Luoghi e storie di gusto in Friuli Venezia Giulia
In un libro il racconto cultural-gastronomico delle cucine a Nord-Est Il tesoro delle infinite tradizioni e ricette in un territorio ristretto
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Domani, mercoledì, alle 11.30, nella sede della Fondazione Friuli, in via Manin 15, a Udine, sarà presentato il libro “Luoghi e storie di gusto nel cuore dell’Europa” a cura dell’Accademia della Cucina sezione Friuli Venezia Giulia.
di BEPI PUCCIARELLI*...siede la Patria mia tra il monte,
e ’l mare quasi theatro c’abbia
fatto l’arte, non la natura...
(Erasmo da Valvasone)
Due versi che si potrebbero adattare benissimo anche ad altre regioni d’Italia. Ma poche altre regioni possono in un territorio d’estensione così limitata raccogliere tanta varietà di paesaggio, d’ambienti, di climi. Dalle Alpi Giulie alle Dolomiti Friulane, dalla sabbia d’oro di Lignano alla costiera triestina, passando per la laguna di Grado; e nel mezzo i laghi alpini, le valli del Natisone e della Carnia, le dolci colline della pedemontana, i “magredi”, la pianura bonificata, la zona delle risorgive, il Carso...
In questo caleidoscopio ambientale, nei secoli, ci sono passati un po’ tutti: dai paleoveneti, ai romani, ai barbari, turchi, slavi, e in tempi più recenti ancora veneti, fino alla caduta della Repubblica, francesi e austriaci.
Con queste premesse, non bisognerà stupirsi se anche nelle tradizioni gastronomiche del Friuli Venezia Giulia c’è di tutto un po’, con una varietà di piatti, di sapori, di tradizioni che spesso anche i friulani non conoscono abbastanza. Se l’Emilia vanta il suo prosciutto di Parma, il Friuli ha il San Daniele, l’affumicato di Sauris e quello di Cormons. Se in Veneto c’è la classica pasta e fasioi, il Friuli risponde con l’orzo e fagioli, la jota triestina (fagioli e crauti) e quella goriziana (fagioli e brovada).
In Carnia la cucina povera della tradizione si è arricchita con i funghi del bosco e con le erbe spontanee. Cosi anche nelle valli del Pordenonese, dove in aggiunta si trova anche la mitica Pitina, un salume antico che da poco ha ottenuto il riconoscimento della Igp.
Se il frico rimane con muset e brovade emblema del mangiar friulano, non bisogna dimenticare i cjalcions della Carnia e gli gnocchi di susine del Goriziano, che testimoniano gli influssi della Mitteleuropa. Della cucina marinara diremo soltanto che il boreto di Grado non e (a differenza di tutti i brodetti d’Italia) una zuppa di pesce; e che gli scampi in busara sono un ricordo della cucina istriana.
Un tempo, la tradizione gastronomica di un territorio si poteva sintetizzare con quello che era il grasso prevalentemente usato in cucina: l’olio d’oliva, il burro, lo strutto. Ebbene, in questa regione sono presenti ab immemorabili tutti e tre...
Tornando ai prodotti tipici, non bisogna dimenticare la trota (quella affumicata in particolare) il miele, le grappe e naturalmente, i vini. E non solo quelli delle zone piùconosciute Collio e Colli Orientali; si pensi al fascino dei vigneti in riva al mare a Marano e a quelli di Valeriano, affacciati sulla piana del Tagliamento; o ai vigneti ordinati della Bassa, tra Aquileia e Cervignano, che hanno anch’essi il loro fascino.
Il fascino della diversità è il filo conduttore degli approfondimenti che gli Accademici della Cucina del Friuli Venezia Giulia hanno sviluppato e pubblicato sulla loro e su altre riviste di cultura enogastronomica. Materiale che è servito di base per la realizzazione di questo volume. Per ciò che riguarda i “luoghi”, è stato prezioso il contributo di tre “blogger” (Anna Turchet, Carlotta Kovatsch e Cristina De Zorzi) che per ogni itinerario hanno individuato “luoghi e storie” a volte sconosciuti alle guide turistiche.
Tutto questo (territorio e tradizioni) un tempo si trovava al confine tra due mondi, tra due blocchi. Poi, tutto è cambiato: sono crollati i muri e il Friuli Venezia Giulia si è ritrovato a non essere non piu terra di confine, ma centrale rispetto al “nuovo” assetto del “vecchio” continente. Ecco spiegato il titolo “Luoghi e storie di gusto nel cuore dell’Europa”.
(*Autore del volume insieme con Giorgio Viel e Roberto Zottar)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
di BEPI PUCCIARELLI*...siede la Patria mia tra il monte,
e ’l mare quasi theatro c’abbia
fatto l’arte, non la natura...
(Erasmo da Valvasone)
Due versi che si potrebbero adattare benissimo anche ad altre regioni d’Italia. Ma poche altre regioni possono in un territorio d’estensione così limitata raccogliere tanta varietà di paesaggio, d’ambienti, di climi. Dalle Alpi Giulie alle Dolomiti Friulane, dalla sabbia d’oro di Lignano alla costiera triestina, passando per la laguna di Grado; e nel mezzo i laghi alpini, le valli del Natisone e della Carnia, le dolci colline della pedemontana, i “magredi”, la pianura bonificata, la zona delle risorgive, il Carso...
In questo caleidoscopio ambientale, nei secoli, ci sono passati un po’ tutti: dai paleoveneti, ai romani, ai barbari, turchi, slavi, e in tempi più recenti ancora veneti, fino alla caduta della Repubblica, francesi e austriaci.
Con queste premesse, non bisognerà stupirsi se anche nelle tradizioni gastronomiche del Friuli Venezia Giulia c’è di tutto un po’, con una varietà di piatti, di sapori, di tradizioni che spesso anche i friulani non conoscono abbastanza. Se l’Emilia vanta il suo prosciutto di Parma, il Friuli ha il San Daniele, l’affumicato di Sauris e quello di Cormons. Se in Veneto c’è la classica pasta e fasioi, il Friuli risponde con l’orzo e fagioli, la jota triestina (fagioli e crauti) e quella goriziana (fagioli e brovada).
In Carnia la cucina povera della tradizione si è arricchita con i funghi del bosco e con le erbe spontanee. Cosi anche nelle valli del Pordenonese, dove in aggiunta si trova anche la mitica Pitina, un salume antico che da poco ha ottenuto il riconoscimento della Igp.
Se il frico rimane con muset e brovade emblema del mangiar friulano, non bisogna dimenticare i cjalcions della Carnia e gli gnocchi di susine del Goriziano, che testimoniano gli influssi della Mitteleuropa. Della cucina marinara diremo soltanto che il boreto di Grado non e (a differenza di tutti i brodetti d’Italia) una zuppa di pesce; e che gli scampi in busara sono un ricordo della cucina istriana.
Un tempo, la tradizione gastronomica di un territorio si poteva sintetizzare con quello che era il grasso prevalentemente usato in cucina: l’olio d’oliva, il burro, lo strutto. Ebbene, in questa regione sono presenti ab immemorabili tutti e tre...
Tornando ai prodotti tipici, non bisogna dimenticare la trota (quella affumicata in particolare) il miele, le grappe e naturalmente, i vini. E non solo quelli delle zone piùconosciute Collio e Colli Orientali; si pensi al fascino dei vigneti in riva al mare a Marano e a quelli di Valeriano, affacciati sulla piana del Tagliamento; o ai vigneti ordinati della Bassa, tra Aquileia e Cervignano, che hanno anch’essi il loro fascino.
Il fascino della diversità è il filo conduttore degli approfondimenti che gli Accademici della Cucina del Friuli Venezia Giulia hanno sviluppato e pubblicato sulla loro e su altre riviste di cultura enogastronomica. Materiale che è servito di base per la realizzazione di questo volume. Per ciò che riguarda i “luoghi”, è stato prezioso il contributo di tre “blogger” (Anna Turchet, Carlotta Kovatsch e Cristina De Zorzi) che per ogni itinerario hanno individuato “luoghi e storie” a volte sconosciuti alle guide turistiche.
Tutto questo (territorio e tradizioni) un tempo si trovava al confine tra due mondi, tra due blocchi. Poi, tutto è cambiato: sono crollati i muri e il Friuli Venezia Giulia si è ritrovato a non essere non piu terra di confine, ma centrale rispetto al “nuovo” assetto del “vecchio” continente. Ecco spiegato il titolo “Luoghi e storie di gusto nel cuore dell’Europa”.
(*Autore del volume insieme con Giorgio Viel e Roberto Zottar)
©RIPRODUZIONE RISERVATA
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