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Guerra, lavoro, emigrazione: le memorie di Toni da Esso

Domani a Ovaro i quaderni biografici dell’Ulisse carnico a cura di Franco Cecotti Ha attraversato tutti i continenti da umile meccanico e profondo osservatore

di VALERIO MARCHI
2 minuti di lettura

Due quaderni di memorie del carnico Antonio Carlevaris (1920-2014), provetto meccanico, sono stati curati dal professor Franco Cecotti e raccolti nel volumetto “Motorista diesel. Memorie di guerra, di lavoro e di emigrazione in Europa, Africa, Asia 1938-1981”, edito dal Centro isontino di ricerca e documentazione storica e sociale “Leopoldo Gasparini”. Il libro sarà presentato domani, venerdì 23, alle 20.30 al Centro socio culturale di Ovaro.

di VALERIO MARCHI

«Sono nato il 13 ottobre 1920 a Lenzone di Ovaro, provincia di Udine». Le memorie di Antonio Carlevaris, scritte nei suoi ultimi anni di vita su insistenza dei discendenti, iniziano così, nel modo più elementare. Nondimeno, la sua vita fu tutt’altro che semplice.

Infatti, scorrendo questo diario postumo (che, peraltro, raccoglie solo in parte gli innumerevoli ricordi che condivideva con parenti, amici e compaesani) si viene proiettati in una fantasmagoria di vicende degne talora di un film o di un romanzo, attraverso epoche, luoghi, genti e ambienti naturali diversissimi. Con il corredo, inoltre, di istantanee scattate dal protagonista stesso, da compagni di lavoro e di viaggio o, più spesso, dal papà Bonifacio (che era appassionato di fotografia, oltre che un vero e proprio artista del motore): l’edizione curata dal professor Cecotti ne presenta una cinquantina, fra cui spiccano quelle del Ghetto di Varsavia e alcune relative al periodo trascorso in Congo. Ma la famiglia ne possiede molte altre, assieme a cimeli giunti dai mondi lontani che questo piccolo Ulisse carnico ha solcato sempre con acume e curiosità, spesso con l’animo di un esploratore o di un reporter, senza mai rinchiudersi all’interno di baracche o pregiudizi.

D’altronde, come si legge nella presentazione, gli abitanti della Carnia hanno portato su un territorio non molto vasto «il mondo intero» tramite storie di emigranti che sono non solo esperienze di vita e conoscenza degli ambienti umani, sociali e geografici, ma altresì immersione negli usi, nelle tradizioni e nelle lingue di altri popoli. E con le lingue Antonio non aveva problemi: oltre al friulano, parlava perfettamente il francese (nel nord della Francia fu portato dai genitori nel suo primo anno di vita) e aveva imparato l’italiano, il tedesco e l’inglese; ma se la cavava anche con lingue per noi esotiche, quali il thailandese e lo swahili.

Certo, per alcuni aspetti la sua storia è simile a quella di tanti altri emigranti dell’epoca, pronti a qualunque sacrificio per tornare un giorno a casa con una valigia di sogni realizzati. Tuttavia, non è facile trovare una quantità di elementi originali, avventurosi e insoliti come quelli che questo caso ci offre.

Antonio visse e lavorò in numerosi Paesi fra Europa, Africa, Asia (e i racconti delle sue esperienze sono tutti da gustare...), immergendosi in ogni esperienza possibile con spirito coraggioso e ottimista, suscitando sempre rispetto per l’umiltà, la saggezza, la religiosità e la straordinaria etica del lavoro che coronavano le sue molteplici capacità, non solo quelle di meccanico. Aveva amici ovunque e riusciva sempre a trovare il buono anche nei frangenti più drammatici e pericolosi.

Quando, nel 1943, fu richiamato alle armi dall’Italia, si trovò in Sicilia allo sbarco degli Alleati, poi fu mandato in Tunisia e in Algeria. Catturato dagli americani, fu condotto come prigioniero di guerra a New York e lì rimase tre anni, che ricordava tra i più felici. Nel 1946 rientrò per un periodo a Ovaro, lavorando tra la cartiera e un’officina meccanica, poi andò in Svizzera. Sposò nel 1951 Rita Busulini, oggi novantenne (i loro figli sono Silvia e Franco).

Rientrato di nuovo a casa nel 1953, aprì un’officina meccanica con annessa pompa di benzina, ma le difficoltà economiche dei primi anni Cinquanta lo spinsero a lavorare per lunghi anni fra Congo, Ruanda e Burundi. Nella seconda metà degli anni Sessanta si trovò invece in Thailandia, poi ancora in Africa, mentre dalla fine degli anni Settanta operò per qualche anno in Arabia Saudita.Rientrato definitivamente a Ovaro, divenne un punto di riferimento per la comunità e gestì assieme alla moglie un’officina meccanica e un distributore della Esso (ancora attivo): tutti lo chiamavano allora “Toni da Esso”, e così lo si ricorda ancora oggi con ammirazione e affetto.

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