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Intelligenza artificiale

Cos'è la Uncanny Valley delle IA e che succederà quando la attraverseremo

Cos'è la Uncanny Valley delle IA e che succederà quando la attraverseremo
Un’idea teorizzata in Giappone negli anni ‘70 torna d’attualità ora, con le macchine e le IA sempre più simili a noi. Vicine, ma non (ancora) abbastanza vicine da non spaventarci
3 minuti di lettura

“Siamo arrivati, siamo arrivati, siamo arrivati?” ma anche “quanto manca, quanto manca, quanto manca?”: quando si parla di Uncanny Valley e intelligenza artificiale, siamo un po’ tutti come i bambini in macchina durante un viaggio. Vogliamo arrivare, non sappiamo quanto manca all’arrivo e nessuno ce lo dice.

Per aiutarci a capirlo c'è la teoria della Uncanny Valley: descritta nel 1970 dal giapponese Masahiro Mori, ingegnere e studioso di robotica, sta tornando tantissimo di attualità adesso, oltre cinquant’anni dopo, quando siamo in effetti prossimi ad attraversarla, questa valle metaforica. O forse anche l’abbiamo già attraversata.

Che cos’è la Uncanny Valley

Il concetto di Uncanny Valley non ha nulla a che fare con il celebre Test di Turing (o con il Voight-Kampff, per chi ha visto Blade Runner) ma per capirlo davvero è importante capire che cosa significa la parola inglese uncanny: in italiano viene tradotta spesso con incredibile (un caso noto è quello del fumetto Uncanny X-Men, da noi diventato Gli Incredibili X-Men), ma è una traduzione imprecisa. Più propriamente, uncanny vuole dire sconcertante, destabilizzante, inconcepibile, al di là della comprensione umana e dunque incomprensibile. E per questo anche spaventoso.

Una traduzione diffusa e accettabile è perturbante: la Uncanny Valley è la Valle Perturbante ed è quella zona di contatto fra noi e robot sempre più simili a noi. L’ipotesi di Mori è che via via che queste macchine diventano più umane, nell’aspetto e nelle capacità di interazione, la nostra reazione emotiva si fa più empatica e positiva sino a quando si trasforma in repulsione. Succede (è la teoria) perché i robot sono talmente perfetti da sembrare umani ma non sono ancora del tutto umani e quindi c’è qualche dettaglio, nel loro modo di agire, di parlare, di muovere gli occhi (per esempio) che genera in noi un qualche fastidio: è come parlare con una persona che però non si comporta come si comporterebbe una persona. Questo per noi è sconcertante, e questa è la Uncanny Valley. Quasi ci siamo, ma ancora non ci siamo del tutto.

Sempre secondo Mori, la fase successiva è quella del superamento della Uncanny Valley: l'aspetto e le capacità dei robot continuano a migliorare, diventano sempre meno distinguibili da quelli di un umano, le imperfezioni spariscono e la nostra reazione emotiva torna positiva. È come parlare con una persona che in effetti si comporta come si comporterebbe una persona. E quindi siamo di nuovo a nostro agio.

Il professor Hiroshi Ishiguro di fronte al suo robot Ibuki
Il professor Hiroshi Ishiguro di fronte al suo robot Ibuki 

Esempi di Uncanny Valley nella cultura pop

Un modo semplice per capire di che cosa si parla quando si parla di Uncanny Valley (e che effetto ha su di noi) è guardare qualche film recente realizzato con ampio ricorso alla grafica computerizzata e agli effetti speciali.

L’esempio più comune è quello di Final Fantasy: The Spirits Within, di cui nel 2001 si parlò tantissimo: secondo molti giornali dell’epoca, gli spettatori avrebbero provato sensazioni negative davanti alle facce dei protagonisti, quasi reali ma non del tutto reali, e molti critici cinematografici parlarono apertamente di “volti che sembrano totalmente falsi” nel loro voler sembrare veri e di “freddezza negli sguardi e meccanicità nei movimenti”.

Ci sono altri esempi: i film Polar Express, La leggenda di Beowulf, A Christmas Carol e Milo su Marte, tutti prodotti da Robert Zemeckis fra 2004 e 2011, sono stati descritti come raccapriccianti, pieni di zombie, spaventosi, inquietanti e repellenti. Sempre per i personaggi che erano perfetti per sembrare umani ma non abbastanza per esserlo davvero. Ancora: nel 2020, l’uscita del film Sonic venne rinviata di 3 mesi, paradossalmente per rendere meno umano l’aspetto del protagonista, dopo le reazioni negative degli spettatori ai primi trailer, e l’anno scorso anche il personaggio di She-Hulk, nell’omonima serie Disney, ha ricevuto molte critiche per questo suo esserci quasi ma non del tutto.

youtube: il trailer di Final Fantasy: The Spirits Within

Superare la Uncanny Valley (e arrivare alla Strong AI)

Qualcosa che invece c’è già del tutto, e forse è addirittura oltre, è ChatGPT: secondo il professor Hiroshi Ishiguro, che abbiamo potuto incontrare durante la sua visita all’IIT di Genova, la popolare chatbot “forse è già oltre la Uncanny Valley, perché dà risposte convincenti ed è in grado di sostenere una conversazione che ricorda quella umana e la riproduce in modo fedele”. Sembra una di noi e lo fa senza spaventarci, per semplificare.

E però, dipende dal contesto: durante le prove che conducemmo su Italian Tech già all’inizio dello scorso dicembre proprio su ChatGPT, alcune risposte in cui venivamo invitati a prepararci “per l'impatto delle IA sul mercato del lavoro”, con la potenziale perdita di molta occupazione, qualche brivido ce l’avevano fatto venire. Allo stesso modo, un po’ di inquietudine la suscitano gli esperimenti dei ricercatori della Lancaster University e della University of California, che hanno dimostrato che ormai le persone crederebbero veri più i volti deepfake rispetto a quelli reali. Facce inesistenti e create da una IA, ma talmente bene da sembrare vere e non inquietanti.

Insomma, per rispondere alle domande iniziali degli immaginari bambini, siamo in effetti quasi arrivati e anzi siamo talmente vicini che in alcuni casi sembra di essere davvero già arrivati. Forse per concludere davvero il viaggio serve anche che venga sviluppata la cosiddetta IA Forte (cos’è?), cioè una vera intelligenza che sappia ragionare e risolvere problemi in autonomia. Parafrasando Ishiguro, serve che le macchine siano uguali a noi non solo fuori ma pure dentro.

@capoema