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Il caso

Così i social hanno contribuito a scatenare i disordini in Brasile

Così i social hanno contribuito a scatenare i disordini in Brasile
(fotogramma)
Twitter, Telegram e TikTok sono stati per settimane il luogo in cui si organizzava l'assalto ai palazzi del potere di Brasilia. I ricercatori non hanno dubbi: effetto delle nuove politiche sui contenuti. La Corte Suprema del Brasile: stop alla propaganda eversiva
2 minuti di lettura

L’assalto ai palazzi del potere di Brasilia sarebbe stato organizzato sui social. Su Twitter, su Telegram, su TikTok. Sarebbero questi i canali più usati dai manifestanti per organizzarsi. Gli analisti brasiliani non hanno dubbi. Da settimane decine di account si sarebbero attivati per spingere la gente a protestare. Ad assaltare infrastrutture, i luoghi istituzionali, invitando a scendere in piazza per organizzare una “festa al grido di guerra” nella capitale brasiliana. Influencer che, in particolare su Twitter, avrebbero raggiunto in poche settimane decine di milioni di seguaci. Complice la politica più lasca sulla moderazione dei commenti da parte del nuovo proprietario del social, Elon Musk.

 

Su Telegram: portare 2 milioni di persone a Brasilia

Secondo il Washington Post su Telegram diversi canali hanno pubblicato nei giorni scorsi date, orari e strade da percorrere per fare in modo che a Brasilia arrivassero milioni di persone. Organizzando anche delle “Liberty Caravan”, autobus per raccogliere i “patrioti” brasiliani e portarli nelle strade della capitale.

Uno dei post di cui riporta il quotidiano americano dichiarava l’obiettivo: “Attenzione patrioti! Stiamo organizzando migliaia di autobus. Abbiamo bisogno di 2 milioni di persone a Brasilia”. Sempre secondo il Post, la chiamata alle proteste sarebbe avvenuta anche condividendo messaggi criptici. Uno di questi in particolare “Festa da Selma”, sembra un modo per arginare la censura sostituendo con “Selma” la parola “Selva”, termine militare che in Brasile equivale a un grido di guerra.

 

Le istituzioni: stop alla propaganda eversiva online

Il ruolo dei social dietro quello che sta succedendo in queste ore in Brasile non è in discussione. Lo dicono i dati degli esperti di social media che osservano le discussioni online. Lo confermano le istituzioni brasiliane che in queste ore hanno disposto la sospensione della condivisione di post in grado di diffondere la propaganda golpista.

E il timore sembra aver lambito anche Elon Musk che durante le proteste si è augurato che “la questione si risolva pacificamente”. Non suggerisce come. Ma è il suo social a essere tra quelli più usati dalla propaganda di quanti in Brasile negano la validità dell’elezione di Luiz Inacio Lula. Anche perché il mese scorso Musk ha licenziato tutti i dipendenti di Twitter addetti alla moderazione dei contenuti.

L'ascesa su Twitter dei profili dell'alt-right brasiliana

Un’analisi di Rest of the world, autorevole osservatorio dei trend del mondo digitale, ha evidenziato come nella seconda parte dello scorso anno 40 dei più importanti account Twitter vicini alla destra di Jair Bolsonaro abbiano moltiplicato in modo esponenziale i propri follower. Il sito ha consultato otto esperti di dati sui trend brasiliani. E i dati (seppur parziali) dimostrerebbero che da quando Musk ha preso il controllo del social i profili vicini all’alt-right brasiliana avrebbero cominciato a macinare numeri impensabili prima sulla piattaforma. Superando in ‘viralità’ ogni altro profilo ‘politico’ del mondo brasiliano.

Gli analisti brasiliani avevano da tempo messo in guardia su un’insurrezione in Brasile, sul modello di quanto è avvenuto due anni fa al Campidoglio americano. Gli elementi c’erano tutti. L’ascesa di profili che contestavano il risultato elettorale. La diffusione di messaggi in codice, nei quali si prometteva una resa dei conti a Brasilia.

E i risultati nelle ricerche. Su TikTok, che al momento possiede uno dei migliori algoritmi per tracciare gli interessi degli utenti, se si cerca in Brasile il termine “scheda elettorale” tra i primi risultati risulta esserci “schede elettorali truccate”, o “manipolate”. Così come pure su Facebook e Instagram. Mentre su Telegram, dove tutto si radicalizza molto più facilmente, le autorità brasiliane il mese scorso hanno dovuto chiedere la rimozione di un video in cui qualcuno chiedeva di uccidere i figli dei sostenitori di Lula.