Settant’anni fa la creazione della Ceca: nasceva così l’idea dell’unità europea
Il 9 maggio 1950 la dichiarazione del ministro Schuman. Complesso equilibrio tra cooperazione e interessi nazionali

Buon compleanno, Europa. Esattamente settant’anni fa, il 9 maggio 1950, il ministro degli esteri francese Robert Schuman proponeva la creazione di una Comunità europea del carbone e dell'acciaio (Ceca) che riunisse i principali produttori europei.
Alla proposta della Francia aderirono Germania, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo. Oggi ricordiamo la “dichiarazione Schuman” come il vero e proprio atto di nascita del processo di integrazione europea: dalla sempre più stretta collaborazione tra i paesi fondatori della Ceca nacquero nel 1957 la Comunità Economica Europea e la Comunità europea dell'energia atomica.
Nel 1979 fu creato il Sistema monetario europeo, che pose le basi per l’entrata in vigore della moneta unica nel 2002. Nel 1992 e nel 2007, con il trattato di Maastricht prima e di Lisbona poi, prese forma quella che oggi è l’Unione Europea. Nel frattempo, gli stati membri erano passati da 6 a 28 (e poi a 27 con l’uscita della Gran Bretagna).
A settanta anni di distanza, la “dichiarazione Schuman” ci ricorda due cose.
In primo luogo, ci ricorda che la cooperazione economica fu intesa in dall’inizio come funzionale al raggiungimento di una più stretta integrazione politica. Schuman (e con lui il vero artefice della dichiarazione, Jean Monnet) aveva ben chiaro che una vera integrazione tra gli stati europei non poteva essere realizzata in una sola volta, “né costruita tutta insieme”.
Essa, dichiarò “sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. Si trattava dell’unica strada possibile, ma conteneva anche un’incognita non da poco: é possibile costituire un’identità europea (presupposto essenziale di un progetto politico comune) a partire da un progetto economico?
Si sarebbe trattato di un unicum nella storia, e oggi possiamo dire che la strada tracciata da Schuman è stata ben più accidentata del previsto (per dire: in quanti paesi europei colpiti dalla pandemia abbiamo visto le persone affacciarsi dai balconi sventolando una bandiera europea o cantando l’inno europeo? L’identità nazionale, data per morta e sepolta, è più viva che mai).
In secondo luogo, la nascita della Ceca ci ricorda che grandi ideali e difesa degli interessi nazionali hanno convissuto fin dall’inizio all’interno del processo di integrazione europea. Non c’è dubbio che la nascita della Comunità Europea rappresenti il trionfo di un ideale di cooperazione tra gli stati europei dopo decenni di scontri che avevano lasciato una scia di sangue senza precedenti.
Secondo lo storico inglese Tony Judt, gli accordi di Roma nel 1957 furono il vero trattato di pace che pose fine al conflitto franco-tedesco iniziato con la guerra franco-prussiana del 1870-71 e proseguito con la prima e con la seconda guerra mondiale.
Statisti del calibro di Schumam, Alcide de Gasperi e Konrad Adenauer seppero guidare la storia europea in una direzione assolutamente sorprendente se si pensa a quello che era avvenuto nei decenni precedenti. Gli interessi nazionali non sparirono, anzi. Non è un caso se fu la Francia a prendere l’iniziativa della creazione della Ceca.
Dopo la seconda guerra mondiale i francesi volevano una sola cosa: rendere inoffensiva la Germania, che aveva umiliato il paese nel 1870 per poi invaderlo nel 1914 e nel 1940. Ma l’interesse francese a una Germania debole si scontrava con quello degli americani, che volevano al contrario una Germania forte (e possibilmente armata) che fungesse da baluardo nello scontro che si profilava con l’Unione Sovietica.
Per la Francia, l’integrazione fu quindi anche uno strumento per europeizzare il problema tedesco in assenza di una alternativa migliore: se non puoi sconfiggere il tuo nemico, unisciti a lui.
Per i tedeschi fu una formidabile occasione per ottenere rapidamente una riabilitazione sul piano internazionale della Germania, che era uscita fisicamente e moralmente a pezzi dal conflitto mondiale. Considerazioni simili giocarono un ruolo importante nel determinare anche la convinta adesione italiana.
Come hanno dimostrato la crisi economica del 2008, la più recente ondata immigratoria e ora la crisi sanitaria, più si alza la posta in gioco più il bilanciamento tra cooperazione e interessi nazionali diventa complesso. Ma è proprio da questo difficile equilibro che dipende il futuro del progetto di integrazione europea iniziato settant’anni fa. —
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