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Un nuovo lander per la Luna, lo costruirà Blue Origin di Jeff Bezos

Un nuovo lander per la Luna, lo costruirà Blue Origin di Jeff Bezos
La Nasa ha selezionato Blue Moon della compagnia aerospaziale del fondatore di Amazon. Sarà il veicolo per fare la spola dalla stazione orbitante alla superficie e ritorno con equipaggio. Debutterà con la missione Artemis V nel 2029. Investimento: oltre 7 miliardi 
3 minuti di lettura

Non c’è solo SpaceX. La Nasa ha scelto un secondo sistema di trasporto per sbarcare sulla Luna. Sarà quello di Blue Origin, che questa volta l’ha spuntata, dopo essere stata scartata due anni fa. Blue Moon, questo il nome del lander, farà il suo debutto nel 2029 con la missione Artemis V, la terza a riportare astronauti sulla superficie. L’Agenzia spaziale americana ha annunciato il risultato della selezione per un veicolo “sostenibile”, che dovrà fare la spola tra la base spaziale in orbita lunare che sarà costruita nei prossimi anni, e la superficie. “Due anni fa abbiamo annunciato il primo lander per riportare l’umanità sulla Luna - ha detto l’amministratore della Nasa annunciando il vincitore - ora siamo qui per mantenere una promessa”. È quella di dotarsi di un veicolo per missioni fino a 30 giorni sulla Luna. Dopo il successo dei primi voli di turismo spaziale, salti di appena 100 chilometri, Bezos dunque punta alla Luna.

Contratto e investimento miliardari

Blue origin è a capo del “National team”, formati da colossi americani dello spazio e di realtà più piccole: Lockheed Martin, Boeing, l’azienda di software spaziali Draper, Astrobotic, specializzata in robot e lander per l’esplorazione e Honeybee Robotics. Un contratto del valore di 3,5 miliardi di dollari ai quali Blue Origin ha detto che aggiungerà un investimento ancora maggiore. Ha vinto contro la proposta di Dynetics. Il contratto ha un valore di circa 3,5 miliardi di dollari, ha rivelato Jim Free, associate administrator dell’Exploration systems development mission directorate, e il vicepresidente di Blue Origin John Couluris ha aggiunto che la compagnia investirà una somma ancora maggiore. Il totale supera i sette miliardi. Proprio come Starship, Blue moon dovrà però dare prova di affidabilità. Per questo sono attesi test in vista del suo utilizzo, uno dei quali, un anno prima di Artemis V, consisterà nel lancio e discesa sulla Luna, senza equipaggio

Su e giù, da e per la Luna

Dopo aver optato per Starship di SpaceX come sistema principale per riportare un equipaggio in esplorazione tra mari e crateri del nostro satellite, la Nasa ha infatti lanciato un concorso per un secondo lander, da utilizzare quando il programma Artemis sarà già in fase avanzata. Artemis III, prevista per il 2024, prevede di riportare l’umanità sulla Luna, il lander per Artemis IV sarà ancora un esemplare di Starship modificato per rispondere ai requisiti imposti dalla Nasa. Al decollo di Artemis V (previsto ancora nel 2029) dovrà già esserci il Lunar Gateway come base orbitante, al quale il nuovo lander di Blue Origin dovrà agganciarsi. Fino a quattro astronauti potranno, da lì, scendere per attività sulla Luna e fare rientro dopo qualche giorno. L’idea alla base è molto diversa dal concetto che sta dietro a Starship di SpaceX. Il concept, la forma e la funzione, ricorda più un sistema come quello dell’Apollo. Molto più piccolo del veicolo targato SpaceX, servirà principalmente da “ascensore” tra la Luna e l’orbita. E da habitat, per la permanenza di una settimana ma “con la capacità di restare fino a 30 giorni” ha detto Free. 

Blue Moon ha zampe sottili e un design non certo aerodinamico (ed è proprio questo il punto) rispetto a Starship. A differenza di quella che è a tutti gli effetti un’astronave, il lander non è concepito per fare rientro in atmosfera sulla Terra, ma come veicolo di servizio riutilizzabile molte volte, sempre in loco. È il criterio principale per la “sostenibilità” richiesto dalla Nasa in questo secondo bando. Avrà una vita con meno traumi, sicuramente, e meno bisogno di check e manutenzioni. Soprattutto: non bisognerà riportarlo indietro, rimetterlo in testa a un razzo e lanciarlo ogni volta, come accade con SpaceX (che però ha capacità di carico enormi: 100 tonnellate fino alla Luna). Una volta terminata la missione, infatti, l’equipaggio farà ritorno verso casa ripartendo dal Gateway con la capsula Orion, la stessa usata per decollare dalla Terra. Il Gateway, che verrà costruito assieme ad Agenzia spaziale europea, quella giapponese, la Jaxa, e quella canadese, sarà il porto d’attracco, l’infrastruttura cardine, collettore delle attività e dei “traffici” in questa prima ripresa dell’esplorazione lunare.

I consorzi che avevano ufficialmente dichiarato di essere in corsa per questa assegnazione sono, appunto, il “National team” di Blue Origin e quello guidato da Dynetics, che tra i subcontractor ha anche Thales Alenia Space, joint venture tra Thales (67%) e Leonardo (33%), i cui moduli pressurizzati, che hanno preso forma a Torino, compongono già una buona parte della Stazione spaziale internazionale.

I due team avevano già partecipato alla prima selezione, quella con cui la Nasa, ad aprile 2021, ha scelto la navetta per riportare esseri umani sulla Luna, in questo caso la prima donna e la prima persona di colore. L’aveva però spuntata SpaceX, con una coda di ricorsi da parte di Blue Origin. Ma subito dopo si è aperta una nuova opportunità, con una serie di contratti assegnati già a settembre di quell’anno, separatamente, a cinque aziende, per lo sviluppo di un sistema di allunaggio umano (Human landing system, Hls) e un totale investito da parte della Nasa di 146 milioni di dollari. Ora l’ultima scrematura ha decretato il vincitore.