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Videogiochi

Torna Need for Speed, più tamarro che mai e con un occhio agli anime

Torna Need for Speed, più tamarro che mai e con un occhio agli anime
Corse notturne, vestiti griffati e auto al limite per un gioco che punta a tornare grande. Ne abbiamo parlato con uno degli sviluppatori, l'italiano Gero Micciché
4 minuti di lettura

Il mondo dei videogiochi di corsa vive in questo periodo un interessante paradosso: rispetto al passato sono molto più in voga le simulazioni che cercano di riprodurre fedelmente le automobili rispetto ai giochi più leggeri in cui conta solo mettere una supercar sulla strada e divertirsi.

La saga di Need for Speed ha rappresentato per anni il baluardo di questa filosofia più attenta allo stile che al consumo delle gomme e ai tempi sul giro, prosperando anche grazie al successo di un certo tipo di subcultura del tuning che è diventata mainstream grazie a Fast & Furious e all’estetica fatta di neon, macchine fluo e turbo al NOS.

Oggi di quell’eredità rimane poco, e Need for Speed negli ultimi anni ha avuto alterne fortune, ma quest’anno con Unbound le cose sembrano cambiate, anche perché il franchise non solo è tornato nelle mani di uno studio che ha lavorato ai suoi capitoli migliori (Criterion Games, oggi parte della galassia Electronic Arts) ma pare aver azzeccato anche il mix tra estetica, narrazione e progressione. Ne abbiamo parlato anche con Gero Micciché, development director del gioco che è approdato a Criterion Games dopo una carriera che lo ha visto lavorare prima come giornalista, poi come insegnante alla Digital Bros Game Academy e infine dedicarsi allo sviluppo, prima con Gameloft e poi con EA e Criterion.

“C’è ancora molto spazio per questo genere di titoli, ma ovviamente vanno declinati nel modo giusto – ci ha piegato – La parte multiplayer è importante, ma forse la cosa che conta di più è far sentire il giocatore parte di un mondo, di una cultura, qualcosa che va oltre la corsa vera e propria. Per questo la personalizzazione, sia della vettura sia del/della protagonista, è così importante, perché serve a creare un senso di comunità, sia nel gioco sia nel multiplayer”.

E infatti Need for Speed Unbound non è solo pieno di oggetti e adesivi con cui rendere uniche le vetture, ma vanta anche la collaborazione di marchi come Vans, Versace, Puma, Fila e Napapijri con cui vestire il proprio alter ego. E chi scrive ammette che fa una strana sensazione non potersi permettere neppure nei videogiochi un capo di Versace. E dire che normalmente si gioca per evadere.

Lo stile scelto per il gioco è forse fra le scelte più azzeccate, perché riesce a mescolare la grafica di un titolo moderno, con modelli delle vetture particolarmente belli e accurati, con un’estetica cartoon vagamente ispirata agli anime giapponesi che si sovrappone senza oscurare. È quasi come se assistessimo all’esplicita convivenza di due mondi, da una parte la serietà e l’importanza di saper gestire supercar che sono prodigi tecnologici e dall’altra la spavalderia e l’ironia di chi sta al volante. Sotto questo punto di vista, l’unico neo è la città stessa: Lakeshore non offre viste particolarmente mozzafiato o zone interessanti da percorrere e presto tutto diventa semplicemente una serie di circuiti cittadini uno dietro l’altro da percorrere per vedere dove va a parare la storia.

Un aspetto fondamentale di Unbound è anche la narrazione: la storia si svolge appunto nella fittizia città di Lakeshore, che ricorda un po’ Chicago, e ruota attorno all’ovvio desiderio del proprio alter ego di primeggiare nel sottobosco delle corse clandestine. Esattamente come se fosse un gioco action come God of War: Ragnarok, le parti d’azione, ovvero quelle in cui si guida, si alternano ai momenti narrativi e al miglioramento dell’auto. Il tutto è ovviamente declinato per un pubblico giovane e moderno: non c’è un solo personaggio che non sembri un modello su Instagram o pronto a fare un contenuto su TikTok, il blando tema politico di sottofondo se la prende ovviamente coi politici corrotti che vogliono frenare le ambizioni dei giovani e così via. Forse farete un po’ di fatica a sentirvi parte di questo mondo se siete nati prima degli anni ’90, o magari vi divertirete a sentirvi giovani e ribelli. Di sicuro, dopo un colpo di scena ben gestito, vi troverete a decidere cosa fare del vostro tempo in due momenti ben precisi: il giorno e la notte.

Di giorno le gare sono più semplici e capiterà di svolgere compiti secondari, come recuperare l’auto per un altro pilota o accompagnare qualcuno da qualche parte, mentre di notte si fa sul serio, i premi sono più alti ed è maggiore il rischio di compromettere la sfida per colpa della polizia che si mette in mezzo. Per aumentare la posta in gioco potremo anche scommettere con gli avversari per chi si piazza meglio. La cosa interessante è che, una volta vinta una gara, potremo decidere se tornare a casa e incassare il premio in denaro o correre da qualche altra parte, aumentando i soldi fatti in una notte o rischiando di perderli per colpa di incidenti o forze dell’ordine.

“Una delle cose di cui siamo più orgogliosi è senza dubbio il sistema di handling di Unbound, ovvero la componente che riguarda la guida della macchina e il bilanciamento tra un modello divertente e accessibile e la parte più simulativa. Credo che questo sia tra i migliori di tutta la saga”, ci ha detto Micciché. In effetti Unbound offre al giocatore la possibilità di personalizzare la maneggevolezza dell’auto con alcuni comodi indicatori, così da modificare (per esempio) l’aderenza, fattore fondamentale per le gare di drift ma anche per trovare il proprio stile di guida.

La progressione del gioco è ovviamente basata sul comprare auto e miglioramenti sempre più estremi, ma Criterion ha scelto di calibrare le ricompense: non si avrà tutto e subito. Una scelta che da una parte premia un miglioramento graduale del giocatore, che non si trova subito di fronte ad auto complesse da tenere in strada, ma che dall’altra limita il lato più tamarro. Se si hanno pochi soldi e si deve scegliere tra una marmitta migliore e un parafango vistoso, è probabile che verranno usati per la prima.

Siamo di fronte a un gioco arcade, quindi un titolo in cui mantenere alto il livello di sfida è fondamentale, questo comporta soluzioni di game design che alcuni potrebbero apprezzare meno, ovvero il fatto che a volte le auto guidate dal computer sembrano andare molto veloci anche quando abbiamo speso un sacco di soldi nel tuning, oppure stranamente semplici da sorpassare. Fortunatamente è più una sfumatura per l’occhio allenato: chi vuole semplicemente correre e divertirsi farà poco caso a questo e Unbound nel suo essere un gioco di guida lineare, classico e accessibile fa tutto bene e sa come divertire, premiando chi rischia un po’ di più e non punendo troppo chi finisce con le ruote sull’erba.

Anche se non tutto è perfetto, Need for Speed: Unbound saprà divertirvi con la sua storia di rivincita e le sue curve al limite, senza che dobbiate preoccuparvi troppo di tutto ciò che esula da una nuova centralina per l’auto e un vestito griffato. Senza dubbio un passo avanti per una saga che deve ancora capire del tutto come parlare a un pubblico nuovo.