Le imprese rischiano di dover licenziare
Incertezze tra le aziende impegnate nel cantiere. «Dopo dure selezioni e proteste ora la beffa»

UDINE. «Abbiamo visto gli artigiani piangere quando hanno messo i sigilli al cantiere»: è una frase detta in occasione del blocco dell’elettrodotto Dolo-Camin, fermato, come accaduto in Friuli, per azioni legali dei comitati contrari all’infrastruttura. Una scena che potrebbe adattarsi anche alla situazione nostrana, stante la crisi che attanaglia le attività produttive.
E’ dura, per le imprese, accettare la sospensione dei lavori dopo la severa selezione iniziale del bando di gara, la corsa contro il tempo imposta dal committente, l’umiliazione dei frequenti attacchi dei residenti dissidenti. E dopo la sentenza del Consiglio di Stato, altri battibecchi fra gli addetti che stanno mettendo in sicurezza il cantiere, perché nessuno si faccia male, e certi proprietari che li invitano ad andarsene. Il danno e le beffe.
Riferisce «sconforto e incertezza» Stefano Paier, responsabile dei progetti Terna all’interno della Armando Cimolai di Pordenone, che ha fornito i piloni per l’elettrodotto Redipuglia-Udine Ovest. «E’ il terzo cantiere della Terna che chiude - dice amareggiato Paier -. Ogni magistrato interpreta la legge a modo suo: per il Tar era tutto a posto, mentre al Consiglio di Stato un vizio di forma ha bloccato tutto.
E’ assurdo fermare un elettrodotto completato e mandare a casa imprese, per banalità». Cimolai non è danneggiata più di tanto: ha già fornito i sostegni tubolari in acciaio, che vengono costruiti a San Quirino.
«Materiali ipercollaudati - aggiunge Paier -, li mandiamo anche all’estero. Terna ai suoi fornitori impone una serie di qualificazioni severissime». Si riferisce piuttosto alle altre imprese, per molte delle quali non è ancora certo possa proseguire: «Gli operai, li manderei a certi sindaci che ignorano che l’interramento richiede sbancamenti permanenti larghi come autostrade.
La Bassa Friulana è bellissima, ma non è poi quel parco naturale che si vuole far credere. Ho parlato con molti agricoltori e, tranne qualcuno, non mi parevano preoccupati». La conclusione: «Impossibile smantellare, deve prevalere la ragione di Stato: l’elettrodotto si farà».
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Non sono certi di poter reimpiegare la manodopera eccedente alla Tecnolines, pure pordenonese, che occupava fino a qualche giorno fa qualche decina di addetti.
La ditta opera con squadre multifunzione: dalla predisposizione delle basi in calcestruzzo al montaggio dei piloni, fino al posizionamento dei cavi. «Per una parte, si tratta di manodopera altamente specializzata - precisa il referente della società -, per cui non è facile riversare questo tipo di personale in altri cantieri. Si tratta di friulani. Non si considera poi che con l’interruzione dei lavori si ferma l’indotto: il calcestruzzo si comprava in zona, le maestranze si servivano di alberghi e trattorie. Speriamo di poter riprendere». (p.b.)
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