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Dai banchi al palcoscenico ricordando Pasolini

La manifestazione si è aperta con i versi del poeta recitati da Massimo Somaglino. In scena l’omaggio alla Resistenza in occasione dei 70 anni dalla lotta di Liberazione

2 minuti di lettura

UDINE. La quarantaquattresima edizione del Palio teatrale studentesco Città di Udine “Ciro Nigris” ha aperto martedì sera con una poesia: “Ciant da li ciampanis” di Pier Paolo Pasolini. Al poeta, regista e intellettuale italiano scomparso quarant’anni fa, il palio dedica infatti il proprio percorso.

Ai versi recitati da un emozionato Massimo Somaglino, attore e regista friulano formatosi al Palio, che ha aperto con il suo lavoro, “Actung banditi” la rassegna, sono seguite le parole commosse di Angela Felice, tenace coordinatrice di una rassegna teatrale che porta nel suo Dna i germi dell’esperienza adulta in cui la reciprocità e la condivisione sono sia metodo che obiettivo di lavoro.

A Gianni Cianchi, presidente del teatro Club che organizza e sostiene il palio, il compito di tagliare idealmente il nastro. Ma prima del buio in sala una sorpresa: sul palcoscenico è salito il fotografo Danilo De Marco, autore delle immagini in scena, che ha spiegato come il percorso di “Actung banditi”, sia legato al partigiano Sergio Cocetta, “Il Cid”.

Massimo Somaglino, le voci femminili di Claudia Grimaz e Nicoletta Oscuro e, per la parte musicale, Vittorio Vella, alle tastiere, Igi Meggiorin, alle percussioni, e Claudio Parrino, per il coordinamento suono, sono poi stati i protagonisti di un emozionante e intenso lavoro prodotto dal Teatro club già nel 2005 e ieri riproposto in collaborazione con l’Anpi di Udine (lo spettacolo è in scena anche al Candoni di Tolmezzo il 22 aprile). Non solo un’anticipazione della rassegna del Palio 2015, ma anche un omaggio alla Resistenza, nella ricorrenza dei settant’anni dalla lotta di liberazione.

Un “concerto teatrale”, che dovrebbe essere visto nei teatri regionali e dagli studenti delle scuole e che riecheggiando nel titolo l’omonimo film di Carlo Lizzani è un incrocio onesto di parole, suoni, canti, d’autore o anonimi, rispolverati dagli archivi della musica, popolare e non, e da fonti varie di documentazione scritta.

Totalmente privo di retorica, sono tre le tappe in cui la sequenza dello spettacolo si snoda, come in un trittico ispirato dalle tragiche vicende del ’900 o come un’antologia in tre capitoli sulle emozioni mobilitate dalla partitura della storia, che suggerisce uno slalom di contaminazioni e dissolvenze tra musica e parola, qui incrociate anche con la proiezione su schermo dei volti dei partigiani invecchiati con cui il fotografo Danilo De Marco propone una sua idea di Resistenza fiera e mai piegata dal tempo.

Struggente il finale, con la conquista della Costituzione Repubblicana, in quella perennemente “povera patria” cantata da Franco Battiato, che ha sigillato lo spettacolo con l’amarezza di un finale punto interrogativo.

Su tutto, è fluito sottotraccia, come un’intermittente colonna sonora, l’elenco dei partigiani della Divisione Garibaldi-Natisone, medaglia d’oro della guerra di liberazione, tutti col nome d’anagrafe e poi con quello di battaglia che per ognuno siglò la nascita di una nuova consapevolezza e di una nuova vita. Una serata perfetta, un ideale passaggio di testimone tra generazioni.

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