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Intelligenza artificiale

Le visioni dal futuro di Kai-Fu Lee

Le visioni dal futuro di Kai-Fu Lee
Assieme allo scrittore di fantascienza Chen Qiufan è autore di “AI 2041”, dove tra narrativa e saggistica viene indagato il mondo che, tra vent’anni, la tecnologia avrà creato
4 minuti di lettura

Vent'anni fa il panorama dell'innovazione tecnologica era radicalmente diverso da oggi: non esistevano Facebook, Twitter e nemmeno gli smartphone. La realtà virtuale era stata quasi abbandonata dopo gli esperimenti degli anni Novanta. Il deep learning che oggi alimenta le intelligenze artificiali era poco più di una chimera, studiato quasi di nascosto da una piccola nicchia di scienziati. In due decenni il mondo si è trasformato: social network e smartphone hanno cambiato per sempre la società, la realtà virtuale - nonostante qualche difficoltà - vive una seconda giovinezza, mentre l'intelligenza artificiale si è rivelata una tecnologia realmente trasformativa, sfruttata quotidianamente in sempre più ambiti e che continua a sorprenderci per le sue continue evoluzioni.
Come sarà allora il mondo tech tra altri vent'anni? A questa domanda hanno provato a rispondere in AI 2041: scenari dal futuro dell'intelligenza artificiale (ed. Luiss) lo scienziato informatico, saggista e investitore taiwanese Kai-Fu Lee, tra i massimi esperti di intelligenza artificiale, e Chen Qiufan, uno dei più noti autori cinesi di fantascienza.

Ai dieci racconti scritti da Qiufan, ambientati nel 2041 ai quattro angoli del pianeta, si accompagnano i brevi saggi di Kai-Fu Lee, che affrontano e sviscerano potenzialità e rischi delle tecnologie protagoniste dei racconti (realtà mista, computer quantistici, auto autonome, IA, deepfake...), oltre a immaginare realisticamente quale livello di maturazione e impatto sulla società avranno raggiunto nel giro di vent'anni. Intervistiamo Kai-Fu Lee, collegato via Zoom da Taiwan.

Nonostante i saggi e i racconti siano stati creati in sinergia, a volte tra le due parti del libro si avverte un leggero contrasto: se nei racconti è presente una vena distopica a volte anche accentuata (come nel caso dell'avvicente "Genocidio quantistico"), nella parte saggistica prevale l'ottimismo e l'entusiasmo che da sempre la caratterizza. Quale delle due visioni prevarrà nel nostro futuro?


"È comprensibile che la tecnologia generi preoccupazioni. Dovremmo però fare un passo indietro e osservare le cose in chiave storica. Anche l'automobile era considerata una tecnologia spaventosa, così come lo sono state l'elettricità e i personal computer. Se guardiamo alle grandi innovazioni tecnologiche, all'inizio sono sempre sembrate spaventose e sempre ci sono state persone che hanno chiesto di fermare tutto. Certo, nel breve termine possono creare problemi; sul lungo periodo, però, tutte queste innovazioni hanno portato più benefici che problemi. Tra l'altro, come spiego nel libro, la tecnologia è in grado anche di trovare soluzioni ai problemi che crea: antivirus per i virus informatici, il salvavita nei casi di elettrocuzione e un giorno troveremo soluzioni anche per le fake news o per gli errori dell'intelligenza artificiale. Ovviamente non è garantito che le cose andranno così, soprattutto nel caso dell'IA: ChatGPT per esempio apre un vaso di Pandora in termini di possibili abusi e di diffusione di contenuti falsi. In generale, però, abbiamo sempre ottenuto più benefici che problemi dalla tecnologia".

Proprio ChatGPT è stato l'indiscusso protagonista degli ultimi mesi, uno strumento che - oltre ai rischi da lei accennati - fa temere che un domani possa sostituire l'uomo non solo nelle mansioni più banali e ripetitive, ma anche in campi che richiedono creatività o addirittura sensibilità. È uno scenario immaginato in AI 2041 nel racconto "Il salvatore di posti di lavoro", in cui si immaginano IA che fanno colloqui di lavoro e selezionano il personale senza che i candidati nemmeno se ne accorgano. Quanto è credibile uno scenario del genere?

"Il settore delle risorse umane è sicuramente tra i più difficili da sostituire, perché richiede empatia, connessione, fiducia: tutte cose che la macchina non è in grado di avere. Personalmente sono stupefatto dai progressi di ChatGPT; detto ciò, è chiaro che non è ancora pronto per il grande salto: non può per esempio scrivere news o essere usato come motore di ricerca, perché non sa riconoscere ciò che è vero o falso. Può però essere un fantastico assistente, che ha a disposizione tutta la conoscenza del mondo ed è in grado di recuperare informazioni. Certo, è un assistente che ha la pessima caratteristica di inventarsi ogni tanto le cose, ma l'importante è che ci sia un essere umano che seleziona e filtra".

La strada per passare da ChatGPT alle cosiddette intelligenze artificiali generali - di livello pari o superiore a quello umano - insomma è ancora molto lunga.

"ChatGPT è addestrato per prevedere statisticamente le parole che possono completare una frase o rispondere a una domanda. Sembra che conversi in maniera sensata e già questo ha del miracoloso. Ciò che adesso dobbiamo fare è quindi addestrare questi strumenti all'astrazione, alla memoria, alla vera comprensione e ad avere cognizione. Siamo appena all'inizio e ci vorrà ancora molto tempo, ma personalmente sono entusiasta".

Benché il deep learning abbia già dimostrato le sue enormi potenzialità, ci sono applicazioni che sembrano aver raggiunto una fase di stallo, per esempio le auto autonome. Allo stesso tempo siamo ancora nella fase embrionale di un'altra tecnologia potenzialmente rivoluzionaria come quella dei computer quantistici. Entrambe sono protagoniste dei racconti di AI 2041: quante possibilità ci sono realmente che nel giro di vent'anni diventino realtà consolidate?

"Penso che tutte le tecnologie presenti nel libro diventeranno realtà e che le mie previsioni siano in realtà abbastanza conservative. L'unica di cui non sono sicuro al 100% sono proprio i computer quantistici, che forse richiederanno più tempo. Per quanto invece riguarda le auto autonome non ho dubbi, anche perché stanno gradualmente migliorando e imparando a gestire scenari sempre più complessi. Attenzione però: molte società americane, come per esempio Waymo, stanno cercando di creare subito il prodotto perfetto da utilizzare in tutti gli scenari. È un'ambizione ammirevole, ma preferisco l'approccio cinese: produrre qualcosa di semplice che funziona in ambienti definiti e può già avere applicazioni commerciali. Su questa base di partenza si può poi continuare a costruire".

AI 2041 è stato scritto quando ancora Mark Zuckerberg non aveva annunciato il suo progetto di metaverso, ma nel libro è comunque presente un ambiente virtuale, immersivo, aperto e in cui le persone - in un mondo in cui il Covid è diventato una minacciosa presenza costante - hanno trasferito gran parte della propria vita. C'è poco da stupirsi, visto che lei è uno dei pionieri della realtà virtuale, su cui lavorava già negli anni Novanta. Che idea si è fatto del metaverso?

"Penso che ci vorrà ancora molto tempo perché una visione di questo tipo prenda piede. Oggi dietro al metaverso c'è più che altro l'hype generato da aziende troppo ottimiste sulla possibilità che questo progetto si concretizzi e diffonda. Non è così facile creare un ambiente immersivo, in 3D e di qualità usando visori comodi, che non richiedono troppa energia, non costano troppo ecc. Inoltre non credo nel metaverso per le interazioni sociali, per il commercio e altre applicazioni seriose di questo tipo. Col tempo potrebbe capitare, ma non è per noi naturale farci amici in realtà virtuale o fare acquisti immobiliari. A meno che ciò non avvenga nel gaming, l'ambito in cui vedo le maggiori potenzialità assieme ai film e all'intrattenimento. Prima che si diffonda ci vorranno ancora tre o cinque anni. E poi vedremo come evolverà".