Il Friuli riscopre un maestro del Settecento: Nicola Grassi da Zuglio a Venezia all’Europa
A Trieste l’opera omnia a cura di Enrico Lucchese docente a Udine. E poi le mostre a Socchieve e in Castello

«Un bellissimo pittore. Anzi, un grande pittore del Settecento. Internazionale». Al carnico Nicola Grassi (Formeaso di Zuglio 1682 - Venezia, 1748) viene ora restituita la giusta dimensione (già intuita da Aldo Rizzi e altri storici dell’arte e poi caduta nell’oblio) dallo studioso triestino formatosi all’università di Udine Enrico Lucchese, autore di una ponderosa e accurata monografia - cinquecentotrenta pagine - data alle stampe, dopo molte peripezie editoriali, da ZeL Edizioni.
Il libro è l’esito di dodici anni di lavoro da detective, quale è certamente il mestiere del ricercatore che ricostruisce il catalogo di un artista, e contiene l’illustrazione di duecentocinquanta autografi tra dipinti e disegni, un dieci per cento dei quali completamente inediti.
Il volume sarà presentato in anteprima giovedì 13 giugno, a Trieste, ma anche il 29 giugno nella Pieve di Castoia a Socchieve in attesa del’evento di novembre nel museo del Castello di Udine (ora in fase di riallestimento) dove sono custoditi alcuni dei suoi splendidi dipinti - tra cui “Lot con le figlie” e un magnifico “Ritratto di vecchio”, che potranno essere ammirati dal pubblico.
Il volume contiene la vita e le opere di un pittore che seppe affermarsi tra Venezia e la Mitteleuropa non dimenticando mai la propria terra d’origine, cui rimase sempre molto legato, realizzando pale d’altare per Sutrio, Ampezzo, Formeaso, Cabia, Raveo, Fielis di Zuglio, Tolmezzo. Autore esclusivamente di dipinti su tela, prevalentemente a soggetto sacro, Grassi è stato anche un talentoso ritrattista, paragonato per questo alla famosissima pittrice veneziana Rosalba Carriera.
Al Museo carnico delle arti e tradizioni popolari Michele Gortani di Tolmezzo si conserva un Ritratto di Jacopo Linussio che restituisce l’immagine del grande imprenditore carnico del tessile con freschezza e sincerità, difetti inclusi. Fu proprio Linussio probabilmente ad aprirgli alcune fette di mercato, come ad Augusta, dove c’era una sua filiale: «Non abbiamo trovato la pistola fumante - precisa Lucchese -, ma come già avevano intuito altri studiosi quali Giuseppe Bergamini e Gilberto Ganzer, Augusta fu un luogo importante per Grassi: vi si trovano sette sue opere.
E la connessione con Linussio appare più che verosimile». Ad Augusta e a Copenaghen Lucchese ha restituito a Grassi due opere attribuite ad altri pittori coevi, Antonio Balestra e Giambattista Pittoni, rivelando una sua poco nota attività di “copista interpretativo”: «Sono opere in cui Grassi utilizza invenzioni di altri pittori per darne una propria interpretazione originale, un po’ come succede con i musicisti che cantano brani altrui. Quindi non è una copia, ma una copia interpretativa».
Altri suoi lavori sono presenti nel bergamasco, nel padovano, in Dalmazia, Slovenia e Serbia e ancora a Budapest, Salisburgo, Stoccarda, in Repubblica Ceca e a Copenaghen (qui pervenuti attraverso un’asta nell’Ottocento e scoperti da Lucchese sfogliando il catalogo di quel museo).
Figlio di un sarto, Grassi lo aveva seguito dodicenne a Venezia, dove il padre si era spostato per lavoro e qui si era formato con il veneziano Niccolò Cassana, assorbendo gli stimoli che l’ambiente coevo poteva fornire ad un giovane assetato: «Fin da ragazzo Grassi dimostra grandi qualità e viene messo a bottega da Cassana, pittore poco conosciuto ma importantissimo perché tra l’altro fece comprare i quadri veneziani per la galleria degli Uffizi: era un restauratore e agente del gran principe Ferdinando de Medici. E anche un falsario».
Su Grassi ha pesato il giudizio negativo di Francis Haskell, che lo aveva definito un pittore provinciale, sopravvalutato in patria. Ma, a volte, anche i grandi sbagliano.
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