Usata una telecamera per tradire Regeni
È stata fornita al capo dei sindacati per filmare l’incontro. I genitori: «Inarrestabili nel volere verità e giustizia»

ROMA. «Il denaro non è mio. Non posso usare i soldi per nessun motivo, perché sono un accademico». Così, Giulio Regeni, il 6 gennaio scorso cercava di spiegare al capo del sindacato degli ambulanti egiziani, Mohamed Abdallah che non poteva spillargli soldi, che lui era solo un ricercatore universitario. È l’ultimo video che ritrae vivo il giovane friulano.
[[(gele.Finegil.StandardArticle2014v1) Il diario di Giulio rivela le colpe di chi l’ha tradito]]
E a un anno dalla scomparsa di Giulio, la madre Paola Regeni davanti all’ultima immagine di Giulio, intervistata da Il Piccolo, ha detto chiaramente: «Non ci siamo mai sottratti a nulla, pur di ottenere la verità e giustizia. Sappiamo essere pazienti, ma inarrestabili, vogliamo la verità e la vogliamo tutta».
Pochi giorni dopo quel video, il 25 gennaio, Giulio verrà rapito e il suo corpo martoriato verrà ritrovato il 3 febbraio lungo l’autostrada Cairo-Alessandria. E ora quel colloquio, che segnerà per sempre la vita del giovane friulano è apparso in un video mostrato alla tv egiziana e consegnato dalla procura del Cairo all’Italia. Conferma che Abdallah lo aveva “venduto” agli uomini del ministero degli Interni.
LEGGI - LO SPECIALE SU GIULIO REGENI: UN ANNO SENZA VERITÀ
È stato lui con una microcamera della polizia, nascosta nel giubbotto a girare il video. Ma la verità sulla morte del ragazzo, del perché del sequestro, delle torture, dei depistaggi non è ancora stata raccontata. Perché il video viene considerato, almeno in parte, l’ennesimo tentativo di allontanare i vertici dei servizi segreti dalla morte del ragazzo. Puntando ad una storiaccia di soldi, di un informatore della polizia che gioca su tavoli diversi, pronto a tutto pur di guadagnarci.
Il video
«Mia moglie ha il cancro e deve essere operata» si sente dire da Abdallah a Regeni che gli risponde in arabo «Non posso usare i soldi e sulle relazioni all’istituto britannico non posso scrivere che voglio utilizzare questo denaro a titolo personale». Ma l’altro insiste: «Non ci sono altri modi di usare i soldi a titolo personale?». Regeni: «I soldi arrivano ma attraverso la Gran Bretagna e il Centro egiziano che lo dà agli ambulanti. Non ho poteri a questo proposito». La conversazione prosegue con Abdallah che gli chiede «che tipo di informazioni vuoi, che le preparo subito?».
E il ricercatore che ribadisce il suo ruolo di accademico: «Qual è la cosa più importante per te per quanto riguarda il sindacato e quali sono i problemi del sindacato. Voglio idee a partire da tale questione, la più importante per noi e si potranno sviluppare idee».
La mamma di Regeni: "Riconosciuto Giulio solo da punta del naso"
Quel rifiuto forse segnerà la sua condanna a morte. Pochi giorni più tardi il ragazzo sarà rapito, torturato e ucciso. Lo hanno pestato, lesionato gli organi interni, spezzato le dita e inciso la schiena. Perché gli è stato fatto tutto questo? Il Comitato di controllo sui servizi segreti nei giorni scorsi ha visionato il video e oggi sarà il presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni a darne un’interpretazione davanti al Copasir.
Rimane anche da capire il ruolo dell’università di Cambridge. Dopo la solidarietà, il silenzio. Eppure, sulle pagine del suo diario, Regeni annotava che gli accademici inglesi venivano informati quotidinamente delle persone che incontrava e dei rischi che stava correndo per completare la ricerca che loro gli avevano commissionato. Perché non lo hanno fermato?
L’anniversario a Fiumicello
Domani, è un anno da quando Giulio Regeni sparì nel nulla mentre stava andando alla festa di compleanno di un amico. A Roma, Amnesty International ha organizzato una manifestazione. Ci sarà un collegamento con i genitori di Giulio, Claudio e Paola che invece hanno voluto restare nel loro paese, Fiumicello in provincia di Udine. La famiglia ricorderà il proprio ragazzo in un modo semplice.
Caso Regeni, la catena delle bugie - Videoscheda
«Alle 19.41, l’ora in cui Giulio è uscito di casa al Cairo per andare incontro al suo orribile destino noi saremo in piazza a Fiumicello per una fiaccolata». Perché il loro dolore non ha bisogno di folle. «Il dolore - confessa ancora Paola Regeni a “Il Piccolo” - è una presenza costante, implacabile».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
I commenti dei lettori