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Alle radici dell’antisemitismo: l’autocritica dei cattolici friulani

Il premio Pulitzer David Kertzer aprirà oggi, alle 10, il convegno in sala Ajace Il coraggio di don Guglielmo Biasutti che osteggiò le discriminazioni e il razzismo

di VALERIO MARCHI
2 minuti di lettura

«Oggi si fa un gran parlare contro gli ebrei»: iniziava così l’articolo dal titolo “Ebrei ed ebraismo”, apparso nel settembre 1938 su “Voce amica”, bollettino della Pieve arcipretale di Gemona del Friuli.

«Un gran parlare contro gli ebrei»: basti dire che il 18 settembre 1938, a Trieste, Mussolini annunciava la legislazione razzista, inaugurando ufficialmente la Shoah in Italia.

Ma «un gran parlare contro gli ebrei» non era certo una novità. La lunga storia dell’antiebraismo (nelle sue varie declinazioni: religiosa, tradizionale, sociale, economica, politica, razziale, pseudo-scientifica…) ha molto a che fare con un articolo come quello del bollettino gemonese in considerazione. Si tratta – occorre precisarlo – di uno dei numerosi scritti del genere che proliferavano in quegli anni, e non è mia intenzione colpire un luogo in particolare, la sua gente, la sua storia. Ciò che accadeva a Gemona si replicava purtroppo anche in molte altre parti d’Italia, d’Europa, del mondo; nondimeno, qualcuno è responsabile di questo documento così grave, emblematico, esplicito, collocato in un contesto preciso, ma capace di offrire un “distillato” di anni e secoli di propaganda antiebraica.

Personalmente, avendo studiato a fondo la stampa cattolica udinese tra Otto e Novecento, un esito come quello di “Voce amica” nel 1938 non mi sorprende più di tanto: infatti, nei decenni precedenti era emersa, in generale, una netta avversione nei confronti degli ebrei; poi, il solco si era allargato negli anni in cui il nazionalismo e il fascismo avevano sparso i loro veleni razzisti, intolleranti e violenti, soprattutto contro i gruppi minoritari (sloveni, “negri”, e così via).

Senz’altro non mancavano fedeli e sacerdoti cattolici alieni dalla deriva discriminatoria e razzista: nomino per tutti don Guglielmo Biasutti di Forgaria nel Friuli, che ho ricordato a Udine nel Giorno della Memoria 2017, quando ricorreva l’80° anno dalla pubblicazione di un suo audace libro dai contenuti ben più umani e cristiani di quelli correnti all’epoca . Non pochi cattolici, inoltre, si prodigarono con coraggio, in Friuli e altrove, per salvare gli ebrei perseguitati, come ho descritto in un mio libro presentato, sempre a Udine, nel Giorno della Memoria 2018. Tuttavia un clima di pregiudizio – talora superficiale o pavido, talaltra apertamente ostile – offriva il terreno di coltura nel quale anche idee antisemite radicali, benché generalmente non condivise nel mondo cattolico, potevano attecchire; o, quanto meno, non incontravano antidoti sufficienti.

È così che su quel “Voce amica” del fatidico 1938 leggiamo, a esempio, falsi concetti di questo tenore: chi avversa gli ebrei adempie, secondo le profezie, una giustizia divina; v’è un divario incolmabile fra ebraismo e cristianesimo; il popolo ebraico «deicida» (ossia colpevole dell’uccisione del Figlio di Dio) mira al dominio del mondo; la sua religione è ipocrita e il suo “messia” è il denaro; salvo eccezioni, gli ebrei considerano la frode, l’intrigo, l’usura, la corruzione o il tradimento comportamenti leciti, anzi doverosi; non solo, ma succhiano ricchezze come sanguisughe, controllano ovunque l’economia, l’industria e la politica, aizzando disordini e rivoluzioni a loro vantaggio… E tutti questi misfatti – troviamo scritto – vengono puniti da Dio con la dispersione degli ebrei, che dura da duemila anni e che continuerà nei secoli. I cristiani, certo, possono pregare per la loro conversione, ma stando attenti a non farsi infettare e cercando sempre di «liberarsi da tutto ciò che puzza di ebreo»…

Un piccolo bollettino di provincia, allora, può dare il via per sviluppare temi fondamentali di ampia portata: non ultimo, il triste retaggio della calunnia, dura a morire, secondo cui gli ebrei sarebbero sempre i più accaniti complottisti.

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