Nozze omosex, per la Procura di Udine cancellazione non valida
Lo rende noto Arcigay Friuli, che aveva presentato ricorso: il Prefetto non ha compiti «sostanzialmente» abrogativi e la Circolare del Ministro Alfano «non è corretta». Prime reazioni a livello politico

UDINE. Secondo la Procura di Udine il Prefetto non ha compiti «sostanzialmente» abrogativi, nè poteri di cancellazione del matrimonio gay, e la Circolare del Ministro Angelino Alfano «non è corretta». Lo rende noto Arcigay Friuli, che aveva presentato ricorso contro la cancellazione della trascrizione fatta a Udine. La Procura non ravvisa comunque nel comportamento prefettizio reati.
Un commissario ad acta incaricato dal Prefetto del capoluogo friulano, Provvidenza Delfina Raimondo, aveva annullato il 29 ottobre scorso la trascrizione nel registro dello stato civile, effettuata dal Comune, del matrimonio tra Adele Palmeri, udinese, e Ingrid Owens, entrambe abitanti in Belgio.
Arcigay Friuli si era quindi attivata con il proprio avvocato Francesco Furlan e con il pool Rete Lenford-Avvocatura per i Diritti Lgbt, presentando denuncia alla Procura. Secondo la magistratura udinese l’intervento di cancellazione «non appare conforme a legge: ne deriva che i ricorrenti - per questo profilo - sembra abbiano ragione».
Per la Procura «la legge conferisce al Prefetto precisi poteri sui registri dello Stato civile ma non legittima nè ammette un ruolo così autoritario e di simile prevaricazionè del Prefetto, quale quello nel caso di specie. Per la legge italiana Il dominus dello stato civile è e resta il Sindaco, le cui prerogative possono essere corrette solo attraverso un procedimento giurisdizionale ad opera del Giudice». E nemmeno applicabile a questo caso è l'appellarsi alla legge sulla trasparenza dei procedimenti amministrativi (241 del 1990).
Esclusa la rilevanza penale, comunque, la Procura della repubblica udinese conclude affermando di «sentire il dovere di esaminare l'intera vicenda ai sensi delle leggi vigenti portandola all'attenzione del Tribunale».
«Con l’esposto - dichiara Maria Grazia Sangalli, presidente di rete Lenford - segnalavamo l’assoluta inesistenza di un potere in capo ai prefetti di annullare gli atti di trascrizione, e il fatto che con la Circolare Alfano si stava determinando una indebita invasione delle prerogative dei giudici. La Procura ha ritenuto infondata la notizia di reato, ma ha riconosciuto la fondatezza di tutte le ragioni in diritto da noi sostenute. Spetterà ora comunque al Gip - conclude - di decidere in merito alla richiesta di archiviazione».
«Come volevasi dimostrare: nella vicenda delle trascrizioni dei matrimoni fra persone dello stesso sesso contratti all’estero l’unico atto illegittimo l'ha compiuto Angelino Alfano. Nella sua crociata cieca contro le coppie gay e lesbiche ha trascinato l'istituzione di cui è titolare, il ministero dell'Interno, in una figuraccia cosmica. Bel modo di celebrare il semestre italiano di presidenza dell'Unione Europea». Così in una nota il senatore Pd Sergio Lo Giudice, il cui matrimonio ad Oslo con Michele Giarratano è stato trascritto a Bologna in settembre, commenta il provvedimento della procura di Udine. «Per il pm friulano - prosegue Lo Giudice - la circolare del ministro Alfano prima e l’intervento del prefetto poi non appaiono corretti sotto il profilo giuridico per cui l'intervento non appare conforme a legge».
«Il pronunciamento della Procura di Udine è la sottolineatura di un gravissimo abuso di potere - afferma Flavio Romani, presidente di Arcigay -. Come abbiamo sempre sostenuto l'atto di imperio di Alfano e dei prefetti è illegittimo, fuorilegge. Oggi è anche la giustizia a metterlo in chiaro e a prendere per l'orecchio il ministro e il suo prefetto». «Alfano – continua – ha usato il suo ruolo e gli strumenti che quel ruolo gli mette a disposizione per perseguitare coppie di gay e lesbiche sulla base delle sue personalissime convinzioni. Un fatto di estrema gravità che deve portare Alfano a dimettersi immediatamente dal suo incarico di governo, sollecitato da un Presidente del Consiglio che vorremmo vedere almeno imbarazzato. Questo accadrebbe oggi in un Paese normale».
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