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Un festival che vuol resistere all’urto degli euroscetticismi

Torrenti richiama ai valori: «Senza cultura non c’è Europa»

2 minuti di lettura

CIVIDALE. Attraversando di corsa i decenni, ne bastano due in realtà, noti un deciso affetto del Mittelfest per una Storia che in qualche modo sta sempre per finire nel mentre inizia a ringhiare per scrollarsi di dosso i calcinacci. Il crollo è una maledetta costante, ma se nel 1991 il respiro del festival era profondo, un a tu per tu con un disegno nuovo, orizzonti ampi, senza muri tra i piedi, oggi - seppur con la stessa necessità di svolta europea - la sensazione è di strade nuovamente interrotte, nonostante le inservibili sbarre dei confini abbiano illuminato i caminetti degli studi presidenziali. È una maledizione, certo, ma guardando la faccenda dalla parte dell’arte, anche no. Egoisticamente.

Il numero ventitré compare nell’insegna color arancio, volendo pure nera o bianca, a piazer, di un Mittel con l’urgenza di liberare “Segnali”, di qualunque natura e foggia essi siano, l’importante è scrivere un capitolo suggestivo, che si appoggi simmetricamente sugli altri. Conta la continuità del gesto.

Cividale accoglie il Mittelfest 2014

Seguendo gli schemi collaudati dei cerimoniali, anche ieri nel ribollire di un pomeriggio cividalese, i costruttori di cartelloni e della politica regionale si sono affiancati in San Francesco per spiegare il senso di una scelta, peraltro concentrata ad assecondare il vento della creativitá contemporanea. «Un’era disillusa, la nostra - spiega il direttore Franco Calabretto (affiancato per il settore teatro da Rita Maffei) - e la forte presenza della gioventú sul palco sarà una carica di speranza affinché l’illusione si riprenda il proscenio della vita». Cinquantasei proposte che serviranno a stanare il significato del momento, pulsioni musicali, teatrali, di geometria della danza e di figura nel buon nome dei Podrecca.

[[(MediaPublishingQueue2014v1) Inaugurato Mittelfest 2014]]

Si confida nell’abbraccio cividalese, «l’unico luogo possibile per Mittelfest e nessun altro, macchina oliata che ha saputo vincere sfide difficili nel suo ventennale percorso, che sa accogliere e produrre, trovare sinergie e individuare i movimenti decisivi di un’Europa in crisi d’identità».

Sarà un appello alla bellezza con molta friulanità in campo e arditi cambi di ruolo. Lo Stefano Bollani distante dal suo pianoforte e impegnato a declamare, rappresenta la giusta dinamica per affrontare il confronto con gli altrove. Sarà un impegno a conservare l’impeto «di quando, negli anni della creazione - dice il sindaco Balloch - dodici nazioni europee sventolarono la stessa bandiera, credendoci. Riesce a sorprenderci ancora, stagione dopo stagione».

Si diceva continuità, uno di questi giorni. Nello sbandamento generale il Mittelfest rivela una resistenza stoica, con la benedizione della Regione, della Provincia («è un fatto di appartenenza», cosí il presidente Pitton), di Banca Popolare di Cividale («ci aiuta a superare lo scetticismo», dice il presidente Tilatti) e di Fondazione Crup («sarà un quadriennio di celebrazioni», ricorda il presidente D’Agostini) nessuno ha indietreggiato di fronte alle comuni cassaforti sguarnite. «Non c’è futuro senza cultura», sentenzia l’assessore regionale Gianni Torrenti. «Abbiamo l’obbligo di riconoscere e di individuare le strutture portanti del sapere friulgiuliano, promuoverle e sostenerle».

Frontiere sbriciolate. Una certa parte di mondo ha iniziato a colloquiare senza dover scavalcare muri per stringersi la mano. «Ora - ragiona Federico Rossi, neo presidente Mittelfest - subiamo l’urto degli euroscetticismi e l’attacco alle utopie. Non tutte possibili, ma molte realizzabili. Ecco, noi queste cerchiamo di perseguire e di realizzare con la collaborazione delle spalle robuste dell’equipaggio del festival e nel ricordo di uno di questi uomini che non hanno mai mollato la speranza di lasciare dei segni. Ennio Grasso se n’è andato e ci mancherà e non è soltanto circostanza, stavolta, era davvero l’amico di tutti. Lui diceva: “la cultura è una questione di cuore”. È proprio cosí».

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