L'elezione di Ignazio La Russa a Presidente del Senato, a metà ottobre dell'anno scorso, aveva già scatenato polemiche e reazioni negative con una netta prevalenza di opinioni critiche al fatto che la seconda carica dello Stato abbia un passato dichiaratamente (neo)fascista, come emergeva chiaramente dall'analisi svolta sulla questione.
Nei giorni scorsi, La Russa, rispondendo alle parole del condirettore di Libero, Pietro Senaldi, ha dichiarato che l'attentato di via Rasella "non è stata una pagina nobilissima della Resistenza" per poi affermare: "No, tutt'altro, anche perché quelli che vennero uccisi non erano biechi nazisti delle SS, ma era una banda di semipensionati, una banda musicale".
Già nel 1996 il Giornale scrisse una serie di articoli descrivendo la colonna militare come composta da persone anziane e poco o nulla armate. E proprio su quella vicenda la magistratura italiana condannò la testata per diffamazione, in una causa intentata dai partigiani sopravvissuti.
Naturale dunque che le dichiarazioni del Presidente del Senato, in difesa di Giorgia Meloni, che solo pochi giorni prima aveva sostenuto che i 335 morti dell'eccidio delle Fosse Ardeatine - la risposta del regime nazista proprio all'attentato di via Rasella - fossero stati "massacrati solo perché italiani", abbiano scatenato una bufera.
Ignazio La Russa, che già venerdì quando la sua storia dei nazisti musicisti di via Rasella aveva cominciato a circolare era intervenuto con una nota per precisare di non aver definito l'azione partigiana "ingloriosa, bensì tra le meno gloriose", ieri di fronte alle critiche ha poi chiesto scusa. O quasi. "Non ho difficoltà a precisare che ho sbagliato a non sottolineare che i tedeschi uccisi in via Rasella fossero soldati nazisti ma credevo che fosse ovvio e scontato oltre che notorio".
Al riguardo Ezio Mauro, ex Direttore di Repubblica, scrive che si una tattica consolidata, che procede tra provocazione e dissimulazione. Si forzano i muri maestri del sistema, si saggia la loro resistenza, si misura la coscienza nazionale del limite, spostandola continuamente più in là, per delegittimare l'antifascismo come valore fondante del Paese.
Interpretazione con la quale pare siano d'accordo buona parte degli italiani. O quanto meno buona parte degli italiani che si sono espressi online al riguardo.
Infatti, dalla nostra analisi delle conversazioni online (social + news online + forum e blog) relative a La Russa emerge un sentiment, la quota di emozioni e, appunto, sentimenti contenuti nelle verbalizzazioni online, in netta prevalenza negativo.

In questi giorni, poco meno di 34mila citazioni per La Russa, da parte di oltre 4mila autori unici, i cui contenuti hanno coinvolto (like + reaction + commenti e condivisioni) più di 232mila soggetti. Volume di conversazioni online che hanno generato una portata potenziale, la cosiddetta "opportunity to be seen" (ovvero appunto l'opportunità che teoricamente hanno avuto in base a tali volumi di conversazioni di essere esposti a contenuti relativi all'alluvione), di oltre 7 miliardi di visualizzazioni sul tema.
Stimiamo ragionevolmente che la portata effettiva si attesti a 350 milioni di impression, di visualizzazioni effettive di contenuti relativi al tema in questione. In pratica è come se, teoricamente, ogni italiano avesse visto circa sei volte un contenuto al riguardo.
Di questi uno dei contenuti che è diventato più virale è un articolo di Repubblica sulla vicenda. Articolo che ha coinvolto poco meno di 5mila persone e avuto, stando alle stime di Semrush, piattaforma spesso utilizzata per la ricerca di parole chiave e dati di ranking online, più di 206mila visite, diffondendosi, appunto, in maniera virale online sui social, su altri quotidiani online e altrove, come mostra l'infografica di sintesi dei dati della nostra analisi.
Insomma, pare davvero che online gli italiani abbiano raccolto l'invito della scrittrice sopravvissuta alla Shoah a protestare. E che il Presidente del Senato abbia perso l'ennesima occasione per dimostrare la neutralità che il suo ruolo gli impone.