Lo smartwatch e l'arte di camminare

In questo periodo la domanda che mi sento rivolgere più spesso è: “Ma davvero ci vai a piedi?”. Ieri mi è successo di nuovo. Dovevo raggiungere un'antica libreria nel centro di Roma per moderare un convegno su ambiente e Costituzione: a un po’ più di quattro chilometri da casa. Ho impostato come faccio sempre il percorso su Google Maps e ho visto che in motorino ci avrei messo 30 minuti, con la metro 40, camminando 45 minuti. Non ho avuto dubbi: ho scelto di camminare. Lo faccio da quando ho scoperto che fa davvero bene alla salute. Cioè si è sempre detto: ma lo smartwatch che misura il movimento che faccio ogni giorno, me lo ribadisce ogni istante. La passeggiata di ieri valeva, andata e ritorno, seicento calorie, come una seduta in palestra o una partita a tennis. E poi vuoi mettere: durante quel tragitto con lo smartphone, puoi ascoltare la musica, o il podcast preferito, oppure toglierti tutte quelle telefonate di lavoro in sospeso (alcuni lo fanno sulla metro, facendo sentire a tutti i fatti propri, lasciamo stare). O ancora meglio: durante quelle passeggiate puoi pensare: si dice che camminare aumenti la creatività. O anche solo scoprire una bottega nel tuo quartiere di cui non sapevi nulla. Il potere benefico di una camminata è una storia antica: senza scomodare i cammini mistici tipo quello di Santiago o la via Francigena, o le passeggiate che facciamo in vacanza, camminare quando si può è una scelta di vita. I medici dicono che non sei davvero vecchio fino a quando puoi camminare per gli effetti che quel movimento coordinato ha sul cervello. Ma può anche essere l’inizio di una rivoluzione collettiva: diceva un grande saggio, sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Ecco, io vorrei vedere un mondo liberato da gran parte automobili, con l’aria più pulita e le strade popolate da persone che sfidano la pigrizia per sentirsi meglio e magari conoscersi. 

Ho iniziato a farlo da un po’ e sto benissimo.