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La grande Storia scritta da uomini di libertà

Dai cassetti delle famiglie friulane spuntano diari e memorie: il lab del Marinelli con Floramo racconta Valusso e Marcon

di VALERIO MARCHI
2 minuti di lettura

Sarà presentato domani, lunedì 16 aprile, alle 10, all’auditorium dello Zanon in viale Leonardo da Vinci, a Udine “Eroi in ombra. Storie di vita in tempi di guerra ritrovate nei cassetti di famiglia”. Il libro è dedicato ad Addone Gandin (1924-2004), studente, soldato e partigiano, uno spirito libero e coraggioso che, nel 1944-45, combatté nella brigata veneta “Tollot”. All’incontro parteciperà, fra gli altri, l’illustre storico Daniele Ceschin, con una lezione sugli Internati militari italiani.

Curato da Marcella Zampieri e pubblicato presso le Arti Grafiche Fulvio dal Liceo Marinelli, “Eroi in ombra” nasce nel Laboratorio di storia contemporanea “Piccole storie” dell’Istituto. Con la regia di un esperto esterno, il professor Angelo Floramo, e la conduzione della professoressa Zampieri, alcuni allievi hanno dapprima aperto preziosi archivi familiari, poi hanno esaminato con cura e passione documenti carichi tanto di inedite e sorprendenti informazioni sul passato, quanto di emozionante affettività.

Il libro offre due ricostruzioni a cura degli studenti Alessandro Strizzolo e Alessandro Marcon, che si sono occupati delle vicende dei loro nonni di umili, ma salde radici – Ginelli Valusso (1918-1994) e Giacomo Marcon (1911-1970) –, dei quali hanno accuratamente trascritto rispettivamente il Diario e le Memorie.

Certo, non si tratta dei grandi protagonisti che tutti conoscono; eppure, avvicinandosi a questi «eroi in ombra» – così si esprimeva lo stesso Marcon – si scopre che proprio quell’ombra comunica nuova luce e ci aiuta a scendere nelle profondità della Storia di tutti, quella che non può trovare spazio in un manuale. Non solo, ma queste “piccole” vicende si rivelano spesso vere e proprie epopee: piccole-grandi storie, insomma.

Ginelli Valusso, di Martignacco, prende parte alla guerra sul fronte giuliano nel 1941. Nell’autunno 1943 è in Slovenia e con l’8 settembre, dopo aver dovuto consegnare le armi ai partigiani jugoslavi, riceve dai superiori l’ordine di rientrare in Italia. Viene però catturato dai tedeschi presso Trieste e trasferito come Internato militare italiano in Germania. Si rifiuta sia di collaborare con le forze della Wehrmacht («Io non firmo!», scrive con fierezza) sia di «passare civile» volontariamente.

Al pari di molti altri, diventa lavoratore “libero” dall’estate del 1944 per ordine di Hitler e lavora al servizio dei tedeschi. Con l’arrivo dell’Armata Rossa (aprile 1945) riesce, dopo varie vicissitudini, a rimpatriare. Il suo resoconto, a tratti drammatico e commovente, fa toccare quasi con mano lo strazio dei prigionieri: fatiche, malattie, vessazioni fisiche e psicologiche, nostalgia, lotta per la vita, freddo, digiuni («oggi, dopo aver mangiato, ho una fame che mi viene da piangere»). Ciononostante, Ginelli supera tutto con una fede semplice, ma profonda in Dio, nella Patria e nel sogno di riabbracciare i suoi cari.

Anche Giacomo Marcon, di Talmassons, ha una solida fede, profondi legami familiari, un alto senso del dovere. Combatte in Etiopia nel 1935-36, scampando ai frangenti più atroci che, al pari di Ginelli, nonostante le difficoltà espressive dovute a un livello d’istruzione elementare, descrive in modo efficace, aggiungendo notevoli riflessioni d’ordine pratico e morale.

Di nuovo, gli strazi dei soldati si fanno quasi reali per il lettore («si somigliava a una colonna di ubriachi, scemi, vecchi pezzenti luridi e sporchi, una divisione di fantocci scimoniti...»): e non solo in Africa, ma anche, durante la Seconda guerra mondiale, in Albania, a Corfù, nei Balcani, sul fronte orientale... fra violenze inaudite, viaggi infernali, eventi quasi surreali, da cui ci si chiede come mai qualcuno possa uscirne vivo e sano di mente. Anche la sua prigionia è durissima, i tedeschi non fanno sconti, i fatti più disumani incalzano senza tregua. Eppure, alla fine, salvo e in grado di ricominciare una vita normale in famiglia, dirà: «Sono stato grande e ricco». Grande e ricco di esperienze, di affetti, di un’indole ottimista che gli ha permesso di non cedere alla disperazione. Neppure quando era quasi giunto al punto di invidiare i morti.

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