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Ospedale, l’acqua torna potabile ma è ancora allerta

In alcuni reparti sono rimasti gli avvisi di non bere dai rubinetti. Controlli costanti alla rete per vigilare sui livelli di contaminazione

2 minuti di lettura

UDINE. Caso acqua contaminata in ospedale: restano affissi gli avvisi che segnalano di non utilizzarla, ma l’acqua nel nosocomio udinese è tornata potabile. Nel frattempo si stanno effettuando controlli periodici mirati per tenere sotto stretto monitoraggio le condizioni dell’acqua della rete idrica ospedaliera, in modo da rilevare per tempo eventuali livelli di contaminazione e la presenza di impurità.

Ecco la situazione attuale per quanto riguarda il problema dell’acqua in ospedale. La presenza di avvisi - tuttora affissi in Medicina d’urgenza - per segnalare la non potabilità dell’acqua non era sfuggita in questi giorni a chi si è trovato a frequentare gli spazi del nosocomio, a ormai tre mesi dall’allarme che era scattato a inizio ottobre quando un paio di giorni dopo il completamento dei lavori di sostituzione per i giunti antisismici, un campionamento sull’impianto idrico aveva rivelato la contaminazione dell’acqua in cinque diversi punti della struttura ospedaliera. Le analisi avevano permesso di individuare una concentrazione da due a sei colonie di coliformi ogni 100 millilitri d’acqua.

Un problema che, con ogni probabilità, era stato provocato dai lavori per i giunti, come aveva riferito due mesi fa la direzione generale.

L’Azienda ospedaliera universitaria aveva subito provveduto a dichiarare non potabile l’acqua e a clorare l’impianto idrico. Il personale si era attivato per fronteggiare l’emergenza e avvisare i pazienti. I cartelli erano apparsi nelle degenze del reparto di Medicina d’urgenza nel tardo pomeriggio del 7 ottobre quando il personale aveva appeso in tutti i servizi igienici l’avviso che invitava i degenti a non utilizzare l’acqua fredda. «Ci è stato detto – aveva riferito una paziente – che non era potabile e che, non solo non potevamo berla, ma che sarebbe stato meglio evitare di utilizzarla anche per lavarsi i denti». In quell’occasione la direzione si è anche attivata con la distribuzione di bottiglie di acqua minerale per garantire ai pazienti l’approvvigionamento idrico, una misura che, in via precauzionale, era stata estesa a tutto il complesso ospedaliero del capoluogo friulano.

Tre mesi fa il direttore generale Mauro Delendi, nel tranquillizzare gli utenti, aveva sottolineato come le misure di sicurezza fossero state adottate in maniera tempestiva, specificando che le limitazioni all’utilizzo dell’acqua sarebbero state mantenute fino al completamento degli approfondimenti necessari a stabilire l’origine e l’entità della contaminazione. Ecco perché il fatto di aver tuttora visto gli avvisi affissi ha alimentato i dubbi tra chi si è recato in ospedale in questi giorni e precauzionalmente – letti i cartelli – ha evitato di utilizzare l’acqua per bere.

In realtà la situazione - secondo quanto rimarcato ieri dalla direzione generale - è sotto controllo sebbene alcuni cartelli di avviso siano rimasti ancora al loro posto. Le ultime analisi hanno confermato che i livelli di purezza dell’acqua sono tornati al di sotto dei valori che, tre mesi fa, avevano indotto a far scattare l’allarme. Le procedure per la depurazione delle tubature che formano la rete idrica ospedaliera sono state eseguite ed è stato completato il processo di clorazione (il metodo standard per la disinfezione delle acque potabili).

In queste ultime settimane sono stati eseguiti ulteriori controlli che hanno dato esiti confortanti e la stessa direzione generale fa sapere che la rete idrica dell’ospedale udinese viene tenuta sotto costante monitoraggio con prelievi, campionamenti e analisi periodiche.

Insomma, adesso l’acqua che esce dai rubinetti dell’ospedale udinese si può bere senza alcun rischio.

Quanto alle cause della contaminazione scoperta a inizio ottobre, la direzione generale conferma la ricostruzione che era stata inizialmente ipotizzata: sono stati i lavori per i giunti antisismici a causare inavvertitamente l’immissione di impurità – si parla comunque di batteri non patogeni – all’interno della rete idrica.

Qualora i controlli periodici facessero emergere nuovamente livelli di purezza e potabilità inferiori al dovuto, scatterebbero di nuovo i necessari provvedimenti di messa in sicurezza.

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