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Pronto soccorso in tilt, la Regione Fvg manda gli ispettori

Lo ha annunciato l’assessore alla Salute, Maria Sandra Telesca: avranno il compito di individuare le criticità organizzative e risolverle

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UDINE. «La prossima settimana la direzione centrale della Salute manderà i propri tecnici a verificare percorsi, protocolli e modalità organizzative nelle varie Aziende per individuare quali siano le criticità».

Lo ha annunciato, in terza commissione, l’assessore regionale alla Salute Maria Sandra Telesca, nel corso dell’audizione dedicata alla situazione emergenziale venuta a crearsi tra dicembre e gennaio nei pronto soccorso della regione.

Chiarendo da subito un punto: gli ispettori dei Nas, inviati in tutta Italia dalla ministra Lorenzin, non hanno fatto particolari rilievi (non di natura penale, come invece è avvenuto in altre regioni), confermando come «negli ospedali di Udine e Trieste - ha spiegato Telesca - si registra il più alto numero di accessi, e soprattutto a Trieste ci sono criticità legate a problematiche organizzative e all’applicazione di protocolli interni che vanno affrontate».

L’assessorato è intervenuto per sostenere i dipartimenti davanti ad un numero di accessi mediamente più elevato soprattutto a causa di patologie influenzali, «e a Trieste, Udine e Pordenone sono stati introdotti gli assistenti di sala; a Trieste è stato incrementato il numero di infermieri e specialisti; a Udine abbiamo ampliato la struttura del pronto soccorso, cosa che non è stata possibile a Trieste per ragioni strutturali, e aumentato il numero di medici e infermieri.

Non sono stati fatti interventi sul personale a Pordenone - precisa l’assessore - perché non presentava questa necessità».

Se nonostante il potenziamento degli organici le criticità sono rimaste, non resta che andare a verificare quali siano le modalità organizzative e correggerle. «Fermo restando - ricorda Telesca - che il problema dei picchi di accesso ai pronto soccorso esiste da sempre e ovunque e non è mai stato risolto. Ma noi ci proviamo lo stesso».

Ciò che Maria Sandra Telesca non accetta, è la correlazione tra questo genere di problemi e la riforma sanitaria. «Non c’entra proprio nulla». Al contrario, «se è vero, come è vero, che gli accessi ai pronto soccorso regionali sono in flessione, questo significa che il territorio sta iniziando a dare risposte.

La riforma è in itinere - prosegue Telesca -, ha bisogno ancora di tempo e certamente non è perfetta. Ma non ha nulla a che fare con problemi rilevati in ogni regione e in ogni ospedale».

Venendo ai dati, per quel che riguarda i pronto soccorso, gli accessi complessivamente nel 2016 sono diminuiti. Nel 2012 nei diversi ospedali della regione sono stati 458.692, circa 3.000 in più l’anno dopo, numero confermato nel 2014, sceso a 459.107 nel 2015, mentre l’anno scorso sono stati 453.525.

Anche il tasso di ospedalizzazione si è ridotto da 168 per 1.000 abitanti a 128 sempre per 1.000 abitanti. I ricoveri: nel 2012 sono stati 40.325, poco meno nel 2013, scesi ulteriormente nel 2014 e nel 2015, sino ai 36.282 del 2016; ma gli oltre 4.000 posti letto disponibili non sono stati quasi per nulla ridotti.

«Questo significa - è la considerazione di Telesca - che l’obiettivo della deospedalizzazione, consentendo alle persone di rimanere al proprio domicilio o di ritornarvi il prima possibile, la riforma lo sta ottenendo».

Non tutto è perfetto, l’integrazione ospedale-territorio deve proseguire in maniera ancora più marcata «per garantire percorsi coerenti a tutti i pazienti.

Ci sono aziende che hanno attivato, all’interno della struttura ospedaliera, un ufficio distrettuale al quale va il compito di pianificare la dimissione e il rientro a domicilio, o in casa di riposo o il trasferimento in una struttura di riabilitazione.

E’ intuibile che, in questo modo, la gestione diventa più agevole», considera l’assessore. Ed è un modello che andrebbe esportato.

C’è poi un ulteriore lavoro di analisi che andrebbe compiuto sui ricoveri, per verificarne l’appropriatezza, e sui tempi di degenza che, se eccessivamente lunghi, evidenziano «che qualcosa non va».

Così come servirà uno sforzo informativo per indirizzare meglio i cittadini verso le strutture più appropriate a dare risposte alla loro domanda di salute.

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