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Licenziamenti delle bigtech, quanta inefficienza

Licenziamenti delle bigtech, quanta inefficienza
(reuters)
2 minuti di lettura

Come ha fatto notare tal Arturo Bandini con un tweet di qualche giorno fa, sono davvero impressionanti i numeri relativi alle persone licenziate negli ultimi tempi:

Amazon 18 mila

Google 12 mila

Meta 11 mila

Microsoft 10 mila

Salesforce 8 mila

Twitter 4 mila

Forestali in Sicilia 0

 

Ci sono, su questa terra, mondi paralleli. Alcuni seguono l’andamento dell’economia, altri ne sono totalmente avulsi. O peggio: il loro operare contribuisce in negativo all’andamento dell’economia stessa. Il settore pubblico potrà ancora permettersi a lungo tali livelli di inefficienza?

Chi certamente non può permetterselo è il segmento crypto, toccato durissimo nel 2022 dalla crisi mondiale e dai modelli opachi e insostenibili di tante imprese centralizzate. Come tutti sappiamo il risultato è stato una moria incredibile di aziende (l’ultima è Genesis Trading, come già anticipato in un mio post di fine anno), con conseguente perdita di migliaia di posti di lavoro.

Ma ciò che non uccide fortifica. Così, sottotraccia, sono tante le imprese e le DAO che, avendo saputo resistere ai crolli di cui sopra, stanno lavorando sodo per progettare la nuova fase del mercato. Sarà la fase della maturazione. In Europa arriverà finalmente il regolamento MiCA: il voto finale è slittato ad aprile, che è comunque dietro l’angolo. E ad un mercato finalmente regolamentato dovrà fare da contraltare un’industria più strutturata: tecnologie più solide, servizi più sostenibili e, nel complesso, maggiore efficienza. Quest’ultimo tema, l’efficienza, potrebbe essere un forte elemento distintivo dell’industria crypto del futuro prossimo se saprà unire le caratteristiche di fondo delle criptovalute con un modello di fare impresa più focalizzato sui “fondamentali”.

Facciamo un passo indietro e diamo un’occhiata al mondo delle banche e della finanza classica. Essa opera con le valute fiat, come l’euro e il dollaro, emesse e controllate da banche centrali. In quanto tali, le valute fiat sono inflattive: quando le banche centrali “accendono la stampatrice” il numero di banconote sul mercato aumenta, il loro valore decresce e con esso il potere d’acquisto. Un esempio? Nel 1963 il manager dei Beatles acquistò un paio di chitarre elettriche per George Harrison e John Lennon, pagandole circa 450 sterline. Chitarre simili oggi costerebbero venti volte di più.

Un altro esempio più vicino a noi? Dieci anni fa, per acquistare un iPhone servivano 650 dollari oppure 12 Bitcoin. Oggi per portarti a casa un iPhone 14 devi sborsare ben 900 dollari ma appena 0,05 Bitcoin. Tutto questo in soli dieci anni. A ben vedere, lo scopo ultimo di chi lavora nella finanza classica è quello di limitare i danni insiti nella natura inflattiva delle valute fiat. Sono milioni le persone nel mondo che lavorano per proteggere i nostri risparmi. Inventano ogni tipo di servizio e prodotto finanziario per darci, alla fine dell’anno, un risultato almeno pari al valore dell’inflazione ufficiale (e sappiamo tutti che quella reale, almeno in questo periodo storico, è almeno il doppio). Naturalmente, questi servizi e prodotti costano, perché milioni di persone vanno giustamente pagate.

A ben vedere, si tratta di un colossale sistema di grandiosa inefficienza. La DeFi non ha bisogno di niente del genere. Prendiamo ad esempio Uniswap, il più grande exchange decentralizzato al mondo. E’ arrivato a transare l’equivalente di oltre un miliardo di dollari al giorno. E’ un protocollo, un software dietro al quale operano appena una ventina di persone: geni della matematica e dell’informatica senza dubbio, ma appena venti persone. E se quel miliardo al giorno dovesse crescere di dieci o cento volte non vi sarebbe sostanzialmente bisogno di altro personale. La stessa cosa vale per tutti gli altri soggetti della finanza decentralizzata: la loro efficienza è quasi incredibile se rapportata a quella della finanza classica. Questo, tra le altre cose, si traduce in costi risibili per chi utilizza quei servizi: un buon esempio di come la tecnologia blockchain genera efficienza e valore.

La domanda è lecita: per quanto tempo l’industria bancaria mondiale potrà far finta di nulla di fronte a tutto ciò? E lo sono altre due: se alla blockchain sommiamo la prossima generazione di AI (che ad esempio farà in pochi secondi software complessi) quali tipi servizi potremo mai avere? E tutti noi, i milioni che lavorano nelle banche e nel software e un po’ ovunque, tutti noi, che faremo? I forestali, forse?