Da Ragusa al Friuli la storia di Altesti il diplomatico “spione” rivive in un romanzo
Cristiano Caracci ricostruisce le vicende del politico Un lavoro di minuziosa ricerca attraverso le carte dell’epoca

Andrea Altesti, viaggiatore cosmopolita, nato nella Ragusa di Dalmazia, trasferitosi giovanissimo a Istanbul, poi alla Corte di Caterina di Russia, invischiato in vicende di spionaggio, rientrò in Italia all’inizio dell’Ottocento. A Trieste fondò le Assicurazioni Generali e visse a lungo nella Bassa friulana. A rievocarlo, è un romanzo di Cristiano Caracci (Gaspari editore, 16.50 euro). Lo scrittore Paolo Maurensig lo ha intervistato per il Messaggero Veneto.
In un periodo in cui i geni spuntano come funghi, così come i capolavori letterari, vorrei convenire con lo stile dei gentiluomini inglesi di un tempo che elogiavano smaccatamente i lavori men che mediocri per riservare un laconico “niente male” a quelli che apprezzavano veramente.
Niente male, quindi, l’ultimo romanzo “Altesti il Raguseo”, un lavoro di minuziosa ricerca attraverso le carte dell’epoca che ci fa scoprire un personaggio dimenticato, quando non sconosciuto del tutto, benché all’entrata della biblioteca di Udine gli sia dedicata una targa di marmo, sotto la quale sono transitate decine di migliaia di persone che, tutt’al più, si saranno chieste: – Altesti, chi era costui?
Da come lo descrivi, Altesti si delinea come un personaggio enigmatico, che ben potrebbe essere paragonato al conte di Saint Germain.nQuello che mi piace della tua scrittura è il rigore, che mi riporta alla mente la magica formula dell’arte della scrittura la quale pretende il rigore del poeta unito alla fantasia dello scienziato (ovvero dello storico). In te convivono due anime: quella dello storico e quella del poeta. Quale delle due pensi di privilegiare?
«A me pare naturale scoprire la bellezza e la poesia nella storia quotidiana e specialmente sono colpito dall’incanto della natura e degli animali, “Amori miei”, diresti tu. E capita nelle mie scritture di richiamare brevi citazioni di romanzieri e poeti a motivo della coscienza della difficoltà nella comunicazione lirica; quindi mi faccio “aiutare”, per esempio e per questa volta, da Andric a rappresentare gli anni di Altesti in Adriatico, da Vojnovic per evocare la decadenza della Repubblica di Ragusa, come ricorro, seppure raramente, a poeti classici o titoli suggestivi di pittori amati per comunicare pienamente un’emozione; insomma ritrovo lirica, bellezza e grandiosità nelle cose semplici della storia soprattutto quotidiana e cerco di esprimerle su carta».
È questo che fa del tuo libro un romanzo e non semplicemente un testo di storia. Scorrendo la bibliografia si può capire che la ricerca delle fonti, come quella dei documenti dell’epoca, ti abbiano impegnato parecchio. E tra l’altro viene da chiedersi quali siano state le circostanze che ti hanno indotto a iniziare il tuo lavoro di ricerca.
«Ho sempre amato Ragusa, il suo passato, l’architettura, la pittura e la straordinarietà dei luoghi naturali. Poi ho voluto approfondire la storia di quella millenaria Repubblica e sono specialmente interessato alle istituzioni giuridiche medievali assai progredite: e quando mi sono imbattuto in un raguseo, vissuto tra il ‘700 e l’800, e abitante a lungo tra San Giorgio di Nogaro e Trieste, sono stato naturalmente preso dall’argomento (non a caso tu citi il conte di Saint Germain) e chi mi ha suggerito il nome di Altesti certo non ha faticato a convincermi, insieme ai documenti da me ritrovati».
E così, dopo il tuo primo romanzo "La luce di Ragusa", eccoti nuovamente nel tuo elemento. Stavolta, però, con un romanzo d'azione che ancora una volta ci fa capire come la realtà non abbia nulla da invidiare alla fantasia. —
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