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Dopo la sconfitta sul Tocai, il Friuli si prende la rivincita col salame ungherese

Il prodotto sarebbe stato portato da alcuni corregionali nel Paese durante l’Ottocento. Nel 2008 la Regione ha dovuto convertire la denominazione del vino in Friulano

2 minuti di lettura

PORDENONE. Ungheria e Friuli tornano a scontrarsi a tavola. E stavolta la nostra regione avrebbe diritto di vincere la seconda “battaglia”, dopo aver perso la prima col Tocai (Tokaji).

Il salame ungherese, prodotto per antonomasia del paese magiaro, avrebbe le sue radici in Fvg, precisamente nella provincia di Pordenone, a Budoia. A rilevarlo è East Journal, uno dei siti di riferimento per quanto riguarda le cronache dei Paesi dell’Est Europa.

Nell’Ottocento, quando Budapest era una città in espansione, molti lavoratori stagionali lasciavano il Friuli per raggiungere il Paese danubiano meta preferita per chi non poteva emigrare sino in America. Così facendo si portavano con sé la propria cultura e le proprie tradizioni.

Tra questi c’era molti purcitars, norcini che preparavano il salame a casa per poi mangiarlo in pausa pranzo. Uno era Barbe Nane di Budoia, che aveva lasciato la regione per raggiungere la città ungherese dell’impero nel 1850: portava con sé un prodotto ancora sconosciuto nella Mitteleuropa.

Zio Giovanni portava al lavoro il salame, che veniva poi fatto assaggiare da colleghi e amici. Il successo scatta nel giro di poco tempo: i panini con il salume diventano un must, in molti lo vogliono, tanto che Barbe Nane assieme al suocero Giovanni Dozzi di Frisanco decidono di aprire un laboratorio artigianale. La famiglia riesce a trovare una tecnica di produzione perfetta per le carni ungheresi: così nascono anche in loco le prima aziende.

Secondo quanto rivela East Journal la penetrazione nel mercato ungherese del prodotto è piuttosto rapida. Dal 1896 al 1900 sono anni in cui il salame ottiene importanti riconoscimenti, tanto che nel primo anno del nuovo secolo la Dozzi è presente all’Esposizione di Parigi.

L’escalation è vertiginosa, tanto che la marca diventa conosciuta in tutta la Mitteleuropa e nei Balcani. L’azienda poi resiste anche di fronte al primo conflitto mondiale. E’ ovvio che, un successo del genere, attira sulle rive del Danubio anche molte altre famiglie friulane: Boschetti, Forgiarini, Del Medico e Vidoni (che aprono un’azienda a Debrecen nel 1886) sono tutti nomi che hanno lasciato una traccia importante nella produzione del salame.

Una storia articolata e complessa, tanto che all’università di Debrecen la dottoranda Barbara Blasko la sta approfondendo e collegando alle storie sull’emigrazione dei friulani in Ungheria.

Naturalmente nessuno in terra magiara chiama il proprio salame “ungherese”: è una denominazione d’importazione. Certo è che, ora, se gli studi dovessero portare alla rivelazione di altri particolari, potrebbe nascere un’altra disputa a tavola tra il Friuli e l’Ungheria.

La prima, appunto, è stata persa nel 2007, quando il vitigno coltivato nel nostro territorio dovette cedere la denominazione Tocai al paese della Mitteleuropa. Da allora, com’è noto, si chiama Friulano. Questa, lo si ricordi, era stata una “partita” solo sul nome, in quanto i duellanti sono totalmente diversi per colore, profumo e metodi di produzione.

Non solo: il Tokaji ungherese non è un unico vino ma fa riferimento ai vari vini che provengono dall’area che fa capo alla città di Tokaji (è una Dop con diverse tipologie di vino al suo interno). Il Fvg non può più chiamare il prodotto in questo modo dalla vendemmia del 2008, dopo che la Corte costituzionale ha giudicato illegittima la legge regionale 24 del 2007.

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