Trascinato dalla corrente afghano annega nell’Isonzo
La tragedia ieri a Gradisca, nella zona del ponte ferroviario abbandonato Vittima un uomo di 35 anni che era ospite del Cara e che lascia moglie e figli

GRADISCA. È morto fra le braccia dei suoi amici che tentavano disperatamente di salvarlo. Trascinato verso la morte da una corrente gelida e beffarda. È finita tragicamente in questo modo, nell’Isonzo, la vita di Zarzai Mirwais, 35 anni, un richiedente asilo afghano ospite del Cara di Gradisca dal febbraio dello scorso anno.
L’uomo, ieri pomeriggio, si era recato nelle zone fluviali della cittadina isontina, assieme ad altri ospiti del centro profughi, a cercare un po’ di ristoro da questa prima canicola estiva.
Ha raggiunto la zona del ponte ferroviario abbandonato, quello della mai realizzata Cormòns-Redipuglia, raggiungendolo presumibilmente da via Gramsci a Gradisca. Poco dopo le 17.30 il tragico fatto.
Mirwais si è tuffato in acqua con altri amici, più o meno all’altezza di uno dei piloni del ponte. Pareva tutto sotto controllo quando un gorgo improvviso ha iniziato a trascinarlo. Il giovane, secondo alcune frammentarie testimonianze neppure un nuotatore provetto, non è più riuscito ad affrontare la corrente che lo ha trascinato a fondo, indomabile, conducendo il corpo sempre più verso la sponda della vicina Sagrado.
Immediato è scattato l’allarme fra gli amici dell’afghano, che hanno provato a raggiungerlo, ma non sono riusciti a portarlo in salvo vivo. Mirwais è morto in acqua e ai suoi compagni non è rimasto che il triste compito di riportare il corpo senza vita a riva.
Sul posto sono accorsi i sanitari del 118 che non hanno potuto fare altro che constatarne il decesso, i carabinieri della stazione di San Martino del Carso, guidati dal maresciallo Danilo Amici, oltre che il personale del Cara, in testa la direttrice Antonina Cardella. Immediatamente sono stati raggiunti anche dai sindaci dei due paesi confinanti, Linda Tomasinsig di Gradisca ed Elisabetta Pian di Sagrado, entrambe visibilmente scosse. Anche l’assessore all’Immigrazione Francesca Colombi faceva pervenire la propria solidarietà.
Sul posto nel frattempo si è formato un folto, composto capannello di una trentina di ospiti del Cara che – appresa la notizia – hanno atteso in pietoso silenzio che venissero ultimate tutte le procedure di rito, lo sguardo fisso a terra, sgomento.
Alcuni di loro hanno fatto di più, hanno preparato una rudimentale barella per il loro amico in attesa dell’arrivo dei necrofori della ditta Preschern. Il tutto in un clima ovattato, surreale. Un ospite, visibilmente in stato di choc, è stato riaccompagnato al Cara con un furgone mentre gli altri migranti hanno percorso mestamente a ritroso verso Gradisca e il Cara il tragitto del “ponte di ferro”, quel maledetto ponte ferroviario dove Mirwais ieri pomeriggio ha trascorso le sue ultime ore. L’uomo, a quanto si apprende, in patria aveva lasciato moglie e due figli ed era di cultura piuttosto elevata. Si era recato sull’Isonzo con un gruppetto di amici fra i più partecipi alle attività di integrazione ed inclusione sociale proposti dal Comune di Gradisca.
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