Il Pentacolo, cinque percorsi tra la storia e la memoria

È stato pubblicato da Campanotto il libro dello scrittore udinese Stefano Magni, “Il Pentacolo”. Ne ha scritto la recensione la redazione della rivista Z (pubblicata dallo stesso editore).
Negli ultimi tre anni, Stefano Magni ha pubblicato tre romanzi con Campanotto editore. Docente ordinario di Letteratura italiana moderna e contemporanea, egli affianca poderose opere saggistiche alle sue escursioni in prosa.
Il Pentacolo è un romanzo colto e ambizioso che affronta cinque percorsi. Il primo, il più evidente, attraversa la vita di un uomo, fino ai suoi settantanni. Un secondo percorre l’Europa, partendo dal Friuli e poi seguendo la sua vita di emigrato, per approdare alla fine alla patria d’origine, martoriata dalle due guerre mondiali, infine dalla tragedia del Vajont. Un terzo attraversa la Storia del XX secolo. Un quarto ripercorre gli elementi esoterici del pentacolo che sono le fasi della vita dell’individuo e allo stesso tempo quelle della Storia del continente e dell’umanità. Il quinto percorso risulta così forse il più interessante, attraverso i cicli storici dei secoli.
Cinque piste come cinque sono gli elementi energetici del pentacolo. Questo libro si struttura infatti su una molteplicità di rimandi, in una costruzione in cui nulla è casuale. Eppure, la narrazione evita ogni tipo di sofisma, per presentarci la vita del singolare Primo Degano, nato nel sud della Francia in un momento in cui vi erano persecuzioni contro gli immigrati italiani. L’autore rispolvera documenti storici sulla vita di Aigues Mortes, di Marsiglia, offrendo un quadro coerentissimo della situazione.
Si sposta poi con competenza storica al momento dell’inizio della Grande Guerra, all’arrivo del fascismo, al secondo conflitto mondiale – addentrandosi in numerosi episodi della micro-Storia – facendo viaggiare il protagonista alla continua ricerca del nonno, un carniello rustico e sindacalista, scomparso inspiegabilmente sulle tracce di un profeta altrettanto misterioso che tracciò il continente all’inizio del XX secolo, prevedendo la Prima Guerra mondiale.
La trama ci presenta la maturazione di Primo in questo determinato contesto storico, fino alla catastrofe del Vajont che lo porrà davanti a un bivio decisivo, obbligandolo a confrontarsi con il passato. La narrazione parte da uno di quei treni della deportazione che il collaborazionismo francese contribuì a inviare nei campi di concentramento dell’Est Europa, facendo incontrare una coppia bizzarra: un fascista divenuto persona non grata al regime e quindi incastrato verso un campo di detenzione, e una giovane ebrea che perde gli occhiali e non sa come muoversi. Questo binomio mal assortito si trova ad attraversare l’Europa e la Storia, le ideologie e i pregiudizi. Attraverso flashback e incontri maieutici vengono ricostruiti anche gli anni precedenti. Si approda poi alla conclusione in cui, leggendo il corso e ricorso dei secoli, l’autore prevede gli avvenimenti del XXI secolo.
Ricco di storia e di fantasia, reso piacevole da una bellissima scrittura, il romanzo merita sicuramente attenzione. —
I commenti dei lettori