2022 ha registrato crac finanziari capaci di mandare in fumo miliardi. E affossare la fiducia degli investitori.

Non è un aspetto secondario. Rispetto al valore di un anno fa, Bitcoin e le altre cripto oggi valgono circa la metà. E sono in pochi oggi a scommettere su una nuova età dell’oro del settore. Almeno come asset di investimento.