Bimbo sparito: la battaglia di una madre
Una udinese denuncia l’ex: «L’ha portato in Romania. Non me lo fa più vedere e neppure sentire»

UDINE. Non abbraccia suo figlio da un anno. Era aprile del 2014 quando il compagno decise di portarlo in Romania per fargli trascorrere un periodo con i nonni. Doveva essere una soluzione temporanea, solo per pochi mesi, il tempo di guadagnare un po’ di soldi con la stagione estiva a Bibione e poi lei se lo sarebbe andata a riprendere.
«Sulla base di quegli accordi ho firmato un documento con il quale davo il mio assenso al trasferimento, mai avrei pensato di non poter più riabbracciare mio figlio». Nella voce di Mary Pane, udinese di 33 anni che si batte per riavere il suo bambino, c’è tutta la disperazione e il rimorso di una donna che si è lasciata sottrarre il suo tesoro più caro.
«Mi sono rivolta alla questura, ho presentato denuncia per sottrazione di minore, mi sono anche appellata alla Convenzione dell’Aja – elenca Mary – ma pare che nessuno riesca ad aiutarmi a riavere il mio bambino che, in un colpo solo, ha perso la madre, i nonni e un fratello che non sanno più darsi pace».
Era la fine del 2009 quando Mary incontrò l’amore, era reduce da una relazione finita male, aveva già un figlio, ma quel vuoto affettivo che segnava la sua vita non era riuscita a colmarlo. Tutto cominciò con una serata al Bingo quando i due si incontrarono.
Lui era un bel ragazzo di nazionalità romena che da lungo tempo viveva in Friuli e che aveva trovato lavoro nella sala gioco di viale Palmanova. Cominciarono a frequentarsi e, da quel rapporto, nacque Christian che venne al mondo in un freddo giorno di febbraio nel 2011.
I primi tempi furono felici: si trasferirono a Majano, dove entrambi cominciarono a lavorare nella pizzeria di proprietà dei genitori di Mary. Poi la crisi economica decimò clienti e affari. Con la chiusura del locale si ritrovarono tutti e due senza lavoro e i problemi non tardarono a riverberarsi sul loro rapporto, deteriorandolo.
«I litigi fra noi erano continui e così, dal febbraio 2014, la nostra storia praticamente finì, a tenerci uniti era solo il bambino» ammette Mary. Fu in quel clima che Mary cercò di guardare avanti, di rifarsi una vita e di procurarsi un altro lavoro.
«Avevo trovato un impiego stagionale a Bibione – racconta – il mio compagno si offrì di darmi una mano in questo senso e di portare il piccolo in Romania dai nonni per qualche mese. Firmai un documento con il quale davo il mio assenso, mi aveva assicurato che avrei potuto andare a riprendere il bambino in qualsiasi momento e che ci saremmo accordati in seguito per la custodia. I primi tempi mi permetteva di parlare con mio figlio quotidianamente attraverso le videochiamate online«.
A settembre, però, Mary chiamò l’ex compagno per andare a riprendersi il figlio. La risposta fu raggelante: «Per portarlo fuori dalla Romania ti serve la mia firma e io non te la darò».
Da allora i rapporti si fecero sempre più difficoltosi. «L’ultima volta che ho parlato al telefono con mio figlio era il giorno del suo compleanno, nel febbraio scorso – riassume Mary –. A Pasqua i miei genitori hanno provato a chiamare, volevano fare gli auguri al bambino, ma non hanno potuto, gli è stato detto che il bambino non parla più l’italiano e che non era il caso».
Intanto il tempo passa e il vuoto creato dalla mancanza di un figlio si fa sempre più grande.
«Rivoglio mio figlio – è l’appello di Mary – chiedo un aiuto alla Farnesina, all’ambasciata a chiunque possa fare qualcosa per aiutare un bambino di nazionalità italiana che è stato privato di una madre, dei suoi nonni, del fratello e dei suoi diritti».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I commenti dei lettori