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Studenti in cattedra per spiegare le insidie della rete e dei social

I liceali di San Pietro hanno parlato a Cividale del cyber-bullismo. Il questore Cracovia: «Auspico che l’esperienza sia solo agli inizi»

1 minuto di lettura

CIVIDALE. Perfetto esempio di “peer education”, educazione tra pari: ragazzi che spiegano ai coetanei i rischi della rete, spiegando come funzionano i social e soprattutto come si può evitare di incorrere in situazioni sgradite o, peggio, pericolose.

Cividale ha aperto la via inaugurando un’esperienza che il questore di Udine, Claudio Cracovia (in prima fila, ieri, al convegno “Stasera non esco: devo chattare. La privacy come reato”, organizzato dagli allievi delle quarte del liceo delle scienze umane di San Pietro al Natisone), auspica «sia solo agli inizi».

Perché l’iniziativa, nell’aula magna delle medie Piccoli, «merita – ha spronato il questore – di continuare. Qui si sta facendo qualcosa di importante. Avete raccolto ciò che è stato seminato e lo trasmettete ai vostri compagni: mi auguro che andiate avanti. La questione che state affrontando è la punta dell’iceberg del disagio giovanile: c’è molto altro, tanto sommerso che deve affiorare».

In cattedra cinque studenti (Nicole, Aurora, Silvia, Luca, Mattia), che dopo un articolato iter formativo proposto ai liceali grazie a una convenzione fra il Convitto nazionale Paolo Diacono e @uxilia onlus hanno deciso di approfondire uno dei temi trattati e organizzare un convegno a beneficio dei colleghi. La scelta è ricaduta sul cyber-bullismo, su cui si era imperniato l’intervento del personale del Commissariato cividalese.

«Bravi – ha detto il rettore del Paolo Diacono, Patrizia Pavatti –, la consapevolezza, nell’approccio ai social, è fondamentale». Apertasi sul concetto della privacy e della tutela dei dati personali, la lezione ha focalizzato l’attenzione su Facebook, Snapchat, YouTube, Twitter e WhatsApp.

«I social sono la malattia del nuovo millennio», dice Aurora, snocciolando l’elenco degli effetti sul piano psicologico. «No, non vanno considerati qualcosa di sbagliato», fa eco Luca: «Il punto è saperli usare bene: sarebbe utile promuovere l’educazione al loro utilizzo».

Un prof lancia il sasso: «Come la mettiamo con la privacy a tutti i costi?», dice, riferendosi ai paletti della Apple anche di fronte a casi di terrorismo. Dal banco dei relatori c’è chi dice che sì, è giusto così. Nonostante tutto.

Cracovia, giocoforza, scatta in piedi: «Attenzione: spesso ci si trova di fronte a un bivio. Si deve stare molto attenti che l’iper-tutela delle posizioni individuali non si trasformi in danno per la comunità».

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