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Un match-point contro i campioni: la sfida impossibile è a fumetti

L’udinese Emanuele Rosso ha pubblicato una graphic novel dedicata al tennis. E un suo lavoro è stato scelto anche per il Museo archeologico di Aquileia

2 minuti di lettura

UDINE. Che succede quando giochi un match-point contro Federer, Nadal, Murray o Djokovic? Un tennista semisconosciuto, Idris Arslanian, sfida i più grandi campioni per puntare al premio più ambito: superare sé stesso e i propri limiti.

Lo racconta l’udinese Emanuele Rosso in Goat, un racconto a fumetti pubblicato da Coconino press, una delle più importanti case editrici italiane specializzate nel settore. Emanuele Rosso, classe 1982, ha fatto la sua gavetta 21 anni fa al “Messaggero Veneto Scuola. Fin da allora ha dimostrato predisposizione e bravura per il disegno.

E infatti ha pubblicato già diversi racconti su antologie edite da Becco giallo e Nda press. Nel 2013 è poi uscita la prima graphic novel, Passato, prossimo per Tunué. Nel 2017 ha poi pubblicato per Coconino Press il libro Limoni. E alle fine del 2019 un suo lavoro è stato scelto tra le 51 storie di “Fumetti nei musei” (nello specifico l’Archeologico di Aquileia).

Quando hai scoperto la passione per il disegno?

«La passione per il disegno, ma soprattutto per il racconto attraverso il disegno, è nata leggendo. Per il mio percorso di autore è stata fondamentale la lettura dei primi fumetti giapponesi sbarcati in Italia negli anni Novanta, proprio in coincidenza della mia adolescenza.

Storie sportive, fantasy, commedie sentimentali, ma anche combattimenti in scenari extraterrestri o post-atomici: nulla ha forgiato il mio occhio da fumettista quanto quelle letture. La forza e la chiarezza dello storytelling dei manga mi ha stregato come lettore prima, ed è rimasto riferimento essenziale quando poi ho provato a mettermi alla prova come autore».

Come ha affinato la tua tecnica?

«Sono fondamentalmente un autodidatta, ma all’inizio del mio percorso è stato essenziale un corso di fumetto tenuto da Davide Toffolo (autore di fumetto e frontman dei Tre Allegri Ragazzi Morti) presso la Libera Accademia di Cividale nel 1996, che mi ha fornito le basi e permesso di orientarmi nel guazzabuglio che è la professione del fumettista.

Un passaggio fondamentale poi è stato il workshop tenuto da Giorgio Cavazzano (uno dei più noti autori Disney al mondo) nel 1998 sempre a Cividale: lì conobbi Sara Pavan e Paolo Cossi, e insieme realizzammo la nostra prima fanzine autoprodotta, “Pupak! ”, sulla quale ebbi modo di pubblicare e far leggere innanzitutto ad amici e conoscenti le mie prime (acerbe) storie brevi.

Da lì in poi l’evoluzione della tecnica ha proceduto di pari passo con la pratica: disegnare è come uno sport, occorre allenamento costante per migliorare».

Quali sono i tuoi riferimenti? Ti ispiri a qualche illustratore?

«Se all’inizio, oltre ai sopraccitati manga, il mio riferimento erano autori italiani quali appunto Davide Toffolo, Gianmaria Liani, Andrea Accardi, Vanna Vinci, Paolo Bacilieri (tutti quelli che ruotavano intorno alla rivista Mondo Naif, pubblicata da Kappa Edizioni sul finire dello scorso millennio), con gli anni ho maturato soprattutto una passione per il fumetto d’autore statunitense.

Tra le opere che più mi hanno ispirato potrei citare “Blankets” di Craig Thompson, “Jimmy Corrigan” di Chris Ware e soprattutto “Asterios Polyp” di David Mazzucchelli. Cerco sempre di tenermi aggiornato sulle nuove uscite e sui nuovi autori che si affacciano al mercato, la curiosità e la passione da lettore di fumetti non è mai venuta meno»

Quanto è difficile, oggi, per un giovane intraprendere un’attività in questo settore?

«Rispetto al recente passato, con l’esplosione in campo editoriale del formato “graphic novel”, per i giovani autori si sono aperte un sacco di possibilità: si sono moltiplicate le case editrici indipendenti che pubblicano fumetti, e tutti i grandi gruppi editoriali hanno varato le proprie collane a tema.

In più c’è molto fermento nel mondo dell’autoproduzione, con nuovi collettivi ed esperimenti editoriali atipici che si fanno notare ai festival e alle fiere. Il problema è semmai renderla un’attività economicamente sostenibile! Purtroppo i fumetti richiedono un tempo di lavoro molto lungo, e gli anticipi sulle royalties che gli editori danno non riescono mai a coprire gli effettivi tempi di produzione».

Che consigli daresti a un giovane che vuole intraprendere questa carriera?

«Di non intraprenderla se alla base c’è un calcolo economico! Scherzi a parte, ritengo che fare i fumetti sia una sorta di vocazione, o maledizione (a seconda dei punti di vista). Se ti possiede il demone, non puoi fare altro che assecondarlo. L’unica altra cosa che sensata da dire è che mai come oggi, per stare sul mercato, bisogna essere estremamente consapevoli delle regole che lo guidano e indirizzano». —


 

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