Il reggae degli Africa Unite a Pordenone: «Il Friuli è un luogo che accoglie la musica»
Il gruppo sul palco per i 40 anni di attività: «Un traguardo importante portando avanti sempre il nostro stile»
Elisa Russo
«Un posto importante per noi, dai tempi dei primi Rototom Sunsplash a Gaio di Spilimbergo, i live al Cerit, al Deposito Giordani, gli indimenticabili concerti a Trieste, alla Barcolana, per finire con le immense emozioni al Parco del Rivellino dove il festival reggae per antonomasia ha, negli anni, regalato musica, cultura e aiutato il genere a essere conosciuto. Il Friuli si è sempre dimostrato accogliente, curioso e interessato alla musica in generale».
Nelle parole di Bunna, fondatore, cantante e chitarrista degli Africa Unite è riassunto il rapporto speciale del gruppo più longevo del reggae italiano con la nostra regione.
Non sorprende, dunque, un loro ritorno al Music in Village di Pordenone, altro palco che hanno calcato sempre con grande piacere (l’ultima volta nel 2019 con gli Architorti), venerdì al Parco IV Novembre dalle 21.15, con apertura cancelli alle 18, a ingresso libero (la ventinovesima edizione del festival di Complotto Adriatico è partita il primo giugno con i Sick Tamburo è continuato poi con l’appuntamento con Samuel e si chiuderà domani, sabato, con l’attesa serata con gli ospiti internazionali Dinosaur Jr.).
«Il Friuli Venezia Giulia – prosegue il produttore e tastierista Madaski – è una zona che fa parte dello zoccolo duro del nostro pubblico, che ci ha sempre accolti con grande calore e seguito il nostro repertorio di questi “40 anni + 1” di suono e di impegno nel campo musicale».
Il tour si chiama appunto “40+1”. Che effetto fa?
«Sono passati perfino troppo in fretta, è un traguardo grosso. Superare i 40 anni di attività, con più di 20 lavori in studio, migliaia di concerti, è sicuramente un risultato invidiabile però il segreto è farlo sempre con lo stesso entusiasmo e avere un rapporto, in particolare fra me e Bunna, che non è soltanto lavorativo».
Qual è la ricetta della coppia inossidabile Bunna-Madaski?
«Siamo legati fin da ragazzi, andavamo a scuola insieme, ci conosciamo ancora prima della formazione degli Africa Unite. Siamo due persone molto diverse l’una dall’altra, per abitudini, gusti, preferenze: insieme riusciamo a essere molto prolifici. Essere diversi significa anche essere complementari. Portiamo avanti il nostro stile, con continuità, senza mai pestarci i piedi».
La formazione al Music in Village?
«A sei: basso, batteria, tastiere, percussioni, chitarra, voce. Stiamo suonando con una situazione un po’ più snella, usciamo da un momento difficile e c’è quasi un contraccolpo, ci sono tantissimi concerti e gruppi che si stanno muovendo, quindi andiamo leggeri e cerchiamo di fare più date possibili. Dopo il concerto particolare con gli archi, questa volta al MIV portiamo il sound del nostro nuovo album appena uscito “Non è fortuna”, un disco molto reggae e anche il concerto lo sarà».
Nel nuovo album ci sono importanti ospiti…
«Due colonne portanti del reggae anni ’80 e ’90, i guest stranieri David Hinds degli Steel Pulse e Brinsley Forde degli Aswad, entrambi gruppi di matrice britannica che a noi è sempre piaciuta, hanno formato fortemente la nostra cultura e il nostro suono quindi è stato un grandissimo onore per noi averli. E poi Tonino Carotone, in una divertente versione dub della sigla di “Narcos” e Tito Sherpa, un giovane rapper della zona che ci ha colpito».
I commenti dei lettori