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L’appello dei preti di frontiera: Anche la Chiesa paghi le tasse

«Si versino le imposte sui beni che non sono finalizzati in modo chiaro alla solidarietà». Le riflessioni nella lettera di Natale firmata da dieci sacerdoti: «Sostegno alle famiglie in difficoltà»

2 minuti di lettura

UDINE. Una Chiesa che paghi le tasse. Una chiesa che chieda scusa alle vittime di pedofilia, che rinunci a titoli come “santità, eminenza, eccellenza” e che permetta a donne e uomini sposati di celebrare la messa. Una chiesa che ripensi all’ora di religione nelle scuole e alla figura dei cappellani militari. Sono le richieste contenute nella tradizionale Lettera di Natale, firmata da 10 sacerdoti, che da 9 anni scrivono alcune riflessioni non solo sulla religione, ma anche sull’attualità, per poi distribuirle e recapitarle nella cassetta delle lettere di credenti e non.

Quest’anno la lettera è intitolata alla “Chiesa del Vangelo e del Concilio Vaticano II con le porte sempre aperte”. «Crediamo la chiesa povera, umile, sobria, essenziale, libera da ogni avidità riguardo al possesso dei beni – si legge nella lettera –. La Chiesa quindi paghi doverosamente le tasse riguardo a quei beni che non sono in modo chiaro ed evidente finalizzati alla solidarietà, alla promozione sociale, al bene comune». Questo è uno dei tanti inviti lanciati dai preti firmatari, tra cui anche don Pierluigi Di Piazza, responsabile del Centro Balducci, dove è stata presentata ieri mattina la lettera. «È un sostegno alle famiglie per affrontare situazioni difficili – ha spiegato – e vuole essere un documento per comunicare e stimolare il dialogo».

Tra gli altri spunti di riflessione, l’invito a una Chiesa senza «ridicoli titoli nobiliari e onorifici» e «dei diversi ministeri e carismi». «Il ministero sacerdotale – continuano – riteniamo possa essere svolto, con pari dignità, da uomini celibi e sposati e da donne prete».

I preti friulani e veneti sostengono che «questa riflessione induca a chiedere perdono a tutte le vittime della pedofilia, per la violenza e le sofferenze inflitte, per i silenzi e le coperture; e ancora alle persone omosessuali per l’esclusione nei loro confronti». La Chiesa, inoltre, non dovrebbe solo limitarsi a celebrare cerimonie e amministrare i propri beni. «Le nostre comunità cristiane – ha aggiunto don Franco Saccavini parroco di San Domenico – non sembrano custodire le memorie dei santi e dei profeti e sembrano più legate agli aspetti organizzativi, che dediti alla salvezza e all’ascolto». I firmatari, chiedono, infatti, una Chiesa «contro ogni privilegio».

«Sarebbe importante – si legge ancora – che Stato e Chiesa riconsiderassero l’ora di religione cattolica nella scuola. In una società sempre più multietnica e plurireligiosa, dovrebbe essere concepito come insegnamento del fenomeno religioso sotto tutti i suoi aspetti, come conoscenza, obbligatoria per tutti delle diverse religioni». I prelati intervengono anche sul tema dei cappellani militari. «Avvertiamo l’urgenza di ripensare la loro presenza – spiegano – nell’esercito, sempre più discutibile in un esercito ora professionale. Rimane infatti aperta la grave questione del rapporto fra il Vangelo e le armi e su questo la nostra Chiesa dovrebbe dire una parola inequivocabilmente chiara, seguendo il Vangelo della non violenza e della costruzione della pace». Hanno firmato la lettera: Pierluigi Di Piazza (Udine), Franco Saccavini (Udine), Mario Vatta (Trieste), Giacomo Tolot (Pordenone), Piergiorgio Rigolo (Pordenone), Alberto De Nadai (Gorizia), Andrea Bellavite (Gorizia), Luigi Fontanot (Gorizia), Albino Bizzotto (Padova), Antonio Santini (Vicenza).

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