Sotto accusa 5 agenti dei Servizi egiziani. I pm: passo rilevante
I poliziotti hanno fornito la telecamera al capo del sindacato. Oggi l’anniversario della rivoluzione. L’ambasciata: non uscite

UDINE. I pm romani parlano di «significativi passi avanti» nella ricerca di verità per l’omicidio di Giulio Regeni. Perché a un anno dall’assassinio sotto accusa ci sono almeno cinque della National Security Agency (Nsa), il Servizio segreto civile interno del regime egiziano.
Sarebbero stati loro ad “armare” il capo dei sindacati degli ambulanti Mohamed Abdallah, fornendogli la telecamera nascosta con cui il venditore ha registrato il colloquio con Regeni, per farlo cadere in trappola.
A raccontare del coinvolgimento di agenti dell’Nsa è stato lo stesso Abdallah che – nella ricostruzione del quotidiano la Repubblica – ha raccontato tutto ai magistrati della Procura generale del Cairo. Dichiarazioni messe nero su bianco in un lungo verbale in arabo del 10 maggio 2016, che gli inquirenti italiani hanno agli atti, tradotto. Il procuratore capo Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco, puntano a far luce sull’operato di quei cinque poliziotti e bollano come «del tutto falsa» la ricostruzione degli agenti dell’Nsa, che sostengono che sarebbe stato lo stesso Abdallah a fare con il cellulare il video del suo incontro con Regeni e poi ad averlo consegnato alla polizia.
Il sospetto degli inquirenti romani è che Abdallah volesse ottenere un profitto personale e accreditarsi come informatore delle forze dell’ordine.
L’attività di indagine punta quindi a individuare con esattezza gli appartenenti alla National security che hanno effettuato controlli su Regeni e quelli che sono entrati in possesso dei suoi documenti. L’Nsa è il Servizio di diretta emanazione del ministro dell’Interno, Magdy Abdel Ghaffar, ritenuto il responsabile dei molti depistaggi sulle indagini.
Un possibile impulso determinante all’inchiesta potrebbe arrivare anche dalla perizia affidata a un gruppo di esperti tedeschi incaricati di tentare di recuperare i filmati delle stazioni della metropolitana del Cairo in cui Giulio sarebbe transitato il 25 gennaio 2016 prima di sparire nel nulla.
«Dallo scorso settembre a oggi sono stati fatti passi significativi nell’inchiesta», rivelano fonti della Procura romana. Dopo i primi mesi caratterizzati da «una evidente difficoltà, il cammino verso la verità ora procede, sia pure lentamente, su un’unica strada percorribile, quella della collaborazione con l’autorità egiziana».
Come un anno fa, oggi al Cairo è l’anniversario della rivoluzione che nel 2011 portò alla caduta del regime di Hosni Mubarak. Sono massicce le misure anti-terrorismo. L’ambasciata ha lanciato un appello agli italiani a evitare le strade.
Con sms e un messaggio su internet rivolto agli oltre 5 mila connazionali che vivono in Egitto, di cui circa 3.500 al Cairo, l’ambasciata d’Italia ha invitato di nuovo a «evitare manifestazioni e spostamenti non necessari» nelle principali città, vista la possibilità di «manifestazioni e tensioni». Le autorità egiziane hanno mobilitato molti automezzi per rilevazione e disinnesco di ordigni. Per il solo pronto soccorso al Cairo sono allertate 2.110 ambulanze, dieci motovedette fluviali sul Nilo e due elicotteri.
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