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Una corsa a tre per la presidenza della Regione

Fra Tondo e Serracchiani ora c’è un terzo incomodo. Irrompe Galluccio sospinto dal vento della protesta del M5S

3 minuti di lettura

La sfida per la presidenza del Friuli Venezia Giulia è a tre. Dopo lo tsunami di Grillo, c’è un nominativo in più da prendere in considerazione, da mettere accanto a Renzo Tondo e Debora Serracchiani: è quello di Saverio Galluccio (con soprannome Ghialùt ben evidenziato nel suo profilo Facebook) di Cervignano, esponente del Movimento 5 Stelle, un Carneade qualsiasi trascinato dal vento della rivolta anti-sistema.

Sulla griglia di partenza c’è quindi un tridente, che modifica radicalmente le strategie elettorali. Tutti e tre i candidati sono più o meno accreditati dello stesso patrimonio di voti, tra il 27 e il 28 per cento, sulla base dei risultati di lunedì. Di conseguenza, anche le tattiche sono diverse. I due competitori tradizionali sono costretti ad allargare le alleanze. O almeno tenteranno di rafforzare la loro coalizione. Sia per il centro-destra sia per il centro-sinistra, la corsa è necessariamente al centro, verso l’area montiana, la quale ha sfiorato in regione il 13 per cento, che rappresenta un buon pacchetto di consensi per una corsa all’ultimo respiro.

Il Movimento 5 Stelle non ha questo tipo di problemi. Le direttive di Beppe Grillo sono chiare: «Nessun rischio di contagio con gli altri, corriamo da soli». La macchina per la propaganda è già ben oliata. Può contare su efficaci strumenti di persuasione, che vanno da un vocabolario ricco di parole d’ordine, diverse da quelle dei partiti tradizionali, e arrivano all’uso massiccio dei social network.

Il politichese è severamente vietato. Per i grillini ci sono ancora le piazze, l’affascinante narrazione del loro leader, le argomentazioni concrete per convincere gli indecisi. Il programma viene scritto, giorno per giorno, sul campo di battaglia della crisi. Per fare questo è sufficiente una semplice Moleskine, quel agevole taccuino di battaglia, con la copertina nera, dove appuntare i suggerimenti pratici raccolti tra la gente.

Annotazioni tormentate, che nascono dalla prova dei fatti quotidiani. Ragionamenti elementari, che invece fanno fatica a trovare spazio nelle Agende dei partiti, magari tenute seguendo uno stile spiccatamente “professorale”. D’altra parte, fare politica significa vivere situazioni “di mischia”. Almeno questa è l’interpretazione che danno i “grillini” del loro impegno, in questa prima fase ricco di entusiasmo e di passione. È la marcia in più che loro hanno.

Da qui ad aprile, punteranno semmai a incrementare i voti cercando di sfruttare il caos di un Parlamento segnato da una maggioranza precaria. Pensano di ricavare benefici dal fatto che i partiti saranno protesi a far tornare i conti della governabilità. Così lasceranno intere praterie alla comunicazione efficace del Movimento 5 Stelle. Basta e avanza.

Sono invece più complesse le mosse delle forze avversarie, proiettate ad aggregare “pezzi di politica” con vecchie sigle, gruppi strutturati, piccole liste di breve durata temporale. Ecco che, nell’ambito di questa logica, lo schieramento costruito attorno all’Agenda Monti diventa l’ago della bilancia. Ha infatti un peso valutato attorno a un non trascurabile 12 per cento.

È chiaro quindi che una corsa al centro, come quella che si preannuncia per le elezioni regionali di aprile, porta a fare i conti con questo nuovo soggetto politico. È evidente che Tondo e Serracchiani potrebbero cercare un contatto con i dirigenti della lista Monti. Per la verità, la candidata del Pd l’ha già segnato in agenda, mentre il suo avversario non intende scoprire le carte e punta a valorizzare il lavoro fatto in questi cinque anni.

A questo punto, alcune domande sono d’obbligo, se non altro perché i tempi stringono. I quesiti partono da una premessa: i risultati dell’area montiana, scevri da giustificazioni di scuderia, sono stati giudicati al di sotto delle attese, quasi deludenti. Questa situazione può inasprire la conflittualità all’interno di una compagine eterogenea, costituita da tanti “ex” provenienti da partiti diversi. All’ombra del Professore, ogni passeggero salito sull’improvvisato convoglio coltiva ambizioni personali (ma gli spazi sono insufficienti), o medita vendette per sgambetti subiti. Quale sarà il destino di questo schieramento, dopo una prova non soddisfacente? Si spaccherà per prendere direzioni contrapposte, oppure rimarrà unito? Mettiamola così. I finiani di Fli, ridotti a prefisso telefonico (0,5%), non fanno più testo.

L’Udc, invece, ha ancora un’identità da difendere, quella raccolta attorno allo scudo-crociato. Ci sono aspettative per gestire ancora un po’ di potere. Il partito riuscirà a metabolizzare la sonora batosta (ha raccolto poco più dell’1,5%), in parte causata dal prosciugamento operato dal marchio-forte di Monti? Al suo interno già si vocifera di un regolamento dei conti tra gli ingombranti ex dc (Angelo Compagnon ha perso il posto alla Camera) e le nuove leve guidate da Fabrizio Anzolini. I primi spingono per mantenere il patto con Tondo, i secondi puntano a consolidare l’esperienza di un’aggregazione autonoma, più larga, ma aperta a una trattativa con i due poli tradizionali. O di qua o di là.

E come si muoveranno le “bocche da fuoco” di Ferruccio Saro e Gianfranco Moretton? Il primo invita a trovare la via di un’alleanza per evitare un’inutile prova di forza, mentre il secondo si oppone decisamente a Debora Serracchiani, cioè a colei che ha contribuito alla sua fuoriuscita dal Pd. E detta le condizioni: «Con noi solo se si azzerrano le candidature». Ovviamente, nessuno abbocca.

Si aggiungono altri quesiti. Se il listone Monti non si sfarinerà, su scala regionale farà una corsa solitaria, oppure avvierà serrate trattative per approdare a una coalizione? Obiettivamente, nel primo caso potrà mirare a un risultato dignitoso, però senza possibilità di competere per la guida della Regione. E chi sarà il candidato governatore, tenuto presente che, ai sensi della legge elettorale, resterà comunque fuori dal Consiglio? Chi farà il semplice donatore di sangue?

E, nell’ipotesi di un’alleanza, la collocazione sarà con il centro-destra o con il centro-sinistra? Una cosa è certa: sarà fatto ogni tentativo per allargare le alleanze su fronti ancora più larghi (il movimento di Oscar Giannino è in crisi, così pure quello di Ingroia). Una cosa è chiara: quando si aprono trattative, i cordoni della borsa tendono ad allentarsi, perché in politica difficilmente si dà un appoggio per nulla. Ci sono prezzi da pagare. E in questo caso rischiano di essere alti.

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