Un anno senza Giulio, la verità e gli interessi in gioco
di Renzo Guolo
A un anno dalla morte di Giulio Regeni, le relazioni tra Italia e Egitto oscillano ancora tra gli imperativi di realpolitik tipici della politica estera e la ricerca, almeno da parte italiana, della verità sulla tragica fine del giovane ricercatore friulano. Non a caso il nuovo ambasciatore indicato dalla Farnesina, Giampaolo Cantini, non si è ancora insediato al Cairo.
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Da parte sua l’Egitto, non ha ancora inviato le credenziali per il nuovo ambasciatore in Italia, Hesham Badr. Sono, però, in molti, a Roma, politici, diplomatici, uomini d’azienda, a premere perché si ponga fine allo stallo delle relazioni bilaterali deflagrata con il caso Regeni. Un passo che, secondo i realisti, permetterebbe di superare una crisi che proprio sul terreno diplomatico aveva generato seri contraccolpi.
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Del resto, era stata la determinazione del precedente ambasciatore Maurizio Massari a mettere, nei drammatici giorni della scomparsa di Giulio, spalle al muro il regime egiziano. Impedendo, con la sua risoluta condotta, che il rapimento e l’assassinio di Regeni venissero mascherati da impresentabili versioni di comodo.
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Un anno dopo, però, cresce il partito di quanti ritengono che, nonostante l’auspicio della famiglia Regeni che vorrebbe il congelamento dello scambio di ambasciatori sino all’avvio di una piena collaborazione mirata a fare chiarezza sulla morte di Giulio, l’Italia debba tutelare i suoi interessi nazionali anche con la ripresa, al massimo livello, dei rapporti diplomatici.
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Le questioni aperte tra i due paesi sono, infatti, molte e di grande rilevanza. A partire da quella libica, solo apparentemente estranea. Nell’ex-Quarta Sponda Roma appoggia il governo Serraj ma, anche dopo la cacciata dell’Isis da Sirte, nessuna stabilità appare possibile senza un’intesa, per ora assai lontana, tra il governo di Tripoli e quello di Tobruk guidato dal generale Haftar e sponsorizzato dall’Egitto.
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Insomma, la soluzione della crisi libica, vitale per gli interessi nazionali italiani in materia di terrorismo, energia e immigrazione, passa anche per il Cairo. L’Egitto svolge poi un ruolo chiave negli equilibri mediorientali. Non a caso l’Italia è stata il primo paese europeo a ricevere il generale al Sisi dopo la sua ascesa nel luglio 2013, e Renzi il primo capo di governo europeo a visitare l’Egitto, offrendo una rilevante legittimazione politica al nuovo regime nato dalla deposizione di Morsi per mano dei militari.
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Vi è poi la vicenda energetica. L’Eni, sin dai tempi di Mattei braccio ufficioso della politica estera italiana in Medioriente e nel Nordafrica, ha investito in Egitto 14 miliardi di dollari. 2,7 solo l’ultimo anno nel bacino di Zohr, il giacimento offshore nel Delta del Nilo scoperto dal nostro ente petrolifero che ha un potenziale stimato di 850 miliardi di metri cubi di gas.
Numeri destinati a stravolgere gli equlibri energetici, e politici, della regione. E tanto più capaci di condizionare le relazioni italo-egiziane. Per l’Eni si aggiunge anche il peso del giacimento di Nooros, dal quale da quest’anno estrarrà quotidianamente 25 milioni di metri cubi di gas. Il “cane a sei zampe” resta, poi, il primo produttore di petrolio in Egitto: 230 mila barili al giorno.
L’Eni non è il solo colosso presente nel paese: anche la Edison, azienda italiana controllata dai francesi, opera con investimenti importanti nel mercato energetico locale. Nel tessuto economico egiziano sono poi presenti altre grandi imprese – Italcementi, Pirelli, Italgen, Danieli Techint, Gruppo Caltagirone –, oltre che numerosissime imprese di taglia minore. Un tessuto produttivo e commerciale diffuso, che preme per la stabilità delle relazioni tra i due paesi.
È sulla scorta di questi imperativi politici ed economici che conta Al Sisi per rendere meno efficaci le pressioni italiane sul caso Regeni. Ciò che il Cairo intende offrire alle autorità di Roma risente, dunque, non solo degli equilibri interni al regime e dei rapporti di forza tra i diversi apparati di sicurezza, ma anche del peso degli interessi in gioco in una partita che ha come posta la verità sulla drammatica fine di Giulio.
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