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Intelligenza artificiale

La risposta cinese a ChatGpt

La risposta cinese a ChatGpt
Perché le big tech cinesi, che sembravano in vantaggio sullo sviluppo delll'intelligenza artificiale, si trovano a inseguire una piccola startup di San Francisco? Non è solo una questione di tecnologia. Multinazionali come Baidu devono anche fare i conti con la censura del Governo
3 minuti di lettura

Quando Open AI ha svelato ChatGpt, lo scorso novembre, sono immediatamente scattati due “codici rossi”. Il primo ha scosso gli uffici di Google a Mountain View, in California. Il secondo allarme, invece, ha causato non poca agitazione a Pechino, vale a dire dall’altra parte del mondo.

Nel quartier generale di Baidu, la multinazionale cinese specializzata - tra le altre cose - proprio in intelligenza artificiale, il Cto Wang Haifeng ha dato un ordine perentorio: completare i test dell’IA generativa entro marzo 2023. E fare in modo che un prodotto simile a ChatGpt venga integrato il prima possibile nel motore di ricerca che porta il nome dell’azienda.

Baidu è il motore di ricerca più usato in Cina, scelto dall’80% dei navigatori. Dalle sue performance dipende la quasi totalità dei profitti della multinazionale cinese, che da tempo sbandiera un modello di linguaggio di grandi dimensioni, chiamato Wenxin, basato - stando alle comunicazioni dell’azienda - su circa 260 miliardi di parametri. Un numero che supera di gran lunga i 175 miliardi di parametri che costituiscono Gpt 3, l’algoritmo di deep learning su cui è stata addestrata ChatGpt.

La risposta cinese a ChatGpt - basata proprio su Wenxin - si chiamerà Ernie e a quanto pare debutterà proprio a marzo 2023, come richiesto da Wang Haifeng.

A Pechino ci stanno lavorando dal 2019. Ancora prima, nel 2017, Baidu ha aperto - in collaborazione con il governo cinese - un importante laboratorio di ricerca dedicato allo sviluppo dell’intelligenza artificiale. Ne fanno parte scienziati e accademici che, un tempo, hanno lavorato allo sviluppo di robot militari.

Solo qualche anno fa, la Cina sembrava a un passo dal superare gli Stati Uniti nella corsa all’intelligenza artificiale. A settembre 2021 la Wipo, agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella protezione della proprietà intellettuale, ha comunicato che la Cina guidava il mondo in termini di brevetti legati all’IA.

All’epoca l’avanzata cinese ha iniziato a spaventare l’America. Il Senato, a giugno del 2021, ha approvato un disegno di legge che puntava ad aumentare le risorse del Paese per competere con la tecnologia che arrivava dall’Asia.

Eppure per più di una ragione, oggi, anche Baidu si trova a rincorrere ChatGpt e una piccola startup di San Francisco - Open AI - che ha stregato il mondo.

Il primo esempio di IA generativa creata da Baidu, chiamata Plato e lanciata proprio nel 2021, non ha entusiasmato. Non era in grado di scrivere correttamente, per esempio, persino le date di nascita delle celebrità cinesi.

Alle difficoltà che può incontrare una nuova tecnologia - abbiamo visto cos’è successo a Galactica di Meta, Bard di Google e al nuovo Bing di Microsoft - in Cina si uniscono le complicazioni determinate dalle ingerenze del Governo, che da diversi anni ha iniziato a controllare in modo sempre più influente le big tech del Paese.


In Cina, oggi, circola un detto abbastanza eloquente: “Dobbiamo insegnare alle macchine non solo cosa dire, ma anche cosa non devono assolutamente dire”.

Nonostante questo, i ricercatori cinesi lavorano per offrire ai loro connazionali un’alternativa a ChatGpt, che - lo ricordiamo - non è accessibile (ufficialmente) nel grande Paese asiatico. Il Governo, anzi, ha comunicato alle aziende tech cinesi di non offrire al pubblico servizi basati sull’IA generativa sviluppata dalla statunitense Open AI.

Il timore è che uno strumento simile a ChatGpt, in grado di generare risposte imprevedibili, possa produrre contenuti in grado di sfuggire alla censura.
 

Sarà per questo, forse, che è stata chiusa quasi immediatamente Moss, un’intelligenza artificiale generativa simile a ChatGpt svelata lo scorso 20 febbraio.

Moss è stata sviluppata dal Natural Language Processing Lab della Fudan University di Shanghai, parte della “Lega C9” che raccoglie le migliori università del Paese in termini di educazione e soprattutto innovazione.

Xipeng Qiu, professore di informatica della Fudan, ha detto che Moss può essere considerata una versione più semplice di ChatGpt, poiché il numero di parametri su cui è stata addestrata Moss - 11 milioni - è significativamente inferiore a quelli usati da Open AI.

Poche ore dopo il lancio di Moss, i server su cui poggiava la chatbot sono crollati. I ricercatori non si aspettavano un picco di richieste così alto. Questa, almeno, è stata la motivazione ufficiale che ha portato alla cancellazione - per un tempo indefinito - della versione beta dell’IA.

Sulla pagina che ospita la chatbot Moss, attualmente, c’è scritto questo: “Per garantire una migliore esperienza dell'utente, MOSS deve essere aggiornato e il servizio è ora fuori servizio”.

Intanto il Governo cinese si fa sentire, rassicurante.

Secondo il Ministero della Scienza e della Tecnologia cinese, il Paese possiede una tecnologia simile a ChatGpt che sarà in grado di integrare l'intelligenza artificiale nella società e nell'economia.

"Questa tecnologia sarà applicata in molti settori e campi" ha detto Chen Jiachang, che dirige il dipartimento tech del ministero, in una recente conferenza stampa.