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Il conflitto

Come le criptovalute alimentano la guerra della Russia

Come le criptovalute alimentano la guerra della Russia
(fotogramma)
Le donazioni tramite blockchain sono uno degli strumenti preferiti dai gruppi volontari pro-Cremlino, che grazie all’aiuto di celebrità e sfruttando centinaia di indirizzi riescono ad aggirare le sanzioni
3 minuti di lettura

Fin dall’inizio dell’invasione in Ucraina è stata ventilata la possibilità che le criptovalute venissero sfruttate dalla Russia per aggirare le sanzioni. Gli allarmi sul tema si sono poi rivelati eccessivi, anche per i limiti di un mercato che rappresenta soltanto una frazione di quello valutario globale, rendendo di conseguenza molto complesso trasferire i fondi necessari a sostenere l’undicesima economia del mondo.

Eppure, un’approfondita analisi della testata specializzata Coindesk ha mostrato come le criptovalute stiano comunque giocando un ruolo non trascurabile. In particolare, un nutrito gruppo di volontari – composto anche da influencer e celebrità russe – le utilizza per raccogliere fondi a favore dell’esercito di Mosca, alle prese con una cronica carenza di beni di prima necessità, di dispositivi bellici di ogni tipo e anche di armi e munizioni.

Le associazioni che si occupano di tutto ciò sono decine, tra cui per esempio il Novorossia Aid Coordinating Center (NACC) o organizzazioni di stampo conservatore come MOO Veche (che prima della guerra si occupava soprattutto di “preservare le tradizioni”). Sfruttando exchange (piattaforme per la compravendita di criptovalute) con sede in Russia come Garantex e Bitzlato – ma anche colossi del settore come Binance, Kucoin o Huobi – queste realtà hanno quindi utilizzato le criptovalute per aggirare le sanzioni e ricevere fondi anche all’estero.

“Prima usavamo PayPal, ma è stato bloccato molteplici volte e adesso non è più impiegabile come strumento per raccogliere donazioni straniere”, ha spiegato sempre a Coindesk Alexey Markov, uno dei fondatori di NACC. “Un sacco di persone che vivono lontane dalla Russia vogliono sostenere il lavoro della nostra associazione. Adesso l’unico modo per farlo è attraverso le criptovalute”. Stando alle sue dichiarazioni, il NACC ha raccolto fondi anche da Europa, Australia e Stati Uniti.

Ma perché i principali exchange del mondo (con sede spesso in paradisi fiscali come le Cayman o le Seychelles) non impediscono queste donazioni? “Blocchiamo tutte le transazioni che i nostri investigatori sono in grado di collegare a usi illeciti e stiamo attualmente indagando assieme alle forze dell’ordine tutti gli indirizzi che ci sono stati segnalati”, ha spiegato un portavoce di Binance facendo riferimento ai 15 indirizzi pro-Russia che sarebbero presenti sul più grande exchange del mondo.

Nel complesso, la cifra raccolta da NACC a favore delle truppe russe non è enorme: poco più di 40mila dollari in bitcoin, ether e USDT. Dopo aver analizzato oltre 300 wallet (i portafogli digitali a cui si possono inviare le criptovalute), la reporter di Coindesk Anna Baydakova ha rivelato come, in totale, sarebbero stati raccolti circa 1,8 milioni di dollari da decine di associazioni.

Altre realtà hanno però divulgato numeri ben superiori: secondo la società specializzata Chainanalysis, questa cifra raggiunge 5,4 milioni di dollari; mentre le indagini di Binance hanno portato a un numero ancora superiore: 7,2 milioni. Certo, niente di paragonabile alle cifre raccolte tramite criptovalute dall’Ucraina (che già a luglio dell’anno scorso aveva   così ottenuto 135 milioni di dollari), ma in questo settore le differenze tra le due nazioni sono enormi.

Prima di tutto, l’Ucraina – che ovviamente riceve anche offerte in denaro tradizionale – ha fin dall’inizio espressamente richiesto di ricevere criptovalute, divulgando l’indirizzo a cui inviarle tramite il canale Twitter ufficiale del governo. Inoltre, ovviamente, il supporto internazionale ed economico a favore di Kiev è immensamente superiore a quello della Russia, che inoltre non può fare richiesta di donazioni estere in maniera così esplicita e trasparente (e nemmeno vuole farlo, per evitare che venga interpretato come un segnale di debolezza).

Nonostante si tratti al massimo di una manciata di milioni di dollari, questi fondi hanno comunque un’importanza non trascurabile per l’esercito di Mosca. Per esempio, l’attrice e personalità di estrema destra Anastasia Mikhaylovskaya ha raccolto solo tramite il suo sito web oltre 30mila dollari (una cifra superiore è invece giunta tramite i vari canali Telegram anonimi che gestisce), impiegandoli per acquistare cibo, vestiti, medicine, giubbotti antiproiettili, elmetti, droni ed equipaggiamento ottico.

Il gruppo paramilitare Rusich, associato ai mercenari del gruppo Wagner, avrebbe invece raccolto oltre 200mila dollari in bitcoin, ether e varie stablecoin (criptovalute dal valore fisso), usandoli per acquistare munizioni, forniture mediche, dispositivi ottici, radio e altro ancora. Per aumentare l’afflusso di denaro, gli esperti informatici del gruppo Rusich impiegano anche alcune tattiche da cyberguerriglia, come per esempio hackerare un fondo di beneficenza ucraino per collegarlo a un loro wallet, tramite il quale hanno ricevuto almeno 30mila dollari in ether.

A occuparsi di raccogliere donazioni pro-Russia sono anche blogger come Vladimir Romanov, basato in Crimea, le sorelle influencer Yekaterina e Valentina Kornienko, presentatori tv come Yevgeny Poddubny (che ha raccolto oltre 200mila dollari) e molti altri ancora. Di fronte a tutto ciò, ovviamente, gli ucraini non stanno a guardare: una startup del settore blockchain come HAPI ha per esempio indetto una “stagione di caccia” ai wallet pro-Russia, offrendo una ricompensa alle persone che ne rintracciano il maggior numero e poi denunciando il tutto alle forze di cybersicurezza ucraine, che grazie a questa iniziativa sono riuscite a bloccare decine di account.

Mentre la guerra tradizionale non accenna purtroppo a calare di intensità, anche questo fronte dello scontro cyber tra Russia e Ucraina sembra destinato ad andare avanti ancora a lungo.