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Caso indennità alla Julia, la fanfara fa causa all'Esercito

Con i militari della brigata alpina anche quelli dell'Ariete, della Pozzuolo e della Taurinense, che annunciano il ricorso al Tar per ottenere straordinari e festivi. L'avvocato: alcuni soldati hanno subito ritorsioni

2 minuti di lettura

UDINE. Si fanno largo fra ali di folla portando il Tricolore fra strade e piazze, ligi al loro dovere sfilano nei cortei. Stavolta, però, i militari delle fanfare dalla Julia, della Pozzuolo e della Ariete, ai quali si sono associati anche i colleghi della Brigata alpina Taurinense, sono pronti a ricorrere alle vie legali per sanare una situazione che va avanti da anni e che riguarda il mancato pagamento degli straordinari, oltre alle indennità previste dalla legge.

A rappresentare poco meno di una novantina di ragazzi è l’avvocato Leonardo Bitti del foro di Roma, esperto in materia di diritto militare, che ha raccolto le loro istanze e che ora, dopo essersi inutilmente rivolto ai comandanti delle Brigate, dei Reparti, del Comando forze operative terrestri e dello stesso Ministro della Difesa, intende presentare ricorso al Tribunale amministrativo regionale di Trieste per vedere riconosciuti i loro diritti.

«Si tratta di una vicenda incresciosa – premette l’avvocato – sono stato contattato dai ragazzi delle fanfare del Nord Est. Lo stipendio che percepiscono si riferisce a un orario di lavoro di 36 ore settimanali, dalle 8 alle 16.30 nei giorni feriali, eccetto il venerdì, quando l’orario va dalle 8 alle 12 – ricapitola il legale –. Le loro trasferte, di norma, vengono organizzate nel fine settimana in occasione di manifestazioni che impongono loro spostamenti consistenti.

Giornate in pullman per le quali nulla viene loro corrisposto salvo una tariffa oraria riferita al solo tempo dell’esibizione. Se a questo si aggiunge che per la missione viene loro consegnato un sacchetto per il pranzo con panini confezionati il giorno prima di fronte al quale puntualmente si vedono costretti ad acquistare a proprie spese il pranzo, il quadro è completo».

Le lettere però, pur spedite quasi un paio di mesi fa, non hanno ancora avuto alcun riscontro. «Al momento – conferma il legale – non ho ricevuto risposta, in compenso i ragazzi hanno subito ritorsioni e reprimende proprio perché hanno deciso di far ricorso alle vie legali».

L’istanza dell’avvocato Bitti punta quindi a ottenere il ricalcolo dell’attività svolta nell’ultimo decennio con l’attribuzione dell’indennità festiva e superfestiva, la ricompilazione degli statini delle presenze mensili per riconteggiare le giornate festive, l’attribuzione dei relativi compensi e la distinzione delle ore di lavoro straordinarie diurne, notturne e festive. A questi, aggiunge il legale che rappresenta i militari, dovrà essere anche sommata un’indennità di suono cui, assicura Bitti, i musicisti delle fanfare hanno diritto.

Una situazione difficile che ormai pare destinata a risolversi a colpi di carte bollate, cui si somma un’altra vertenza legata ai cosiddetti Casta, si tratta dei Campionati sciistici delle truppe alpine giunti alla 67esima edizione in corso in questi giorni a San Candido.

«Mentre gli atleti provenienti dai Paesi esteri sono alloggiati negli alberghi a spese dello Stato – ragguaglia l’avvocato – i nostri militari sono stipati all’interno di locali del tutto inadeguati, tant’è che in una sola camerata sono alloggiate 18 persone e, complessivamente, vi sono solo sei bagni per un totale di 96 militari. Fra loro – riferisce il legale – vi sono anche i ragazzi della fanfara della Julia.

Su mio consiglio alcuni di loro, quelli che se lo potevano permettere, hanno abbandonato quella sistemazione per trasferirsi in albergo e ora si apprestano a chiedere il rimborso. Gli altri non potevano permettersi di pagare un alloggio e sono rimasti, ma mi riservo di procedere a loro tutela visto che la normativa prevede che i ragazzi inviati in servizio isolato devono essere alloggiati in strutture adeguate e deve essere loro assicurato un trattamento minimo alberghiero».

Intanto, i militari che hanno intrapreso un’azione legale per farsi riconoscere dall’Esercito i diritti negati, hanno creato un collegamento. Da Udine a Gorizia a Pordenone, fino a Torino, dove la questione è in fase di trattativa con i vertici militari, le notizie e gli aggiornamenti in tempo reale vengono veicolati via whatsapp.

«Dopo gli ultimi risvolti – assicura l’avvocato Bitti – alcuni di loro sono intimoriti, ma siamo decisi ad andare in fondo a questa vicenda».

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