L’abbraccio delle penne nere ai familiari dei caduti in Afghanistan
Magnano, da sei anni la sezione di Billerio ospita i parenti di sette soldati della Brigata Julia deceduti in missione In loro memoria lo sculture Maschio ha realizzato una statua. Si trova accanto alla tomba del capitano Ranzani

MAGNANO IN RIVIERA. La solidarietà degli alpini non ha limiti, quando si tratta di aprire il cuore e offrire un importante supporto morale. Da sei anni il gruppo di Billerio, frazione di Magnano in Riviera, aiuta le famiglie che hanno perso un figlio in Afghanistan: in particolare di sette soldati in servizio alla Brigata Julia (quando aveva il comando della missione internazionale) che hanno pagato il loro impegno con la vita, mentre stavano compiendo il proprio dovere.
Sei anni di amicizia con genitori, fratelli e sorelle distrutti dal dolore. Un legame che si è fatto via via più stretto nel corso degli anni e grazie al quale le famiglie “adottate” sono spesso state ospitate in Friuli. Le penne nere si sono messe a disposizione per attenuare una sofferenza senza limite e offrire una spalla sulla quale piangere, ma anche un braccio al quale appoggiarsi per continuare il cammino. Quello della vita. Che continua, nonostante gli attentati e le morti ingiuste di Luca Sanna, Massimo Ranzani, Matteo Miotto, Gianmarco Manca, Francesco Vannozzi, Sebastiano Ville e Marco Pedone. Alpini caduti nell’ambito della missione Isaf che, dal suo avvio, nel 2004, è costata la vita a 52 militari italiani.
«La brigata alpina Julia voleva ricordare questi ragazzi e gli alpini di Billerio – spiega il referente della sezione Luigi Rovaris – hanno deciso di manifestare la loro vicinanza, in particolare, ai genitori dei caduti e, dal 2011, hanno iniziato a ospitarli nelle proprie case». Un’amicizia che dura ancora e, di tanto in tanto, i familiari dei militari tornano in Friuli, accolti dalle famiglie delle penne nere.
Tra questi, ci sono i genitori del capitano Massimo Ranzani, Mario e Gabriella, che hanno trovato proprio nella famiglia Rovaris un punto di riferimento dopo la perdita del loro unico figlio in missione. Pensando al militare, originario di Occhiobello (frazione di Santa Maria Maddalena) caduto il 28 febbraio 2011, e a tutti i militati italiani che hanno perso la vita compiendo il proprio dovere, gli alpini hanno voluto rendere loro omaggio attraverso un’opera che durasse nel tempo. Ecco perché è nata l’idea di una statua che raffigurasse un alpino, che è stata sistemata accanto alla tomba dove riposa Massimo Ranzani in occasione del sesto anniversario della morte.
L’opera, che porta la firma dello scultore di Majano Franco Maschio, è stata realizzata in pietra, materiale che non risente delle intemperie. Rappresenta un alpino impegnato durante una missione di pace, al servizio della popolazione locale: ha il volto rivolto verso l’alto, quasi a volersi raccomandare a Dio, mentre un bimbetto si aggrappa alla sua gamba, in punta di piedi, come a chiedergli protezione. Le mani del militare, che porta il cappello con la penna nera, trattengono un pacchetto con la croce rossa, simbolo degli aiuti umanitari che gli alpini della Julia portavano durante le missioni di pace alla popolazione afghana. «Conosco Maschio e ho quindi pensato di rivolgermi a lui – spiega Rovaris – per la realizzazione dell’opera. Volevamo che fosse rappresentata l’attività dei nostri militari in Afghanistan per aiutare la gente. C’è stato un lungo dialogo per capire quale fosse l’interpretazione più giusta, sempre con l’appoggio della famiglia Ranzani».
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