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Videogame

Sony PlayStation VR2, la prova in anteprima dal CES di Las Vegas

Sony PlayStation VR2, la prova in anteprima dal CES di Las Vegas
A poco più di un mese dall’uscita il nuovo casco VR dell'azienda giapponese sembra in grado di mantenere la promessa di una realtà virtuale spettacolare ma anche comoda da usare
 
4 minuti di lettura

Che ci sia molta curiosità per il PlayStation VR2 lo capisci dalla lista d’attesa per provarlo al padiglione Sony del Consumer Electronics Show di Las Vegas: un’ora dopo l’apertura dei cancelli, già non c’è più posto, con una cinquantina di persone che aspettano nella speranza che qualcuno dia forfait.

Per fortuna ci siamo mossi per tempo e possiamo accedere con tutta calma a una delle quattro postazioni dov’era possibile provare Horizon: Call of the Mountain, spinoff di Horizon: Zero Dawn che ovviamente viene raccontato in prima persona e non in terza, e ha come protagonista un personaggio differente da Aloy.

La calibrazione di PSVR2 è molto simile a quella di altri dispositivi VR più recenti e, grazie alle soluzioni utilizzate già nel primo modello, adattarlo alla propria testa è particolarmente facile: basta indossarlo e utilizzare la manopola posteriore per stringerlo finché è abbastanza stabile e poi regolare la distanza dal volto e registrare il movimento degli occhi. Quest’ultima parte è molto importante, non solo perché potremo utilizzare lo sguardo per selezionare le voci del menu, ma perché PSVR2 è dotato di “foveat rendering”, ovvero la capacità di concentrare le capacità grafiche della PS5 solo dove stiamo guardando, così da alleggerire il carico sul resto della scena e darci il massimo dettaglio visivo su ciò che è al centro del nostro sguardo.

Una volta che tutto è pronto, non resta che prendere in mano i controller, dotati di feedback aptico e tracciamento delle dita, per iniziare la nostra avventura.

Benvenuti nella giungla

Nel corso di questi anni abbiamo provato moltissimi giochi e tecnologie VR e, dopo il fiasco degli anni Novanta, oggi tutto sommato diamo la realtà virtuale per scontata. Eppure, forse solo la VR riesce a restituire quella sensazione di balzo tecnologico che una volta i giocatori provavano nel passare dalla prima PlayStation alla seconda o alla terza, perché i primi minuti di Call of the Mountain sono la tipica esperienza che dopo qualche secondo si concretizza in un sorriso carico di meraviglia e stupore. Lo schermo OLED da 2000x2040 in HDR con una doppia frequenza di aggiornamento e un campo visivo da 110° fanno capire subito che siamo molto, molto più avanti rispetto alla generazione precedente.

Capita di vedere giochi VR che sulla carta sembrano ottimi, ma poi visivamente non possono competere con quanto offerto dalle console, qui invece quella linea di demarcazione sembra sfumare, mentre ti ritrovi su una barca e abbassi lo sguardo per vedere i dettagli delle tue mani che si muovono in tempo reale, i riflessi del sole, l’acqua cristallina che ti scorre accanto dove puoi scorgere il fondale e le imponenti creature del gioco che si muovono attorno a te. È il classico momento in stile parco divertimenti, che serve a calarti nel mondo di gioco, caricandoti di stupore e aspettativa, e funziona benissimo.

È una lunga strada fino in cima

Dopo questa breve introduzione il gioco finalmente comincia e lo fa con un classico dei titoli VR l’arrampicata, e vista la resa visiva di PSVR2 ci sentiamo di dire che non è un momento adatto a chi soffre di vertigini, ma perfetto per chi vuole godersi un panorama mozzafiato senza muoversi dal salotto. Grazie al tracciamento di occhi, dita e mani il momento di smarrimento iniziale passa in fretta, e dopo qualche secondo ci arrampichiamo come se lo avessimo sempre fatto, scegliendo attentamente tra liane, sporgenze e appigli vari per salire sempre più in alto, fin quando non troviamo il prossimo passo di questa breve introduzione: l’arco.

Se combattere in Horizon: Zero Dawn è una questione di schivate e di armi giuste al momento giusto, in Call of the Mountain è tutto molto più umano, vicino, brutalmente onesto: non siamo Aloy, con le sue capacità di guerriera profetica, e per quanto il nostro alter ego si comporti da valoroso guerriero a tendere l’arco e prendere la mira siamo noi. E siamo sempre noi a dover prendere ogni freccia mettendo una mano dietro le spalle, perdendo secondi preziosi. Ma prima, c’è un altro movimento da imparare: come si cammina? In molti giochi VR basta inclinare uno stick analogico in avanti, qua invece dobbiamo premere un tasto per ogni controller e muovere le braccia, facendole oscillare avanti e indietro, proprio come se stessimo camminando a passo sostenuto. Sembra poco, ma spesso è tutto ciò che serve al nostro cervello per credere alla magia.

Superata l’ennesima arrampicata, arriviamo a un avamposto abbandonato, dove possiamo giocare un po’, interagendo con l’ambiente. Prendiamo una mela e la portiamo alla bocca, per mangiarla e recuperare un po’ di energia, solleviamo il coperchio di una botte e lo scagliamo lontano, osservando mentre spacca un piatto, di cui spostiamo i cocci con le dita. Afferriamo una clava con due mani e colpiamo un gong, per il semplice fatto che possiamo farlo. D’altronde il bello della VR sta tutto qua: nel rendere speciale cose che in un gioco normale forse neanche faremmo.

Superato l’accampamento, ecco finalmente uno scontro con una delle creature biomeccaniche del gioco, il cui balzo fa vibrare il feedback aptico vicino al nostro volto per darci l’idea di ciò che stiamo per affrontare.

Per evitare di rendere le cose troppo complesse gli scontri di Call of the Mountain prevedono che ci si possa muovere solo su percorsi fissi, usando le mani per schivare gli attacchi o distanziarci, ma l’emozione di dover mirare, incoccare una seconda freccia, muoversi e magari fare finalmente centro nei punti deboli del mostro è un brivido ancestrale. Per un secondo non siamo più esseri umani nel 2023, ma cacciatori di un mondo post apocalittico.

Purtroppo, è proprio a questo punto che una mano si posa sulla nostra spalla, ed è una mano reale, non virtuale. Il nostro tempo nel mondo di Horizon è terminato.

Ci vediamo a febbraio

Come avrete capito, PSVR2 ci ha senza dubbio convinti: dal punto di vista tecnico è un balzo in avanti notevole e, esattamente come il modello precedente, trae la sua forza dall’essere legato a un hardware ben preciso, che gli sviluppatori e i progettisti conoscono bene e che può dare moltissima potenza alla realtà virtuale di Sony, sfruttando un solo cavo, e con un dispositivo tra i più comodi e accessibili, soprattutto per chi non vuole passare più tempo a cercare di far funzionare tutto bene che a giocare. Un ulteriore dettaglio importante: tolto il visore ci siamo accorti di aver sudato un po’ attorno al volto, eppure il visore, grazie a una piccola ventola posizionata sulle lenti, non si è appannato neanche nei momenti più concitati.

Soprattutto, PSVR2 ci ricorda che la realtà virtuale è un settore vivo, anche se non ha ancora espresso del tutto il suo potenziale nel mercato mainstream, e la sua promessa di farci sbalordire deve ancora essere mantenuta del tutto, ma Sony sembra decisamente intenzionata a provarci. Restano ovviamente sul piatto i dubbi sul costo, perché parliamo di 599,99 euro, e di disponibilità della console, che rimane ancora difficile da reperire se non si è disposti a cedere al ricatto degli speculatori. Il presidente di Sony Interactive, Jim Ryan, ha detto che i tempi cupi sono finiti e che la PS5 sarà presto disponibile senza problemi. Staremo a vedere, il 22 febbraio, giorno dell’uscita di PSVR2, non è poi così lontano.