In evidenza
Sezioni
Magazine
Annunci
Quotidiani GNN
Comuni
      1. Aiello del Friuli
      2. Amaro
      3. Ampezzo
      4. Andreis
      5. Aquileia
      6. Arba
      7. Arta Terme
      8. Artegna
      9. Arzene
      10. Attimis
      11. Aviano
      12. Azzano Decimo
      1. Bagnaria d'Arsa
      2. Barcis
      3. Basiliano
      4. Bertiolo
      5. Bicinicco
      6. Bordano
      7. Brugnera
      8. Budoia
      9. Buia
      10. Buttrio
      1. Camino al Tagliamento
      2. Campoformido
      3. Campolongo al Torre
      4. Caneva
      5. Carlino
      6. Casarsa della Delizia
      7. Cassacco
      8. Castelnovo del Friuli
      9. Castions di Strada
      10. Cavasso Nuovo
      11. Cavazzo Carnico
      12. Cercivento
      13. Cervignano del Friuli
      14. Chions
      15. Chiopris-Viscone
      16. Chiusaforte
      17. Cimolais
      18. Cividale del Friuli
      19. Claut
      20. Clauzetto
      21. Codroipo
      22. Colloredo di Monte Albano
      23. Comeglians
      24. Cordenons
      25. Cordovado
      26. Corno di Rosazzo
      27. Coseano
      1. Dignano
      2. Dogna
      3. Drenchia
      4. Enemonzo
      5. Erto e Casso
      1. Faedis
      2. Fagagna
      3. Fanna
      4. Fiume Veneto
      5. Fiumicello
      6. Flaibano
      7. Fontanafredda
      8. Forgaria nel Friuli
      9. Forni Avoltri
      10. Forni di Sopra
      11. Forni di Sotto
      12. Frisanco
      1. Gemona del Friuli
      2. Gonars
      3. Grimacco
      1. Latisana
      2. Lauco
      3. Lestizza
      4. Lignano Sabbiadoro
      5. Ligosullo
      6. Lusevera
      1. Magnano in Riviera
      2. Majano
      3. Malborghetto Valbruna
      4. Maniago
      5. Manzano
      6. Marano Lagunare
      7. Martignacco
      8. Meduno
      9. Mereto di Tomba
      10. Moggio Udinese
      11. Moimacco
      12. Montenars
      13. Montereale Valcellina
      14. Morsano al Tagliamento
      15. Mortegliano
      16. Moruzzo
      17. Muzzana del Turgnano
      1. Nimis
      1. Osoppo
      2. Ovaro
      1. Pagnacco
      2. Palazzolo dello Stella
      3. Palmanova
      4. Paluzza
      5. Pasian di Prato
      6. Pasiano di Pordenone
      7. Paularo
      8. Pavia di Udine
      9. Pinzano al Tagliamento
      10. Pocenia
      11. Polcenigo
      12. Pontebba
      13. Porcia
      14. Pordenone
      15. Porpetto
      16. Povoletto
      17. Pozzuolo del Friuli
      18. Pradamano
      19. Prata di Pordenone
      20. Prato Carnico
      21. Pravisdomini
      22. Precenicco
      23. Premariacco
      24. Preone
      25. Prepotto
      26. Pulfero
      1. Ragogna
      2. Ravascletto
      3. Raveo
      4. Reana del Rojale
      5. Remanzacco
      6. Resia
      7. Resiutta
      8. Rigolato
      9. Rive d'Arcano
      10. Rivignano
      11. Ronchis
      12. Roveredo in Piano
      13. Ruda
      1. Sacile
      2. San Daniele del Friuli
      3. San Giorgio della Richinvelda
      4. San Giorgio di Nogaro
      5. San Giovanni al Natisone
      6. San Leonardo
      7. San Martino al Tagliamento
      8. San Pietro al Natisone
      9. San Quirino
      10. San Vito al Tagliamento
      11. San Vito al Torre
      12. San Vito di Fagagna
      13. Santa Maria La Longa
      14. Sauris
      15. Savogna
      16. Sedegliano
      17. Sequals
      18. Sesto al Reghena
      19. Socchieve
      20. Spilimbergo
      21. Stregna
      22. Sutrio
      1. Taipana
      2. Talmassons
      3. Tapogliano
      4. Tarcento
      5. Tarvisio
      6. Tavagnacco
      7. Teor
      8. Terzo d'Aquileia
      9. Tolmezzo
      10. Torreano
      11. Torviscosa
      12. Tramonti di Sopra
      13. Tramonti di Sotto
      14. Trasaghis
      15. Travesio
      16. Treppo Carnico
      17. Treppo Grande
      18. Tricesimo
      19. Trivignano Udinese
      1. Udine
      1. Vajont
      2. Valvasone
      3. Varmo
      4. Venzone
      5. Verzegnis
      6. Villa Santina
      7. Villa Vicentina
      8. Visco
      9. Vito d'Asio
      10. Vivaro
      1. Zoppola
      2. Zuglio

La Corte europea dei diritti un umani riconosce il diritto a cancellare la storia

La Corte europea dei diritti un umani riconosce il diritto a cancellare la storia
3 minuti di lettura

La sentenza emessa sul caso 77419/16 (Biancardi v Italy) dalla Prima Sezione della Corte Europea dei diritti umani lo scorso 25 novembre 2021 aumenta il raggio d’azione del “diritto all’oblio” che ritiene applicabile anche direttamente alle testate online e non solo ai motori di ricerca.

Il caso riguarda una testata online italiana condannata in sede civile dalla Corte di cassazione per non avere deindicizzato un articolo di cronaca ritenuto non più attuale e dunque —questo è il nodo— privo di interesse pubblico perché relativo a una “persona comune” e non a un personaggio pubblico.

Tentando una mediazione impossibile, la Corte europea sostiene quanto deciso dalla Cassazione italiana e conferma che un articolo pur non diffamatorio (e dunque pubblicato lecitamente) relativo a una “persona comune” non va cancellato, ma deve essere “solo” deindicizzato sia dai motori di ricerca, sia dagli editori che lo hanno pubblicato. In altri termini, l’articolo può anche rimanere online ma non deve essere possibile recuperarlo se non si conosce il link diretto per raggiungerlo.

In applicazione di questo principio, le testate online — tutte le testate online— dovranno rimettere mano ai propri archivi per valutare individualmente ogni singolo articolo e decidere se de-indicizzarlo anche dai propri motori di ricerca, implementare funzioni di “autodeindicizzazione” nelle proprie piattaforme, e dovranno porsi addirittura il problema, per il futuro, di cosa pubblicare o meno per evitare di essere sommersi da ricorsi e azioni giudiziarie.

L’importanza della memoria per conservare il sapere

Nonostante il contentino dell’escludere l’obbligo di cancellazione dei contenuti, di fatto la Corte nega (o non prende in considerazione) il ruolo fondamentale delle notizie giornalistiche di cronaca “ordinaria” per la ricerca storica e sociologica. La conservazione della memoria collettiva, la possibilità per gli studiosi di sapere “come eravamo” e per capire come siamo diventati e come diventeremo, la ricostruzione della storia locale sono essenziali per l’identità di un Paese. Grazie al lavoro dei giornalisti del passato quante vicende sono state riscritte, quante persone riabilitate — o invece ritenute responsabili — per fatti che a posteriori è stato possibile rileggere, quanti cold case sono e potranno essere riaperti?

La fine della ricerca storica?

Stabilire il principio che solo le notizie che riguardano personaggi pubblici possono rimanere accessibili è una discriminazione paternalistica ma soprattutto, appunto, un colpo al sistema della fonti sulla base delle quali gli storici compiono le proprie analisi.

Esiste, in altri termini, un patto che attraversa il tempo fra i giornalisti di oggi e gli studiosi del futuro in base al quale oggi creiamo e custodiamo gli elementi che domani consentiranno di  continuare a capire e spiegare il mondo.

Un malinteso “senso della privacy”

La decisione della Corte rompe questo patto ed è l’ennesima prova dei danni provocati dalla imperante percezione isterica e distorta della “privacy” e dall’applicazione ideologica della normativa sulla protezione dei dati personali. In nome di questo feticcio abbiamo rinunciato a fare un contact-tracing efficace dei contagi da Coronavirus e ora avanziamo a tappe forzate verso la cancellazione della memoria.

Da queste premesse, è facile capire che ci sono diversi elementi critici nella decisione Biancardi.

In primo luogo, la Corte afferma che il diritto alla protezione dei dati personali ha il potere di “interferire” con la libertà di espressione. Tuttavia, la Corte non considera che la libertà di espressione, è cosa diversa dalla funzione e dal diritto alla libertà di stampa —cioè di informazione— tutelato dalla Costituzione. Dunque, l’interesse pubblico a garantire l’indipendenza dei giornalisti dovrebbe essere prevalente ma i giudici la pensano in un altro modo.

In secondo luogo, ma non meno importante, c’è la considerazione che la protezione dei dati personali è un strumentale alla tutela dei diritti fondamentali. Quindi non si può invocare la protezione dei dati personali a tutela del singolo quando è in gioco un interesse pubblico. Il ragionamento è identico a quello che sostiene la necessità di vaccinarsi: il diritto del singolo non può prevalere sull’interesse collettivo. Nel primo caso al controllo diffuso dei cittadini sul potere e alla conservazione della memoria, nel secondo alla salute pubblica. Tanto è vero questo, che il Regolamento sulla protezione dei dati personali consente il diritto alla cancellazione dei propri dati personali escludendo esplicitamente il caso della libertà di espressione, nei cui confronti il diritto a chiedere di cancellare i dati non opera.

In terzo luogo, ma questo è un argomento di interesse più per politici e giuristi, la normativa comunitaria, di qualsiasi tipo, non può incidere sugli interessi nazionali e sui diritti garantiti dalla Costituzione. Quindi la Corte avrebbe dovuto considerare anche questo profilo nella sua decisione e domandarsi se le “leggi” comunitarie potevano essere superare o meno la Costituzione italiana, ma non lo ha fatto.

Perché questa sentenza è grave

Scire est reminisci —sapere è ricordare— teorizzava Platone e dunque, come chiosava a lezione il mio professore di diritto penale, non ricordare vuol dire non sapere. Dunque, una sentenza che impone di cancellare la memoria è una sentenza che vieta di conoscere. In altri termini, in nome del “diritto all’oblio” di un singolo, la decisione della Corte europea contribuisce a condannare l’intera società alla barbarie dell’ignoranza e pone le basi  per la più imponente operazione di censura indiretta dei nostri tempi.