Addio al regista Peter Brook, Premio Nonino nel 2001 e poi in Friuli come giurato
Veniva spesso in vacanza a Sauris con la moglie e i figli. «Un’amicizia profonda che ha illuminato il nostro cammino»
Fabiana Dallavalle
Addio a Peter Brook, regista, sceneggiatore, riformatore, pioniere del teatro sperimentale, punto di riferimento per molte generazioni di artisti, aveva da molti anni stabilito un legame affettuoso e mai interrotto con il Friuli, grazie al Premio Nonino, che nel 1991, gli aveva attribuito il “Maestro del nostro tempo”, attraverso le mani di Mario Soldati.
Nella motivazione, letta durante la cerimonia di premiazione a Percoto, si riconosceva a Brook l’appartenenza “di diritto alla generazione europea dei riformatori teatrali della seconda metà del Novecento, regista che, nel corso di una più che quarantennale attività, ha firmato molte messinscene memorabili, talvolta trasferendole sullo schermo in piena autonomia espressiva”.
Il premio era anche un riconoscimento a “Il Mahabhàrata”, “punto di arrivo di un lavoro multidisciplinare nella regia, con il quale ha dimostrato che anche il cinema e la televisione possono cimentarsi in modo creativo con i miti dell’umanità, trasformando il grande poema anonimo di una cultura lontana e diversa in un altrettanto grande spettacolo popolare”.
Un uomo in grado di cambiare la visione del teatro, a cui tutto il Teatro si inchina per l’ultima uscita di scena. «La corda tesa è l’immagine che meglio rappresenta la mia idea di teatro», dichiarava il regista e sceneggiatore, direttore del Théâtre des Bouffes du Nord a Parigi, aggiungendo «non voglio insegnare nulla, non sono un maestro, non ho teorie».
Eppure, nato a Londra il 21 marzo 1925, aveva esordito nel cinema da giovanissimo, mentre completava gli studi a Oxford, con “Sentimental journey” (1943), film privo di dialoghi e interpretato da attori non professionisti reclutati nei pub, nel cui sonoro era integrata la voce di commento.
Interprete delle opere di Shakespeare, tanto da diventare, prima, direttore del London’s Royal Opera House e, nel 1962, della Royal Shakespeare Company, affianca ai classici una serie di opere moderne e lavori sperimentali ispirate in particolare al “teatro della crudelta’’ di Artaud, come un celeberrimo “Marat-Sade” di Peter Weiss e’Us’lavoro che faceva riferimento alla violenza della guerra in Vietnam.
«Dal 1992 – ricorda Antonella Nonino – Peter Brook, era entrato a far parte della Giuria del Premio. Non ha mai mancato una cerimonia e negli anni il rapporto tra la nostra famiglia e il regista si era trasformato in un legame, un’amicizia profonda che ha illuminato il nostro cammino – sottolinea commossa.
Dal nostro primo incontro per la mia tesi di laurea su di lui, ci siamo visti e sentiti sempre. Il teatro era per Peter Brook un momento di condivisione e sospensione per stare insieme, condividere. Ad ogni nostro incontro mi ha lasciato importanti insegnamenti. Ogni sua parola era per me occasione di riflessione».
Spesso a Sauris, dove passava periodi di vacanza con la moglie Natasha e i figli Simon e Irina, sempre di casa dai Nonino: «Ci aveva confidato che venendo a Percoto aveva capito il significato della parola famiglia. È una cosa che non dimenticheremo mai.
Da quando mi aveva chiesto il significato della parola “ciao” (traducibile con “sono suo schiavo”), la usava sempre e mi diceva “ciao Antonella, ciao”. E ora sono io che dico: ciao Peter».
Parole di cordoglio anche dai maggiori esponenti della cultura italiana. Brook, costantemente impegnato per far scomparire in scena ogni artificio, per far sì che il diaframma tra la vita e l’arte venisse superato, annullando il concetto di finzione davanti alla rivelazione di una verità esistenziale profonda, è stato ricordato dalla Biennale di Venezia per le sue numerose e memorabili presenze, sia con il teatro che con il cinema.
Il Piccolo Teatro di Milano, con cui Book aveva collaborato per anni, lo ha invece salutato con una sua citazione: «Non prenderti troppo sul serio: tieniti forte e lasciati andare con dolcezza. Grazie, Maestro, del tuo rigore e della tua tenerezza infiniti».
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