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Spilimbergo: lei lo lascia, lui la uccide sparandole con una pistola e poi si toglie la vita

La spilimberghese Michela Baldo, 29 anni, diplomata allo Stringher di Udine, e il codroipese Manuel Venier, ex guardia giurata di 37 anni erano riversi sul pavimento della cucina in un alloggio di via della Repubblica. Un cuscino come silenziatore: sei i bossoli ritrovati. L'arma era sotto il corpo di Manuel. Il tragico annuncio agli amici su Whatsapp e la disperazione della madre di lei

3 minuti di lettura

SPILIMBERGO. «Michela... Michela...». Mamma Annamaria invoca il nome della figlia a mezza voce, avvicinandosi con passi malfermi al nastro segnaletico bianco e rosso che la divide dall’ultimo abbraccio, mentre il chiarore dell’alba comincia a tingere la notte cupa di un timido azzurro, sopra Spilimbergo, in via della Repubblica.

Omicidio-suicidio a Spilimbergo, la casa della tragedia

Il richiamo rimane sospeso nell’aria, con una nota amara di incredulità, fra i suoni della natura in risveglio. Perché da quell’appartamento al primo piano, nella dépendance a fianco della casa dei genitori Flavio Baldo e Annamaria Sguerzi, al civico 24, la loro unica figlia Michela, 29 anni, non risponderà mai più.

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Giace immobile con gli occhi spalancati dal terrore sul pavimento, fra la cucina e il salotto, freddata con due colpi di pistola dal suo ex fidanzato Manuel Venier, 37 anni, di Codroipo.

Lui è caduto al suo fianco, bocconi, dopo essersi puntato alla tempia destra la sua Glock calibro 22 (che deteneva in quanto ex guardia giurata, fino al 2007).

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L’agitazione ha reso la sua mano malferma: un colpo ha scheggiato una vetrinetta, tre proiettili inesplosi si intravedono nel lago di sangue che contamina per sempre quello che era stato il loro nido d’amore, “Casa M&M”.

Poco distante, sopra un mobile della cucina, c’è ancora un disegno, con nuvole a forma di cuore attorno alle loro iniziali: “M&M, per sempre”. La giovane spilimberghese non era riuscita ancora a chiuderlo nella scatola dei ricordi.

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Una settimana prima, però, Michela aveva finalmente preso una decisione: le loro strade, dopo un’intensa convivenza, si sarebbero divise per sempre. Manuel, però, ha scelto l’illusione di un’altra eternità.

Oscura, come il nero di cui ha listato a lutto, il giorno della separazione definitiva, lo sfondo del suo profilo Facebook. Come il buio pesto del salotto in cui ha teso a Michela l’agguato premeditato e pianificato nei minimi dettagli.

Non c’erano state avvisaglie della tragedia, né risultano episodi di violenza subiti dalla giovane. Manuel era uno spirito inquieto.

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Il male di vivere non gli dava tregua, lo spingeva a cambiare lavoro molto spesso e stavolta, dopo aver attraversato varie crisi depressive, lo ha portato al capolinea, nel quale ha voluto trascinare anche Michela.

È partito dalla case dei genitori a Codroipo, in via Casali Ferrovia, verso le 20, senza attendere la madre Alda per la cena. Doveva arrivare in via della Repubblica prima che Michela rincasasse.

Martedì la giovane, impiegata nella catena di supermercati Lidl dal 2008, subito dopo il diploma allo Stringher, ha finito il turno di lavoro alle 21.

Poi è uscita dal market, indossando ancora la divisa. Ha parcheggiato la sua Kia rossa sotto casa, dopo aver percorso la circonvallazione. Manuel era già in casa ad aspettarla.

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L’ex fidanzato aveva avuto cura di lasciare la sua Seat Ibiza bianca dietro il muro di cinta della sede dei testimoni di Geova, in via della Repubblica, a 200 metri di distanza dal cancello dell’abitazione della sua ex fidanzata, affinché lei non potesse notarla, svoltando nel cortile di casa.

Ha trovato il mazzo di chiavi di riserva nel solito nascondiglio, ha fatto saltare la corrente, per assicurarsi l’effetto sorpresa, e si è nascosto, con un cuscino del divano di spugna premuto contro la pistola. Michela è entrata, ha provato ad accendere la luce.

Non funzionava. Annotandosi mentalmente la stranezza, ha compiuto pochi passi verso la cucina, dove ha appoggiato, sul tavolo, la borsa con la spesa. Il primo proiettile l’ha trafitta alle spalle. Silenzioso e micidiale.

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Si è voltata e ha visto Manuel, che le ha sparato di nuovo, stavolta al torace, coprendo la canna della pistola con il cuscino, usato come silenziatore.

Nella casa a fianco i genitori di Michela non hanno sentito nulla. Prima di rivolgere l’arma contro se stesso, Manuel ha consegnato la sua disperazione a un gruppo di Whatsapp, che ha chiamato “Addio” e in cui ha incluso una mezza dozzina di parenti stretti e amici intimi.

«Perdonatemi, non ce la faccio a vivere senza di lei». Il colpo l’ha trapassato da parte a parte mentre l’allarme si diffondeva fra telefonate e sms nella cerchia di amici e familiari.

Il fratello di lui, Patrick, ha messo in moto i carabinieri sul versante friulano, che subito hanno attivato le ricerche per individuare Manuel attraverso le celle telefoniche agganciate dal suo cellulare.

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Nel frattempo Elisa Marcuzzi ha provato a telefonare alla cugina Michela: non rispondeva. In preda all’ansia si è precipitata a casa Baldo, da Travesio.

Era tutto chiuso e buio, ma la Kia rossa di Michela era in cortile e la Seat Ibiza bianca di Manuel era nella stessa via. Ha provato ad aprire la porta, ma era chiusa, con la chiave infilata dall’interno.

Alle 22.50 Elisa ha chiamato i carabinieri di Spilimbergo. I militari dell’Arma hanno raggiunto con una scala il terrazzo posteriore e dalla finestra della cucina hanno scorto i due corpi senza vita.

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La tragedia è calata addosso alle due famiglie quando la porta è stata sfondata dai vigili del fuoco di Spilimbergo. Poi, solo orrore e lacrime. Come quelle che rigavano il viso di Elisa mentre in silenzio accompagnava il feretro di Michela che varcava per l’ultima volta il cancello di casa.

Attorno, instancabili, per ore, hanno lavorato i carabinieri del Nucleo investigativo, ai comandi del capitano Pierluigi Grosseto, con i reparti scientifici della Compagnia di Pordenone, gli uomini della Compagnia e stazione di Spilimbergo, coordinati dal maresciallo Italo Botter e il medico legale Giovanni Del Ben.

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