Via da Udine 100 migranti
I primi 50 sono stati trasferiti a Bologna, oggi altrettanti raggiungeranno Venezia

Cinquanta profughi sono stati trasferiti a Bologna, altrettanti lasceranno, oggi, l’ex caserma Cavarzerani alla volta di un centro di accoglienza in provincia di Venezia. Il ministero dell’Interno ha autorizzato il trasferimento di un centinaio di migranti alleggerendo così l’emergenza a Udine. Un trasferimento atteso da giorni che dà un po’ di respiro alla città dove oltre 180 persone dormivano fino a ieri nei parchi e nelle aiuole. Tutti hanno in tasca la dichiarazione di indigenza, il documento che gli consente di entrare nei centri di accoglienza, ma nonostante lo spostamento di 100 persone, almeno altri 80 saranno costretti a bivaccare ancora all’aperto. A meno che, come auspica la prefettura, il Viminale oggi non confermi un terzo trasferimento di altre 50 persone in una località della Valle d’Aosta.
Ieri, il pullman della Saf con a bordo i 50 migranti ha lasciato l’ex caserma Cavarzerani poco prima delle 13. Quasi tutti afghani, con un’età che raramente supera i 30 anni, i richiedenti asilo attenderanno il rilascio dello status di rifugiati politici in una struttura bolognese. L’operazione è scattata nelle prime ore del mattino quando il personale della Croce rossa, lo stesso che gestisce il Centro di prima accoglienza in via Cividale, ha invitato i profughi a mettersi in fila per salire sul pullman. Ognuno di loro ha firmato una sorta di registro, raccolto le proprie cose, qualche coperta e poco altro, ed è partito alla volta di Bologna. Il protocollo è sempre lo stesso, ma le partenze non piacciono ai profughi perché per loro è sempre un viaggio verso qualcosa di sconosciuto. Lo fanno scuri in volto chiedendo di non essere separati da amici e parenti. Oggi stesso copione quando il pullman partirà in direzione Venezia. «Il ministero ha sentito le nostre preghiere» ha commentato la funzionaria della prefettura, Sandra Cavalieri, facendo riferimento all’emergenza che da giorni attanaglia la città. Lo stesso ha pensato il sindaco, Furio Honsell, che da mesi ripete che i profughi non si accolgono nei parchi e nelle aiuole.
Negli ultimi giorni la situazione è diventata davvero insostenibile. Nonostante la Questura abbia velocizzato i tempi per il rilascio delle dichiarazioni di indigenza, Udine resta un collo di bottiglia dove i profughi fermati al confine di Tarvisio continuano a fermarsi in città. Fino a quando l’ufficio stranieri della Questura e l’ex caserma Cavarzerani saranno gli unici in Friuli a rilasciare le dichiarazioni di indigenza e a garantire la prima accoglienza, le emergenze saranno continue. «Auspichiamo un accoglienza diffusa, l’Italia lo chiede all’Europa e Udine agli altri Comuni» afferma l’assessore all’Inclusione sociale, Antonella Nonino, auspicando che «prima possibile vengano individuato nuovi posti in regione». Udine, con la tendopoli allestita nell’ex caserma, garantisce la prima accoglienza, ma non basta. I 140 posti disponibili nelle tende sono tutti occupati e chi resta all’esterno sopravvive in condizioni disumane. Inutile ripetere che non è più tollerabile vedere gente bivaccare in strada. Il nodo va sciolto a Roma e in Europa.
Il problema è complesso e l’assessore lo associa anche alla mancata pubblicazione delle quote di lavoratori stranieri, bloccate dal 2011. «All’epoca entravano 210 mila persone l’anno, lo stesso avviene ora solo che per entrare regolarmente in Italia gli stranieri presentano la domanda di asilo politico». Lo conferma il fatto che tra i profughi ci sono alcuni senegalesi: «Stiamo trattando tutti allo stesso modo» aggiunge Nonino sollecitando la creazione di un corridoi umanitario. Questo perché «l’accoglienza oltre a essere uno strumento per il riconoscimento dei diritti umani è l’unico sistema sul territorio in grado di garantire la sicurezza e la convivenza di tutti. Chi si proclama tutore della sicurezza non accogliendo racconta baggianate. Danneggia - insiste Nonino - i cittadini di altre comunità».
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