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L'intervista

Ferrero (Young): "Bitcoin è la risposta di una generazione che ha meno fiducia nelle istituzioni"

Ferrero (Young): "Bitcoin è la risposta di una generazione che ha meno fiducia nelle istituzioni"
Intervista all'imprenditore cofondatore e amministratore delegato della piattaforma di criptovalute più usata in Italia. "È una moneta, non un asset speculativo. Ha insegnato ai ventenni come funziona il denaro. E il valore della tecnologia"
2 minuti di lettura

“Bitcoin è una moneta. E dietro non c’è solo un’industria, ma un’intera generazione che ha fiducia nella tecnologia e nel futuro che promette. Non mi sorprende che questo non sia capito da chi ha qualche anno in più”. Andrea Ferrero è fondatore e amministratore delegato di Young. Ha 24 anni ed è torinese. Dopo il liceo ha fondato insieme a cinque compagni di banco dell’Itis di Fossano una piattaforma di compravendita di criptovalute. Young Platform, appunto.

Le critiche lette in questi giorni sulla natura fraudolenta delle criptovalute non lo sorprendono. Né lo spaventano. La sua voce non tradisce alcun risentimento. Sembrano non riguardarlo. Nemmeno quando arrivano da nomi come quello di Ray Dalio, che in questi giorni ha definito Bitcoin come una cosa senza né senso, né sottostante. “I nostri utenti sono giovani. I nostri clienti sono giovani. Loro hanno un approccio diverso”, racconta. Quasi una rivendicazione di una generazione intera. La Gen Z. E tra loro ci sono buona parte dei loro clienti: 1,5 milioni ad oggi. 74 dipendenti full time. Sedi a Parigi e in Estonia. È tra le più usate in Italia. E investimenti che sono arrivati negli anni da Azimut e United Venture.

 

Bitcoin non ha sottostante. Non si sa cosa compra chi lo compra. Ferrero, cosa è Bitcoin per lei?

“Bitcoin è una moneta, nessun dubbio”

 

Ma è anche un investimento. Chi la compra la compra sperando che si apprezzi.

“Come chi compra dollari, non vedo differenze”.

 

Solo che Bitcoin ha oscillazioni molto più forti di una moneta tradizionale.

“Le oscillazioni ci sono ed è una moneta molto volatile. Ma questo è dovuto alla poca capitalizzazione che c’è dietro”.

 

500 mila miliardi sono pochi?

“Pochissimi per una moneta nata su Internet come Bitcoin”

 

Il 2022 è stato l’anno degli scandali. Come interpreta il crac di Ftx e degli altri exchange collassati?

“È un sistema che si è fatto da solo uno sgambetto. I crac sono effetto di truffe, non c’è dubbio. E questo ha portato scoraggiamento e un crollo del mercato. Ma noi lavoriamo con la parte onesta di questo settore. Stiamo cercando con gli altri di costruire un’industria. E lo scoraggiamento sappiamo che sarà momentaneo”.

Voi lavoravate con Ftx?

“No, ma ci hanno provato. Noi abbiamo delle procedure di controllo quando lavoriamo con altri exchange. E Ftx non le ha superate”.

 

Siete stati bravi?

“Soprattutto fortunati. Ci sembrava che la loro credibilità fosse molto costruita. In effetti poi si è scoperto che per molti loro erano credibili. Ma la loro credibilità se la sono comprata. Sui media, in politica”.

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Un sistema in cui ci sono buoni e cattivi quindi.

“Un po’ come ovunque. Ci sono attori cattivi e attori buoni di un sistema. Noi cerchiamo di lavorare con quelli buoni. Ci sono, sono tanti, direi la stragrande maggioranza. Solo che non si sentono, non fanno notizia. Quello che stiamo cercando di fare è sensibilizzare legislatori e la politica: il settore delle cripto non è insano, e loro possono determinarne il successo. O la fine”.

 

Cosa muove un diciottenne che si appassiona alle criptovalute? Cosa ti ha spinto a fondare Young?

“Quello delle criptovalute è un settore che sentiamo appartenere molto alla nostra generazione. Credo che Bitcoin sia la moneta della nostra generazione”.

 

Come lo è diventato?

“Dalla disillusione che molti dei miei coetanei provano nei confronti delle istituzioni. Siamo disillusi su quel fronte, siamo invece appassionati di tecnologia”.

 

Cosa rende speciale la tecnologia?

“Che una volta che la scrivi è uguale per tutti. Prendi Bitcoin. È fatto così, così è fatta la sua blockchain, se sei bravo è un’opportunità. E vale per tutti. Le istituzioni sono un meccanismo che appare opaco. Ottengono il consenso, poi fanno altro. La tecnologia non chiede consenso. Solo di capirla”.

 

È per questo che le istituzioni in linea di massima tendono a ostacolare le criptovalute?

“Immagino di si. Poi ci sono degli aspetti incomprensibili”.

Tipo?

“Si condanna uno strumento che per la prima volta ha fatto quello che nessuno è riuscito a fare prima: chi si avvicina a Bitcoin studia cosa è la moneta, come si crea, che valore ha. Bitcoin ha un valore pedagogico enorme. Mi domando come si faccia a dire che non abbia alcun valore sociale. E mi chiedo quanti tra i nostri genitori sappiano cosa è una moneta. Mentre i figli probabilmente lo sanno”.

 

Twitter @arcamasilum