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Young Innovators Forum

Gli under 35 non hanno paura delle IA: per i giovani imprenditori, il futuro è nelle intelligenze artificiali

Gli under 35 non hanno paura delle IA: per i giovani imprenditori, il futuro è nelle intelligenze artificiali
Dal secondo Report su Innovazione e Digitale di Angi emergono aspettative e desideri dei professionisti di domani. E anche lo scollamento con le generazioni che li hanno preceduti
2 minuti di lettura

all’intelligenza artificiale, forse all’ecommerce, decisamente no alla fuga dei cervelli: questi, in estrema sintesi, i punti salienti che emergono dalla seconda edizione del Rapporto dell’Osservatorio su Innovazione e Digitale, intitolato Giovani, innovazione e transizione digitale e presentato a Milano durante lo Young Innovators Business Forum.

Dal report, promosso dall’Associazione nazionale Giovani innovatori e realizzato attraverso 1500 interviste, si capisce che gli under 35 non temono affatto l’intelligenza artificiale, che secondo loro rappresenterebbe il primo motore dell’innovazione e il principale trend della transizione ecologica e digitale.

Il ruolo delle IA per plasmare il futuro

Secondo la ricerca di Angi, per i giovani il futuro è decisamente nelle IA: lo sostiene il 20% di loro, contro il 10% degli italiani in generale, cosa che segna un deciso cambio di rotta rispetto alle generazioni precedenti, che continuano a considerare dominanti altre tendenze, come l’ecommerce (un trend del futuro secondo il 10% degli italiani contro il 3% degli under 35). Gabriele Ferrieri, presidente di Angi, ha spiegato che “il potenziale dell’intelligenza artificiale è considerato ancora tutto da esplorare e offre nuove opportunità, oltre che spazio per l’apporto di competenze e idee da parte dei nuovi giovani professionisti che faranno il loro ingresso nelle aziende”.

Ingresso che dovrà essere fatto dopo un’adeguata formazione e che è una delle fasi più critiche del percorso professionale dei più giovani: secondo loro, il ruolo di tramite fra la scuola e il mondo del lavoro spetta prima di tutto alle università (lo pensa il 53,7% del campione), poi allo Stato (51,7%) e solo in terza battuta alle aziende stesse (lo pensa il 40,8% dei giovani).

Due problemi: fare esperienza e fuga dei cervelli

Trovata la strada, è però difficile percorrerla. O almeno iniziare a percorrerla. E il report di Angi illustra le ragioni degli ostacoli che i giovani lavoratori si trovano ad affrontare: secondo il 64,7% degli under 35, lo scoglio principale è dovuto alla richiesta di un'esperienza minima, che ovviamente non hanno ancora avuto occasione di costruire. A seguire, la scarsa propensione delle aziende ad assumere (un problema per oltre il 54% del campione), ma anche l’idea per cui un laureato sia troppo qualificato, che rappresenta un fattore rilevante per il 38,9% degli under 35, e comprensibilmente le offerte economiche poco gratificanti (nel 21,2% dei casi).

Queste, tutte queste sommate insieme, sono le ragioni per cui il nostro Paese soffre ancora (e molto) della cosiddetta fuga dei cervelli verso altri Paesi, dove si cercano occasioni per dimostrare e veder riconosciuto il proprio talento. Su questo, gli under 35 hanno dubbi: andare all’estero per lavorare è sempre meno una scelta e sempre più una necessità. Ad aggravare la questione, il fatto che la fuga dei cervelli rappresenti un problema per la quasi totalità dei giovani (il 90% del campione) contro solo il 70% degli italiani in generale.

Due opportunità: più sostenibilità e meno gender gap

Al di là di questo, e una volta arrivati finalmente nel mondo delle imprese, i più giovani ritengono che la sostenibilità non sia solo l’ennesima buzzword ma “un elemento inevitabile” da prendere in considerazione, anche per attrarre consumatori e talenti. Il primo fattore considerato dagli under 35 su questo fronte è l’integrazione del modello d’impresa con i princìpi della sostenibilità, importante per il 38,7% dei giovani; a seguire (nel 31,2% dei casi) c’è la sostenibilità del prodotto durante tutto il suo ciclo di vita e anche che la sostenibilità sia trasversale a tutte le funzioni e a tutti i processi aziendali, cioè non solo quello che fa l’azienda ma anche il modo in cui lo fa (importante per il 19,2% degli intervistati).

E però, la sostenibilità non è solo una questione ambientale ma anche sociale. E il problema delle donne che restano ancora in gran parte tagliate fuori dal mondo della tecnologia e non vedono riconosciuto il loro ruolo come innovatrici, è ancora un problema. Lo pensa il 51,7% del campione, percentuale che si alza nettamente, evidenziando il cambio di sensibilità delle nuove generazioni, tra gli under 35: quasi il 70% di loro ritiene che le donne siano poco o per nulla riconosciute nel mondo tech, mentre crede che lo siano abbastanza solo il 20,1%.

@capoema