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Udine aderisce al boicottaggio del libro di Riina jr

La “Friuli” annuncia che non ordinerà nè venderà il volume del figlio del capo della Cupola

1 minuto di lettura
(ansa)

UDINE. «In questa libreria non si ordina né si vende il libro di Salvatore Riina». Il manifesto è stato affisso ieri, verso mezzogiorno, all’ingresso della Libreria Friuli. La decisione è stata presa da Riccardo Turcati e avallata dalle altre due titolari, Sara e Laura Rosso.

«Una decisione - spiega la prima - che potrebbe sembrare impulsiva perché dettata dalla rabbia. In realtà siamo convinti di quello che abbiamo fatto. E siamo felici per la risposta sia da parte dei nostri clienti e della gente in genere, sia della rete». L’iniziativa, infatti, è immediatamente rimbalzata sui social.

Sul profilo Facebook della Friuli già a metà pomeriggio erano decine di migliaia gli utenti che avevano “visitato” il post, centinaia e centinaia le condivisioni e i like. «Ma non si è trattato - spiega ancora Sara Rosso - di un gesto coraggioso.

Per noi affiggere questo manifesto è stata davvero poca cosa, un gesto semplice, ma doveroso per dire che la libreria non ha alcuna intenzione di condividere, diffondere e vendere il libro. Altra cosa è quello che ha fatto la “Libreria Vicolo stretto di Catania”. Laggiù cittadini onesti e imprenditori vivono davvero in trincea contro la mafia».

La libreria siciliana ha affisso lo stesso manifesto e lo ha supportato con un video - sul profilo Fb - di una delle due titolari. Che ha detto di parlare da cittadina siciliana, da titolare e imprenditrice. Nel video, la ragazza ha letto una parte di un commento di Salvatore Borsellino, fratello del giudice Paolo.

«Il manifesto - afferma - lo avremmo affisso ugualmente, ma le parole di Salvatore Borsellino ci hanno spronato ancora di più». Il fratello del giudice - commentando l’intervista concessa da Bruno Vespa al figlio di Riina e autore del libro - ha riferito di avere provato un senso di nausea nel vedere «il figlio di un criminale, criminale a sua volta, che ha detto di avere scritto il libro per difendere la dignità della sua famiglia».

L’intervista di Vespa è al centro di furibonde polemiche politiche.

Non era bastata la levata di scudi di buona parte del Parlamento, né l’intervento del presidente del Senato e della Commissione Antimafia, tanto meno la protesta dei parenti delle vittime o delle associazioni per la lotta alla criminalità.

Nulla da fare: Bruno Vespa ha difeso fino in fondo la scelta di mandare in onda a “Porta a Porta” l’intervista. «Quella dichiarazione su Fb della mia collega catanese è un grande atto di coraggio - aggiunge Sara Rosso - perché lei fa parte dell’associazione “Addio pizzo” composta da imprenditori siciliani che ogni giorno combattono in prima persona la mafia».

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