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Costantinopoli e l’alba degli ultras: l’assalto all’imperatore Giustiniano

Performance teatrale ieri al Giovanni da Udine del medievista Amedeo Feniello Popolo e aristocratici alleati sugli spalti dell’ippodromo nel 532. Fu una strage

2 minuti di lettura

“Costantinopoli. Ultras contro l’imperatore”, è stato il tema di Lezioni di Storia, ieri al Giovanni da Udine, tappa di un viaggio nelle “Guerre civili” cui è dedicato quest’anno il ciclo organizzato dall’editrice Laterza con la Fondazione Teatro Nuovo e la media partnership del Messaggero Veneto.

VALERIO MARCHI

Una folla di hooligans, o ultras, o supporters, diremmo oggi. Come tutte le folle è anch’essa umorale, ondivaga, irrazionale. Apparentemente acefala, è nondimeno condotta da capi che svolgono un ruolo fondamentale nella Rivolta di Nika, a Costantinopoli, nel gennaio del 532: una vicenda che Amedeo Feniello ha raccontato coniugando il rigore dello storico con una performance teatrale coinvolgente ed empatica. E, così facendo, ha dimostrato che il Medioevo non è una sorta di buco nero del passato. Basta saperlo raccontare.

Giustiniano e sua moglie Teodora sono due parvenus proiettati nell’empireo del principale impero mediterraneo. Lui proviene da un ambiente contadino. Lei, figlia del guardiano degli orsi dell’ippodromo, ex prostituta e schiava (la madre l’aveva venduta quand’era ancora ragazzina), è diventata imperatrice grazie alla sua avvenenza, certo, ma anche e soprattutto alla sua formidabile intraprendenza. I due sono legati tanto dall’ambizione e dall’ansia di potere, quanto da un amore profondo: da imperatore, Giustiniano ha fatto cambiare la legge vigente per sposare Teodora. Poi, pur morendo 20 anni dopo di lei, non la dimenticherà mai.

Ma ci sono altri protagonisti, efficacemente descritti anche tramite i testi di Procopio: dai generali Belisario e Narsete (braccio armato dell’imperatore) ai golpisti loro malgrado (quali Ipazio e Pompeo, nipoti dell’imperatore Anastasio, morto nel 518) e poi – invisi ai rivoltosi – Eudemone (inflessibile prefetto), Giovanni di Cappadocia (che pensa solo a estorsioni, maneggi, bagordi) e Triboniano (ideatore del Corpus iuris civilis, uomo di corte invaghito dal potere)...

L’ippodromo è l’enorme cuore pulsante delle fazioni cittadine contrapposte: i Blu, legati al popolo (diciamo la «curva sud») e i Verdi, la parte aristocratica. A dividerli contano anche i fattori religiosi (in primis le interpretazioni cristologiche), che in siffatti contesti sono determinanti forse più di quelli politici, o sono politici essi stessi. L’ippodromo è poi il luogo in cui si può vedere l’imperatore. Inoltre – proprio come avviene nei nostri stadi – è lì che si ammettono deroghe alla morale comune. “Panem et circenses”…

Il 10 gennaio, certi postulanti dei Verdi apostrofano l’imperatore. Si innesca una rissa con i Blu, che prosegue nelle strade; l’11, alcuni capi delle due fazioni vengono impiccati, mentre un paio si salvano; il 13, durante una serie di corse all’ippodromo, le tifoserie si presentano per la prima volta inaspettatamente unite, al grido «Nika! Nika!» («Vinci! Vinci!»: ma il bersaglio è l’imperatore!). Vista negata la grazia per i due sopravvissuti, i rivoltosi si scatenano: Costantinopoli è in preda alle fiamme e all’anarchia, mentre Giustiniano è assediato anche dall’interno, giacché gli stessi senatori iniziano a pensare a un colpo di Stato. Sta addirittura per fuggire, ma Teodora lo dissuade: è meglio morire con la porpora addosso che sopravvivere con il peso dell’ignominia.

Il 18 Belisario scavalca le mura dell’ippodromo e vi chiude dentro tutta la gente. I suoi soldati massacrano meccanicamente a una a una, per ore, decine di migliaia di persone, senza distinzioni. Ipazio e Pompeo vengono decapitati, benché siano stati più che altro utilizzati dalla folla. Tutto è finito dopo otto giorni. La città è distrutta. Un’intera massa è scomparsa dalla vita cittadina. Giustiniano e Teodora, diventati paradossalmente più forti, rimodellano magnificamente una città, un impero, la politica, il paesaggio. E rifanno la basilica di Santa Sofia sulle fondamenta di quella antica, distrutta. La riappacificazione interna permette il sorgere di una sorta di dinastia, formata da membri del gruppo famigliare di Teodora, la cui straordinaria figura è stata opportunamente rivisitata dalla più recente storiografia. —



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