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Legge

In Louisiana i siti porno devono chiedere il documento agli utenti

In Louisiana i siti porno devono chiedere il documento agli utenti
Se la Francia ha stabilito che non c’è modo di garantire la privacy nella verifica dell’età, e il Regno unito ci prova da quattro anni, negli Stati Uniti si parte con una legge che è la punta di diamante di una nuova, aggressiva campagna di difesa dei minori online
3 minuti di lettura

Si chiama HB 142 ed è una recente legge approvata dalla Camera dei rappresentanti dello stato americano della Louisiana: prevede una ferrea verifica dell’identità per l’accesso a siti pornografici. A ben vedere, c’è una formula specifica - e un po’ curiosa, a dirla tutta - per stabilire quali piattaforme debbano effettuare l’identificazione: sono tenuti al “check” sugli utenti i siti composti dal 33,3% di contenuti vietati ai minori. Quasi come a dire che un po’ di porno va bene, troppo no. 

Parliamo ovviamente di piattaforme come Pornhub, Youporn e Redtube che infatti hanno già iniziato a implementare la nuova legge, o di altre come XVideos che ancora non si sarebbero allineate. Nel primo caso, ad esempio, si usa AllpassTrust, un sistema che consente la verifica dell’identità incrociando i dati presenti nel LA Wallet, un’applicazione (eccola) che consente l’acquisizione di carta d’identità o patente di guida con valore legale. Da usare cioè per farsi identificare in caso di controllo in auto o per acquistare merci vietate sotto i 18 anni in bar, negozi e ristoranti.

 

Si tratta di uno dei primi casi di verifica dell’identità per l’accesso a piattaforme di questo genere negli Stati Uniti. E anche nei Paesi occidentali: solo il Regno Unito è molto vicino a qualcosa di simile di cui però discute senza frutto da anni. L’ultima versione della legge, denominata prima AgeID e poi Online Safety Bill, è ferma alla discussione alla Camera dei Comuni e non se ne prevede una rapida approvazione, nonostante i vari tentativi a partire dal 2019.

 

Il provvedimento della Louisiana ha puntualmente sollevato non pochi interrogativi sulla capacità di garantire la privacy dei cittadini. La legge, approvata lo scorso anno e appunto impostata affinché entrasse in vigore dal primo gennaio, non è un fatto isolato: come spiega The Verge, è in realtà la punta di diamante di una nuova, aggressiva campagna per la sicurezza in rete dei bambini che ha investito diversi altri stati Usa. Alcuni hanno addirittura dichiarato la pornografia una questione critica di salute pubblica e in molti casi sono stati presi provvedimenti, anche se in gran parte simbolici e del tutto inutili. Come l’ennesimo avviso richiesto nello Utah prima dell’accesso a siti pornografici. Una simile legge approvata lo scorso agosto in California, ma non ancora entrata in vigore, ha inoltre alimentato timori sul fatto che questo tipo di verifica potesse essere richiesta anche per l’accesso a siti non pornografici. Il senatore repubblicano dello Utah, il 51enne Mike Lee, ha infine presentato un disegno di legge che in pratica amplierebbe il sistema della Louisiana a tutti gli stati, facendone appunto una legge federale. E cambiando non poco le prospettive anche per diversi altri sistemi democratici nel mondo.

In questo modo si saprà però come, quando e quanto gli utenti accedono a contenuti pornografici. E sul punto non sembrano di certo bastare le rassicurazioni di Envoc, la società che ha realizzato e gestisce LA Wallet, secondo cui (lo ha spiegato tempo fa un portavoce alla locale stazione Wafb), il gruppo non tratterrà né memorizzerà alcuna informazione sugli utenti: il sistema “non identifica la tua data di nascita, non identifica chi sei, dove vivi, in quale parte dello stato ti trovi o qualsiasi informazione dal tuo dispositivo o dalla carta d’identità. Verifica l'età solo per capire se la persona è abbastanza grande da poter accedere", ha detto la project manager Sarah Kelley. Su LA Wallet, come detto, va scansionato e caricato un documento d’identità rilasciato dal governo al fine di crearne una copia digitale accettata nello Stato come metodo di identificazione ufficiale. 

 

Il problema è sempre lo stesso ed è duplice. Da un lato bisogna fidarsi di una terza parte che manipola e gestisce le informazioni, in questo caso il tracciamento specifico della propria attività online. Dall’altro meccanismi di questo genere avvantaggiano le grandi piattaforme di proprietà di colossi del settore perché possono facilmente implementare questi sistemi, a scapito dei siti più piccoli (a prescindere ovviamente dal tema della pornografia). Non è un caso che, per il momento, questo tipo di verifiche e la sicurezza della propria privacy non siano di fatto compatibili: lo scorso anno la Cnil, la Commission nationale de l'informatique et des libertés cioè il Garante della privacy francese, ha stabilito che “non c’è soluzione” per una corretta verifica dell’età che appunto garantisca la riservatezza e una serie di altri standard. Alcuni social, per finalità diverse, hanno iniziato di recente ad affidarsi alle analisi dell’intelligenza artificiale ma neanche quella - specie quando lavora sul riconoscimento facciale - sembra una strada priva di rischi.